Da giovedì 8 a domenica 11 agosto siamo stati a Castelbuono, in provincia di Palermo. Da qui, dal 2018, vi raccontiamo Ypsigrock Festival.
Cosa portiamo a casa da questa ventisettesima edizione? Un libro autografato da Kae Tempest, un panettone di Fiasconaro, qualche chilogrammo di peso corporeo in più e il ricordo della dolce euforia che accompagna ogni momento del nostro soggiorno e che condisce ogni anno i nostri report, ad alto tasso glicemico, forse al limite del sopportabile – ce ne rendiamo conto – per chi non ha mai vissuto l’esperienza di questo festival.
Ogni edizione appena trascorsa di Ypsigrock ti proietta in un futuro nostalgico, perché ti costringe a vivere i successivi 365 giorni incastratə tra le emozioni che hai appena vissuto (e non vuoi lasciare andare) e l’attesa della prossima edizione, fatta di annunci, pronostici, prenotazioni di voli e ricerca di una stanza un po’ più in centro, un po’ più fresca e, magari, in cui possano starci nuovi amici che avrai convinto ad accompagnarti in questa esperienza.
Esperienza che un anno dopo l’altro è una totale immersione nella musica, nei sapori, nel paesaggio, nella comunità che si ritrova in questa cittadina tra il mare e il parco delle Madonie. E che, per quattro intensi giorni e altrettante vivaci notti, diventa il centro del mondo.
Quello che ci portiamo a casa sono soprattutto emozioni, sempre difficili da razionalizzare e raccontare. Le prime sono quelle derivate dall’ascolto della musica, dal pomeriggio fino a notte fonda (anzi, fino all’alba il sabato e la domenica), muovendosi tra il bosco in località San Focà, il chiostro di San Francesco e Piazza Castello a Castelbuono, per non perdersi nemmeno uno dei 30 act che si susseguono praticamente senza soluzione di continuità da giovedì a domenica. E senza mai una sovrapposizione, perché a Ypsigrock non ci sono palchi che suonano in contemporanea.
Denominatore comune di questa edizione e delle precedenti cui abbiamo preso parte: chitarre ovunque, di ogni tipo, tra concerti in acustico (Julie Byrne e Laura Groves per citarne alcuni) e amplificatori che sfondano il muro del suono, arrivando a lambire tutto il parco delle Madonie (con Explosions in the Sky, Chalk e Fat Dog tra i più potenti).
Altro aspetto che caratterizza Ypsigrock e abbiamo ritrovato anche in questa edizione, è la capacità di prendere per mano il pubblico e portarlo fuori dalla propria comfort zone, per ascoltare proposte sempre diverse, che tradiscono la volontà della direzione artistica di disfarsi delle etichette e dei pregiudizi.
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Così negli anni Ypsigrock è riuscito a conquistare la fiducia della propria comunità e a consolidare una nicchia – che tanto più nicchia non è – di persone curiose, aperte al piacere della scoperta, e che negli anni ha fatto pace con l’idea che in questo festival non esistono headliner.
E a proposito di comunità, quest’anno Ypsigrock ha vinto facile registrando il primo sold out con Colapesce e Dimartino. I due musicisti siciliani, da sempre tra il pubblico del Festival, per la prima volta si trovano insieme sul fronte opposto, sul main stage, a godersi l’abbraccio della piazza, insieme a una super band d’eccezione: Nicolò Carnesi, Adele Altro, Enrico Gabrielli, Giordano Colombo e Alessandro Trabace. È una festa, dove la separazione tra palco e platea si fa sottile.
Il venerdì di Ypsigrock inaugura con i primi due di sei live che occupano lo spazio del primo pomeriggio sul palco del camping: qui le 6 band selezionate per il Contest “Avanti il prossimo” si sfidano per 30 minuti serrati di esibizione, in cui dare il tutto e per tutto e portarsi a casa un ricco premio: 10.000 euro da investire in un progetto live, devoluti dal Bando Nuovo IMAIE. Torneremo a parlarvene presto, anche in veste di membri della giuria cui abbiamo avuto l’onore di far parte, una volta che saranno annunciati i vincitori tra i 6 partecipanti: Nepobaby, Buckwise, Kyoto, RIP, Laura Masotto ed Emma.
Ma il venerdì è anche, a nostro parere, la giornata che porta sullo stage di Piazza Castello l’insieme più convincente di proposte, per questa edizione. I già citati Chalk, trio di Belfast, intriso della tradizione dance e techno della città d’origine, che unisce post punk ed elettronica noise, aprono le danze del pogo.
Seguono i Model/Actriz, con la performance più pazza e spericolata di questa edizione. Cole Haden, osando corse sui tacchi su e giù dalla salita impervia che porta al castello, strappa a Matt Berninger (Ypsigrock 2019) il record mondiale di passeggiate cantate tra il pubblico.
Grazie al cielo il ritmo della serata rallenta un po’, le nostre ginocchia ringraziano e le nostre anime tornato a ingentilirsi al suono sognante delle chitarre e dei cori degli australiani Royel Otis che tra i loro brani originali, cover di Sophie Ellis Bextor e dei Cranberries ci accompagnano verso l’ultimo act.
Nel giro sulle montagne russe di emozioni che è questa seconda serata, sono gli Explosions in the Sky a portarci definitivamente in orbita. Guardando il cielo stellato sopra le nostre teste che non è mai stato così vicino, ci sentiamo finalmente liberi di allontanare i pensieri, ricordandoci di respirare: letteralmente un First breath after a coma – brano con cui attaccano un’ora e mezza di pura estasi, una sinfonia catartica che si conclude sulle note di The only moment we where alone. (È il momento di un doveroso ringraziamento ad Alessandro Borgia e a tutti gli altri Ypsini che si sono aggiudicati le setlist dei live di Ypsigrock e le hanno riportate in questa playlist).
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Tra conferme e belle sorprese la maratona Ypsigrock prosegue fino all’alba del lunedì mattina, con la tradizionale festa di chiusura che vede in console Fabio Nirta e Robert Eno.
Dopo l’oro assegnato ai Model/Actriz, la medaglia d’argento per il live più caotico se la aggiudicano i Fat dog, la domenica notte, capaci di trasformare il pubblico in onde di un mare in tempesta, in un live esagerato, tra il post rock e l’electro, tamarro al punto giusto, divertentissimo. Grandissimi anche i Nation of Language, che riescono finalmente a suonare a Ypsigrock dopo vari impedimenti, hanno saputo ristabilire ordine, armonia ed eleganza dopo questo momento. Non scontato!
Caos, vivacità, introspezione e profondità sono state anche le vibrazioni che si sono alternate nei concerti domenicali al chiostro di San Francesco dove l’energia incontenibile degli Yin Yin è seguita al live intenso, tanto ombroso nella voce e nei suoni quanto dolce e rassicurante nei sorrisi e nei movimenti, con cui Lauren Auder ci ha accompagnati nel breve viaggio insieme, un peccato sia durato così poco, ma siamo certi che sentiremo ancora tanto parlare di questa artista.
Menzione speciale anche ai BDRMM, che ci hanno regalato una delle performance più belle, riuscendo a trovare un equilibrio tra il trasporto e la concentrazione cui le band shoegaze sono solite abbandonarsi e un po’ di sano cazzeggio con il pubblico. Bravissimi nell’esecuzione e nel farci sentire coinvolti (parola di Kae Tempest avvistati tra il pubblico con un sorriso soddisfatto durante il loro live).
A proposito di Kae Tempest, non potevamo tralasciare una menzione alla performance tra le più attese in questa edizione che, non ci stupisce, è stata meno compresa da una parte del pubblico e, allo stesso tempo, capace di straziare i cuori di chi è rimasto fino alla fine del concerto. Accompagnati da Clare Uchima, Kae Tempest eseguono 15 brani tutti d’un fiato, principalmente da The Line is a Curve, con alcune incursioni in Let them eat chaos e The book of traps and lessons, più un inedito.
L’effetto di questo live è terapeutico, curativo, una dose massiccia di vibrazioni positive che dal palco e dalla voce di Kae si diffondono tra tutti e in molti casi sgorgano in lacrime di emozioni, praticamente impossibili da trattenere quando nel finale risuonano le prime note di pianoforte e Kae intona People’s faces rivolgendosi con tanta intensità a ognuno di noi sotto palco. Si riaccendono le luci, gli occhi sono lucidi e non si trovano parole, ci si risolve in un abbraccio collettivo.
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Gli abbracci. Ecco la cosa più importante che ci portiamo a casa da questa edizione di Ypsigrock. Un festival che non è come gli altri, distinguendosi soprattutto proprio per questo abbraccio collettivo, un patto che ogni anno organizzatorə, volontariə e abitanti di Castelbuono rinnovano con la comunità del Festival, sancito da una danza scatenata sulle note di All I want for Christmas is you di Mariah Carey.
Qualcosa di unico e distintivo che continua ogni anno a stupirci e pensiamo sia importante trasmettere come esempio di buone pratiche applicate con perseveranza e di affermazione di valori come l’inclusione, il rispetto dell’impegno e del lavoro altrui, l’accoglienza e l’originalità e irripetibilità di ogni edizione, mantenute salde dalla regola dell’Ypsionce, per cui un artista può suonare una sola volta nella vita in questo festival.
Valori che sarebbe bello ritrovare sempre più spesso in altri contesti di musica dal vivo. Ecco perché, ogni anno, dopo Ypsigrock torniamo su questi punti, pur rischiando di ripeterci.
Parole: Elena Bertelli | Foto: Riccardo Giori
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