ROBOT 13: finalmente Bologna torna a splendere!

matteo-petroni-granata
Tempo di lettura: 4' min
14 October 2022
Festival, Review 4 U
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ROBOT Festival è finito. E forse già ne sentiamo la mancanza.

 

Finita questa 13esima rassegna di ROBOT Festival ci siamo ritrovati nei nostri posti di lavoro, nelle università, nelle nostre case o dovunque si è passato questo inizio di settimana a pensare “diamine, è stato davvero bello”.

Già da settimane prima dell’inizio del festival si aveva la sensazione che sarebbe stato qualcosa di davvero forte, dopo tutto sto tempo senza ballare o godere di un live senza distanziamento – causa covid ed i suoi strascichi – e vista la line-up che da subito si è presentata irresistibile con i suoi grandi nomi internazionali e tendenze del momento.

E infatti nessuno (per davvero) è rimasto deluso! Location mozzafiato come il Palazzo Re Enzo e l’Oratorio di San Filippo Neri hanno ospitato performance incredibili, e l’accoppiata TPO e DumBO ha fatto ballare fino allo sfinimento. Tutte le serate hanno rapito gli spettatori per la cura degli spazi e l’organizzazione.

Tutto è cominciato addirittura con il pre-ROBOT il mercoledì, in cui l’Accademia delle Belle Arti di Bologna si è fatta teatro di mapping video, esperienze visive, giochi di luci, ideate e performate dagli studenti dell’Accademia e del Conservatorio di Bologna. Un gran bell’inizio.

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Ma la vera rassegna musicale è partita il giovedì nello storico Palazzo Re Enzo, nel cuore della città, in una serata all’insegna dei live e delle performance, dentro questi enormi saloni che dal medioevo si riempiono di persone e si fanno spazio per mostrare il bello. Come quello che hanno fatto i Salò, che con la loro performance che viaggiava fra il pagano e l’antico, ma con sonorità mescolate fra novecento e nuovo millennio, coinvolgendo il pubblico nella mischia e riportandolo con la mente ad altri tempi.

Invece a ributtarci nel futuro, ma con una mano ad accarezzare un passato non troppo lontano, ci ha pensato NZIRIA: potenza e bellezza inaudita, sprigionati dal suo live. Ritmiche hard figlie degli anni 90 si mescolano a canti sempre figli dell’epoca ma del neomelodico napoletano, il tutto condito dai lampi di luce di Bianca Peruzzi light designer che è riuscita a trasformare il Salone del Podestà in un viaggio su un pianeta tempestato di lampi e nebbie. Dopo di lei l’eterea bellezza di Lyra Pramuk che ha sparigliato le carte in tavola facendo il suo gioco di infinite voci: echi profondi, mescolati a falsetti in un’armonia che ha scaldato il Salone del Podestà e tutti i presenti.

E, a proposito di location monumentali, non si può non citare l’Oratorio di San Filippo Neri: luogo un tempo sacro, anch’esso nel pieno centro storico, si è fatto teatro di performance ambient di grandi nomi dell’elettronica, il tutto fra modanature in gesso, statue barocche e luci disegnate ad hoc. Courtesy, dj che calca i club del globo con la sua impronta techno-trance (ve ne abbiamo parlato qui), si è presentata accompagnata da chitarra e altri strumenti elettronici e ha messo in scena un live composto di classici della trance 90s in versione ambient mescolate ad arie personali, ipnotiche e infinite, sotto lo sguardo severo di telamoni illuminati di blu. Sublime.

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Spostandosi dal centro e superando Porta Lame, eccoci al DumBO. Qui ROBOT si è organizzato su due stage, Binario e Baia, sia per il venerdì notte che il sabato. Il venerdì in Baia, Eva Geist ha fatto un grandissimo b2b con Lamusa II, e, ormai padrone di casa, Filibalou, ha fatto ballare a dovere i presenti. Al Binario spazio ai live elettronici, dove le promesse di di un grande e attesissimo live di Ben Frost sono state tradite da un problema alla scheda audio, che l’artista ha cercato in tutti i modi di risolvere senza successo (un applauso ai tentativi dell’artista e dello staff che si sono prodigati in ogni modo, ma quando la sfiga si accanisce c’è ben poco da fare).  Per fortuna arriva Caterina Barbieri che con il suo nuovo show, il live di “Spirit Exit”, ci proietta in un’atmosfera di sogno, facendoci dimenticare presto ogni delusione.

Dopo la regina del modulare arriva uno dei momenti che forse attendevamo di più di questa edizione: il live di Giant Swan, Robin Stewart e Harry Wright salgono sul palco e attaccano immediatamente la loro performance con aggressività in un crescendo di BPM e canti che squarciano l’atmosfera, per arrivare all’apice sul finale: la platea impazzisce sulle note di 55 years old daughter.  Il riscaldamento è finito, arriva il b2b tra gli Zenker Brothers e Skee Mask a mettere alla prova le nostre ginocchia: un set che non accenna a calare il ritmo, mandandoci tutti a casa felici ed ancora carichi di onde cosmiche.

È già sabato, al TPO si dà spazio al punk, al noise con la performance matta di strumenti rotti e object trouvé di Jacopo Benassi e Lady Maru (aka Brutal Casual) e al Gqom esportato nel mondo come missione di vita dai Phelimunicasi, felici rappresentanti del collettivo Nyege Nyege. E poi anche qui arriva la techno per gambe veloci: Object Blue in b2b con TSVI hanno regalato momenti di felicità ai danzatori della notte, che hanno apprezzato ballando all’unisono, urlando e fischiando, fino all’arrivo di Crystallmess. Sulla console piovono saette techno mescolate ad arie trance infinite, r’n’b e drum and bass, il tutto legato da tamburi perpetui. Colossale. Il nostro act preferito di questa venue.

Nel mentre, al Binario centrale va in scena la storia: Pantha Du Prince porta sul palco la bellezza ultraterrena della sua figura e dei suoi suoni, presi dalla natura e dalla vita primordiale dell’uomo, ci trasporta verso un ambiente sonoro sempre più complesso, mosso e assordante. Le grandi aspettative su Kittin & The Hacker sono state rispettate da un live irriverente, inarrestabili e infinitamente belli, hanno ripercorso 3 albume 30 anni di carriera da pionieri dell’elettro che ancora hanno tantissimo da dare. Intanto nella Baia, dopo Carolina Martines e Luce Clandestina, Piezo – nome rivelazione dell’anno nel panorama italiano – ha breakato come se non ci fosse un domani.

Menzione d’onore per il gran finale: Laurent Garnier ha trasformato il Binario in un’enciclopedia della musica techno, tra facce incredule a ogni nuovo mix, tra tentativi di shazzammate finiti male e grida di euforia.

Quanto ci eri mancato ROBOT Festival! Già siamo in trepidante attesa della prossima edizione perchè, se sei stato capace di tornare all’attività dopo mesi e mesi di restrizioni con un programma così, è certo che se ne vedranno delle belle in futuro!

 

Photo courtesy ROBOT Festival – Riccardo Giori, Roberto Deva, Stefan Paun

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