Tutti i suoni di Opera: festival multiforme, in continua trasformazione

polpetta
Tempo di lettura: 3' min
31 August 2023
Festival, Gallery, Review 4 U
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Il vulcano, la cittadina di Milo, i suoi abitanti, Opera Festival: tanti elementi fatti della stessa sostanza.

Mutevoli, schivi eppure accoglienti, pericolosissimi ma incredibilmente fertili, impertinenti, vivaci e chiassosi quando non riposano in profondi e riflessivi silenzi.

È qualcosa che si impara attraversando questi luoghi alle pendici dell’Etna, calpestando la roccia vulcanica, incontrando le persone che vi vivono e assaggiando il vino fatto con l’uva che vi prospera. Quest’anno, partecipando nuovamente a Opera Festival, ne abbiamo avuto la conferma.

Cinque giornate per vivere gli act di 40 artistə in 6 luoghi differenti: il format resta lo stesso dell’anno passato, con piccole migliorie apportate all’organizzazione e ai servizi e una sempre maggior cura dei setting in termini di luci e qualità audio e video.

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OPERA FESTIVAL

Anche quest’anno, Opera è stato prettamente un festival di musica elettronica nella più ampia accezione e con diverse eccezioni e sipari aperti su altri generi musicali. Un approccio ambient è stato scelto per accompagnare il tramonto della prima giornata di festival, con la performance di Shappire slows alla Ballroom (lo stage dentro il bosco poco fuori dal centro abitato di Milo) e l’ormai tradizionale alba in vigna, dove abbiamo celebrato la nascita del giorno con Rachel Lyn.

Tra le eccezioni, il live acustico, cantato a bassa voce, di Generic Animal all’ombra del leccio più grande che abbiamo mai visto: un albero di settecento anni.

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OPERA FESTIVAL

Come nella precedente edizione, il Teatro Lucio Dalla è stato la sede delle performance serali, affidate il giovedì alla cura di Mikky Blanco, ospite della scorsa edizione del Festival, che ha portato in Sicilia le danze e le voci scatenate, edonistiche e a tratti isteriche di Thoom, Evanora unlimited, Lyzza e il dj set di Venetta a chiudere la prima serata del Teatro, prima di spostarci alla prossima tappa un po’ più su, verso i crateri.

E poi, difficili per noi da dimenticare per questa edizione, in questo stage, il viaggio in cui ci ha condotti James Holden nel suo high dimensional space of possibilities (semi cit.), l’incasinatissima (ma molto coordinata) performance dei Mainline Magic Orchestra e l’abbraccio verace in cui ci ha stretti Tullio De Piscopo in oltre un’ora di centrifuga pop-funky-jazz, tra assoli mattissimi e canti spensierati da intonare tutti insieme.

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Una bella sorpresa, sempre davanti a questo stage è quella che ci ha riservato My Friend Dario, artista siciliano tra i più affezionati a Opera Festival in cui si è presentato negli anni sotto le forme più varie, da selector a chitarrista in accompagnamento ad altre band e con moniker diversi. Per aprire il sabato sera al Teatro Lucio Dalla ha scelto di presentare un nuovo ambizioso progetto, affiancato dalla batterista Oriana Bonomo: un live in cui le percussioni live si mescolano alle tastiere, ai synth al basso suonato e alla chitarra usata come percussione da Dario, in un crescendo di intensità anche da ballare.

Ballare, si. Opera è soprattutto un Festival per chi ha buone gambe e non teme la polvere mossa dalle centinaia di piedi che si muovono, strisciono, saltano, sopra la graniglia nera e magmatica che ricopre la crosta di quest’area terrestre.

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Il nostro orgoglio bolognese Dj Rou Naska (aka Massone), le crew di Perros Mediterràneos arrivata qui da Barcellona, e di Castigamatti da Palermo sono del resto ottimi motivi per trascorrere i pomeriggi del festival alla Ballroom, dentro al bosco, sgambettando o sdraiandosi all’ombra degli alberi, godendosi le imperfezioni del suono di un vinile.

L’importante, a Opera Festival, è conservare sempre un po’ di energie per ciò che verrà dopo: il programma è serrato e le notti di venerdì e sabato culminano al Punto base, la venue più lontana dal centro abitato, salendo un po’ più su verso i crateri del vulcano, in un punto isolato nella natura da cui ti abbaglia il nascere del sole.

Qui la notte a cura di HÖR Berlin ci ha colmati di bellezza, con due live set che ancora risuonano nei nostri sogni: DMX Krew aka Edward Upton e il suo viaggio in un lento crescendo di giri di profondi bassi sintetici, note acide, breakbeat e sudore. Dopo di lui la regina (qualcuno, ci ha sussurrato all’orecchio, trattasi in realtà di una strega) dell’underground britannica Jane Fitz, con cui abbiamo esplorato mondi sconosciuti, in un viaggio psichedelico che è continuato ben oltre il sorgere del sole.

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È questa immagine stregata, i capelli arruffati, il mixare di dischi come fossero ingredienti di una pozione, non riuscire a prevedere dove ti porterà, che più rappresenta l’essenza di questo festival, che più assomiglia al vulcano da cui Opera ha preso vita: un’entità che ti avvolge, insegnandoti la bellezza della trasformazione.

A conti fatti, non resta che chiederci cosa saremo, la prossima volta che ci ritroveremo tra le ceneri di questo vulcano.

Testo: Elena Bertelli
Foto: Riccardo Giori

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