Un altro indimenticabile Ypsigrock

polpetta
Tempo di lettura: 6' min
17 August 2023
Festival, Gallery, Review 4 U
Clicca qui per pulire l'area di disegno

4 giorni di tutto esaurito con oltre diecimila presenze, 31 act (di cui 16 uniche date italiane), 5 venue, 1 contest per artisti emergenti e 1 residenza d’artista.

I numeri di Ypsigrock testimoniano un successo annunciato già da qualche mese, per questa ventiseiesima edizione tutta sold out, tra abbuffate di shoegaze e panettoni con il gelato.

Ma, anche se i numeri non mentono, come si contano le emozioni che abbiamo visto negli occhi del pubblico, nelle voci degli artisti e provato sulla nostra pelle? Da queste parti la chiamiamo Ypsiness e ancora non esiste un’unità per misurarla. Come dopo ogni edizione del festival proviamo a raccontarvela attraverso quello che abbiamo vissuto e ascoltato in prima persona, o che abbiamo imparato vivendo questi giorni con tanti amiche e amici che ogni anno ritroviamo in questo luogo magico.

Per prima cosa, per chi non avesse mai partecipato a questo Festival, è importante sottolineare come, in 26 anni, il suo pubblico più affezionato abbia sviluppato un codice linguistico e alcuni rituali ormai trasformatisi in tradizione. Non per niente i più affezionati paragonano i giorni di agosto a Castelbuono alle festività di natalizie, durante le quali ritrovarsi con la propria comunità, come una famiglia da riabbracciare e trascorrere le vacanze (e sì, il paragone con il Natale regge anche in termini di quantità di cibo che mediamente si assume nei giorni di Ypsi).

(continua sotto)

Tra le tradizioni recuperate, dopo qualche anno di assenza, l’organizzazione ha scelto di riaprire le porte della ex chiesetta del crocifisso, dove hanno trovato spazio due repliche della performance prodotta nell’ambito di The sound of this place, la residenza d’artista che da 3 edizioni ha luogo a Castelbuono prima dell’inizio del festival. In un lavoro dal risultato a nostro avviso ottimo, la compositrice e musicista Marie Davidson, la coreografa e performer Dana Gingras, la  lighting designer Lucie Bazzo e la video artist e compositrice Francesca Fabrizi, hanno prodotto un act di danza in un ambiente di suoni elettronici, proiezioni e luci caratterizzata da un crescendo molto coinvolgente.

Anche quella di ritrovarsi prima dell’inizio del festival al Bar Cycas, dove sta sicuramente mettendo i dischi Fabio Nirta e dal bancone Molinari, da anni sponsor du Ypsigrock, stanno già fioccando cocktail, rientra tra le tradizioni, tanto da rendere questo angolino di Castelbuono quasi da annoverare tra le venue del festival, dove darsi appuntamento anche al termine degli act alla fine di ogni serata per commentare quello che si è visto e sentito e raccontarsi cosa è successo nell’ultimo anno trascorso senza vedersi.

Ed è proprio in luoghi fisici come il Cycas o virtuali come i gruppi Facebook e Telegram dei partecipanti al Festival che frequentiamo con attenzione per misurare i livelli di Ypsiness e confrontarci sugli act risultati più sensazionali. Qui capita di incontrare anche giornalisti, manager e i componenti delle band stesse e da cui poter raccogliere l’altro punto di vista: quello di chi sta sopra il palco.

(continua sotto)

Così, per quanto riguarda questa edizione, abbiamo scoperto che il live dei Verdena (sicuramente nella nostra top 5 di Ypsigrock 2023), è stato – a detta di chi non ne ha saltato uno – il migliore di tutto il tour, con un Alberto in piena forma e una presa bene che ha certamente influito su tutta la band e sul pubblico, un Luca che ha fatto letteralmente volare i piatti, una Roberta sempre in grande equilibrio tra carica trascinante e quella compostezza che tiene tutto insieme e un Carlo, il nuovo acquisto di questo tour, sempre più polistrumentista e sempre più a suo agio sul palco, anche lui finalmente scatenato sulle note di Volevo magia.

A proposito di magia, e di livelli di Ypsiness forse raggiunti poche altre volte in Piazza Castello, non possiamo non citare gli Slowdive: quasi due ore sul main stage, a chiudere la seconda giornata di festival. Tra luci viola, nuvole di fumo diradate dal vento fresco, mentre tutto il resto della band aveva le teste chine sulle corde e gli occhi fissi sui piatti, Rachel Goswell nel suo abito da fata della notte con i suoi dolcissimi sorrisi ci ha portati tra le stelle, dove siamo arrivati grazie una scaletta perfetta, terminata sulla cover di Golden hair ma ripresa nell’ancore sulle note di Dagger e 40 days.

Finché le luci non si sono riaccese su migliaia di occhi lucidi, molti di noi stretti in un abbraccio con la consapevolezza di aver appena vissuto qualcosa che non dimenticheremo facilmente (ma abbiamo ottime ragioni di credere nemmeno gli Slowdive, che a quanto pare avrebbero affermato molto emozionati, di non aver mai suonato in un luogo così bello e accogliente). Maledetti Shoegazer!

(continua sotto)

La magia di Ypsig 2023 non si esaurisce certo con questo live ma si rinnova di sera in sera, e non solo con band solide e monolitiche come gli Slowdive, ma anche con progetti in via di scioglimento come i The Comet is Coming (un’altra band che avrebbe affermato dietro le quinte di aver trovato in Castelbuono uno dei luoghi più affascinanti in cui hanno mai suonato e che a detta dei fan più assidui, qui avrebbero dato molto di più rispetto ad altre date; noi che li vediamo per la prima volta ci chiediamo come sia possibile).

O progetti nati da poco, come Panda Bear e Sonic Boom. Il duo suona (e soprattutto intona) con una bellissima resa live l’intero album Reset – una delle sorprese discografiche dell’ultimo anno – e qualche cover, quasi in chiusura di festival: una piccola magia di morbidi visual, luci fluorescenti e delicate melodie psichedeliche, sembra una chicca messa lì apposta dalla direzione artistica per ricordarci ancora una volta quello che è il motto del festival, che si proietta nella notte anche sulla facciata del castello: Il futuro è già nostalgia.

Non vorremmo che si percepisse da questo racconto che Ypsigrock sia solo lirismo sognante, anche in questa edizione non sono mancati gli act ad altissimo tasso adrenalinico, quelli da cui esci sudata, spettinato o con le ginocchia doloranti. Tra le band che hanno dato il meglio di sé in questo senso va ricordato il live di Young fathers, annoverati tra gli act più convincenti a Glastonbury, a Castelbuono hanno ripetuto la magia: a chiusura del main stage domenica notte ci siamo scatenati insieme a 5 performer pazzeschi, affiatati, incazzati, sincronizzati nel canto come nelle coreografie, potenziali catalizzatori della prossima rivoluzione (cit.)

(continua sotto)

Tra le band che ci hanno fatto saltare, al chiostro di San Francesco – la venue che accoglie gli act pomeridiani – i Noisy: trio di Worthing in Italia per la prima volta, che porta sul palco il suo ibrido di dance, rap, drum’n’bass e jungle, senza alcun risparmio energetico. Un act che non poteva non concludersi se non con la surfata sul pubblico del cantante-rapper Cody Mattehws.

Restando sullo stesso stage, cambiando totalmente scenario, ci teniamo a menzionare almeno un altro act, quello dei King Hannah. Sicuramente la band che, senza mettere in scena nessuno show particolare, è riuscita più di tante altre a trascinarci in un breve e intenso viaggio malinconico, immaginandoci dentro un’automobile scassata ad attraversare una provincia desolata. Nell’essenzialità di una formazione di sole chitarre, voce e una batteria i King Hannah sono capaci di ricreare un mix di generi tra post rock e psichedelia: uno di quei live che quando finiscono poi serve qualche minuto per tornare sulla terra. Tra i nostri preferiti.

Nel ventiseiesimo anno di Ypsigrock, particolarmente intensa è stata anche l’attività live all’Ypsicamping (dove si trova lo stage con i baffi), con gli act pomeridiani dei 5 partecipanti al contest “Avanti il prossimo” – Wism, Hollyspleef, Nòe, Kick, Maury111, Ekranoplan – e alcuni live a tarda notte, tra cui l’ardita scelta di portare dentro al bosco un’ora e mezza di deliri e riti pagani della performer polacca Siksa nell’ultimo giorno di festival.

Una performance quest’ultima, forse poco adatta a chiudere il Festival: martellante, disturbante, ai limiti del sopportabile.

(continua sotto)

E proprio mentre si incrociano tra il pubblico sguardi interrogativi e molti stanno pensando che avrebbero voluto salutarsi in altro modo, ecco uno dei rituali irrinunciabili, a chiudere la ventiseiesima edizione di Ypsigrock e a riconciliare gli animi turbati dal growllare di Siksa: dalle casse parte Roadhouse blues, una scala viene posizionata in mezzo al pubblico che la tiene ben salda, mentre un uomo non più giovanissimo, sale fino in cima, la scavalca e scende.

Meglio non farsi domande, sono le 6:30 di lunedì 14 agosto, il sole è spuntato nel cielo, inizia l’ultimo dj set di Fabio Nirta, su cui tra un po’ si chiuderà definitivamente il sipario e ricominceremo a contare i giorni che ci separano dal prossimo Natale a Castelbuono.

Clicca qui e sfoglia tutti i contenuti sulle precedenti edizioni di Ypsigrock.

Testo: Elena Bertelli
Foto: Riccardo Giori

Ehi, hai mai sentito parlare di Patreon?
Dal momento che sei qui, perché non contribuire?

Patreon è un sistema di micro-donanzioni ricorrenti con il quale supportare economicamente Polpetta e permetterci di continuare ad offrirti contenuti favolosi.

Diventare membro di Patreon è facilissimo!

Contribuisci ora

Partecipa alla conversazione!