ROBOT15 – La transizione c’è e si vede

polpetta
Tempo di lettura: 2' min
26 October 2024
Festival, Review 4 U
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È una tradizione: il secondo weekend di ottobre, a Bologna, si svolge ROBOT festival.

Per questa edizione, pur mantenendo i suoi punti fermi, abbiamo visto un festival in via di trasformazione, in termini di qualità, ricerca e accessibilità.

In primo luogo, se la tradizione ormai vuole lo svolgimento dei main act al DumBO, la ricerca di spazi nuovi le fa da contraltare: ROBOT è così approdato in chiese e basiliche della città, portando artisti del calibro di Kali Malone a confrontarsi con uno degli organi più antichi e potenti di Bologna, nella Basilica dei Servi o Marta Salogni, Francesco Fonassi, Maria W Horn e Mats Erlandsson, a riempire i grandi spazi nudi della Chiesa di San Barbaziano, restituita alla celebrazione collettiva, dopo anni a servire da parcheggio. È stato magico.

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Ma, dicevamo che, anche per questa quindicesima edizione, ROBOT Festival come da tradizione vede svolgere i main act al DumBo, quest’anno davvero eclettici nella scelta: da un Richie Hawtin fedelissimo alla linea, cassa dritta pulita pulita, davvero convincente fino alla fine del venerdì notte, al live AV 3D dell’ingegner Max Cooper, intensissimo e quasi enciclopedico, in un percorso che inizia remixando i Radiohead per approdare ai Prodigy dopo un affondo di drum’n’bass. È sempre sul palco del Binario che continua la poesia con il live cristallino di Mabe Fratti, in un crescendo di emozioni giunte all’apice con il live di fine tour di Daniela Pes.

Se il Binario è lo spazio di live monolitici e dell’installazione luminosa e sonora di SK*anonima luci – heith, è nell’archeologia industriale della Temporanea, con i suoi laser che scalfiscono il buio che si balla e si celebra l’anima più antica di ROBOT, nato dal clubbing felsineo. Qui abbiamo apprezzato Evissimax, TOCCORORO, Pandalogia e Manifesto Disappunto.

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Quest’anno ROBOT non si è accontentato delle notti di giovedì, venerdì e sabato ma si è preso anche lo spazio di decompressione della domenica al TPO, dove dal pomeriggio fino a sera abbiamo sguazzato in una dimensione live più sperimentale, un po’ mancata nelle serate precedenti: sul palco Soft as Snow, Lamusa II con Marie Davidson special guest, Nziria b2b Stefania Vos, LCY e Deli girls.

La transizione – parola scelta da Lyra Pramuk per intitolare il manifesto di ROBOT15, scritto di suo pugno – di questa edizione di ROBOT Festival è tangibile nella cura con cui l’organizzazione ha predisposto tutti quegli aspetti legati al benessere, alla sostenibilità e alla gestione del rischio a cui questo come altri festival sembra essere ogni anno più attento: in ogni venue abbiamo trovato colonnine con l’acqua gratuita, bicchieri ecosostenibili, tappi per le orecchie, esperti di prevenzione del rischio in un’area per informarsi ma anche riprendere fiato o coscienza e perfino un supporto in lingua dei segni in alcuni dei bar, una bella soluzione verso una maggior accessibilità dei servizi.

Bravi tutti. Ci piace, questa transizione.

Ph. Matteo Marinelli / Parole Matteo Marinelli ed Elena Bertelli 

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