Facciamo il punto della situazione su uno degli headliner di questa edizione di Jazz Re:Found, James Holden

md-romero
Tempo di lettura: 4' min
14 November 2016
Festival, Review 4 U
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Inglese, classe 1979, occhi brillanti e spalle strette, questa è la figura di James Holden, uno dei talenti creativi più imprevedibili del panorama della musica elettronica

James Holden torna in Italia per il Jazz:RE:FOUND 2016 e ça va sans dire che per quanto ci possiamo preparare, finiremo col trovarci sorpresi. Nato ad Exeter e cresciuto a Market Bosworth nel Leicestershire, Holden pubblica a 19 anni il suo primo singolo Horizons, un ep di sonorità trance creato utilizzando Jeskola Buzz, un software gratuito per Windows. Il suo talento come DJ e compositore si formerà nei ritagli di tempo durante i suoi studi di matematica alla Oxford University. Nel 2001 pubblica con la Silver Planet record il suo primo mix album Fear of a Silver Planet e il singolo One For You.

Queste pubblicazioni sono totalmente conformi al panorama della Trance, e sono in qualche modo ancora pregne dell’ingenuità che contraddistingue le opere prime. Fra i beat frenetici e le cascate sonore, ormai territorio etichettato (quasi dispregiativamente) come eurodance, in retrospettiva si riescono ad intravedere piccoli sprazzi di quello che sarà il James Holden dell’oggi.

(continua sotto)

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Già l’anno dopo nel 2002 con Kaern Turned e Solstice, il buon James ci regala qualcosa di più personale, uno studio musicale che si libera gradualmente delle ridondanze e del barocchismo della trance verso una maggiore pulizia e ricercatezza del suono balzando in maniera categorica avanti alla maggior parte dei suoi contemporanei. Con L’EP A Break In The Clouds si inaugura anche la Border Community, etichetta discografica creata dallo stesso Holden che produrrà artisti come Nathan Fake, Luke Abbott, Peter Nordkvist e Misstress Barbara. A Break In The Clouds viene ricordato, e non a torto, come uno dei lavori migliori di Holden dai fan della prima ora e, tredici anni dopo, si può dire tranquillamente che il tempo non ha scalfito quello che è un EP elegante e intenso.

Negli anni successivi, James Holden ci regala dei remix imponenti ed accattivanti partendo da artisti Pop del calibro di Britney Spears, Madonna e i Depeche Mode oltre che un imponente Mix Album che all’oggi rappresenta la somma del primo periodo. Balance 005 è un lavoro avanti anni luce rispetto ai mix di album più commerciali. The Great Wall di Oakenfold e Reflection di Paul Van Dyk risultano, alla luce della continuità e del lavoro di mixaggio di Balance 005, dei prodotti ingenui e datati. La ragione di tutto questo sta nell’estro creativo di un giovane inglese che concepisce e sviluppa la musica come un percorso personale, lontano dai trend e dalle aspettative dei fans.

Nel 2006 arriva il primo sconvolgimento. The Idiots are winning, primo vero studio album di Holden, provoca una frattura di proporzioni gargantuesche sia nel panorama musicale, nella critica, nel suo percorso come artista che con i suoi fans. The Idiots are winning non è un passo avanti ma un balzo di diverse leghe, privo di riguardo verso il percorso passato e, a dirla tutta necessario. Nel 2006, James Holden frantuma e contamina il suono elettronico con passato e futuro in uno studio che comprende beep in 8-bit, interludi minimal, pulizia, ricercatezza e soprattutto divertimento. “The Idiots Are Winning” è un lavoro divertente, provocatorio e profondamente necessario. All’oggi molti dei seguaci primievi di James Holden stigmatizzano l’album con termini come “an abortion” “Utter Garbage” e “That fuckin’ shitty album he made” (commenti estrapolati da Amazon e alcuni forum).

Per quanto assolutamente sbagliate, queste considerazioni non sono sorprendenti. “The Idiots are Winning” non solo è avanti rispetto al panorama 2006 ma rappresenta un altro James Holden, forse il vero James Holden che dopo anni di Mix Album, singoli e Remix si presenta As Is, ovvero uno sperimentatore e uno studioso del suono e, al suo debutto ufficiale compie in totale libertà diversi balzi in avanti, ottenendo in un colpo solo moltissimi step evolutivi senza guardarsi alle spalle.

Lo studio di “The Idiots are Winning” viene sfruttato per i lavori successivi, Il Mix album Dj Kicks! del 2010, e il singolo Nothing, nato dalla collaborazione con Julie Thompson, portano nel loro DNA l’essenza dell’album di debutto del produttore di Exeter che ancora non smette di far discutere e dividere.

Nel 2013, il genio di Holden torna alla ribalta con The Inheritors, e lo fa con brutale coscienza. The Inheritors è un altro balzo verso qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato nel suo accattivante mélange di iter minimal, giga folk e hard rock. Se dovessimo fare un confronto fra il reperto alpha (Horizons) e il reperto omega (The Inheritors) non avremmo dubbi: sono due lavori compiuti da due persone totalmente differenti. Non c’è correlazione fra il 19enne che rubava tempo ai suoi studi di matematica per comporre Trance music su Buzz con l’artista autore dell’accattivante ibrido The Inheritors. Questo perché James Holden segue solo la strada che ha avanti a sé senza mai guardarsi alle spalle. Davanti alle possibilità non si chiede il perché quanto il perché no. James si muove a velocità supersonica anticipando tendenze, sonorità e sequenze lasciando tutto alle spalle, compresi gli ascoltatori meno attenti. La sua personalità profondamente polemica e provocatoria lo mette spesso in contrapposizione alla elettronica mainstream (che nel 2013 in un’intervista a Repubblica, con Random access Memories come eccezione o meglio come Guilty Pleasure, definì merda) contribuendo ulteriormente alla sua aurea di genio creativo, che esprime splendidamente nelle sue Live Session con una grinta invidiabile, al pari di mostri sacri come Villalobos e Sven Vath. James è un artista che ha fatto dell’inaspettato un’arte invidiabile. Lo dimostra nella costruzione dei suoi lavori in studio che sono finora veri e propri salti nel buio, sono sfide lanciate da un artista che non trova necessario giustificare le proprie scelte stilistiche e, a dirla tutta non dovrebbe. In un mondo, quello musicale, dove il rischio che il panorama diventi brutalmente stagnante è sempre dietro l’angolo, c’è estremo bisogno di personalità eclettiche come James Holden. Dopo quasi vent’anni sulla scena è lecito chiedersi se questo ragazzo di Exeter abbia fatto la storia della musica. La risposta è: La storia la sta ancora facendo.

Words: Markus Der Romero
Illustrazioni: Margherita Vivio

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