acieloaperto: NU GENEA, tra balli, pioggia e ali luminose.


polpetta
Tempo di lettura: 2' min
5 August 2022
Festival, Gallery
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Pioggia, sudore e balli scatenati sono solo alcune delle cose che hanno caratterizzato l’atteso live di Nu Genea alla Rocca Malatestiana

Arrivati alla Rocca Malatestiana intorno alle 20 ci godiamo l’inizio serata con americani e chiacchiere sul praticello fronte palco, un classico pre-concerto da manuale, non fosse che questo concerto per il vostro editor è il primo in assoluto dei Nu Genea. Un errore non seguirli dal 2014 quando son nati, ma il tesseramento al partito Nu Genea è stato rapido e obbligato dopo l’esperienza musicale che ci hanno proposto lo scorso venerdì a Cesena.

Alle 21 siamo attirati  fronte palco da delle sonorità jazz fusion di LNDFK con il suo progetto sognante e complesso, non pensavamo di riuscire ad ascoltare da un gruppo Italiano della psichedelia a la Crumb così ben fatta, un plauso sicuramente alla direzione artistica del festival. Tra batterie hiphop, synth lofi e fraseggi jazz passa il concerto dei LNDFK in un attimo e sul palco salgono gli headliner della serata. Appoggiate le mani sul suo sintetizzatore Massimo Di Lena ci fa subito sorridere come un bimbo che aspetta di salire su una giostra. Tutti noi li, a riempire il parco della rocca, ci ritroviamo improvvisamente immersi fra le luci rosa, le palme e i brillantini di una Miami della fine degli anni 70. Una danza collettiva spensierata, come non ci capitava da tanto. E forse è questo il trucco dei Nu Genea, riuscire ad unire perfettamente i ritmi afro e funky della cultura africana con la musica fresca e melodica di un’altra cultura altrettanto spensierata, quella partenopea.

(continua sotto)

Il concerto scorre, alla giusta andatura. Giri di basso incalzanti che invidierebbe anche Pino D’Angiò, synth monofonici provenienti direttamente dall’universo moog di inizio anni ’80 e gli immancabili sax e fiati che spuntano ogni tanto con i loro soli riverberati, a cui ci hanno abituato le hit del passato. Il tutto impastato da delle frenetiche percussioni tribali, sempre ben dosate, che non stancano mai. Ma la vera protagonista della serata, volando come una farfalla sul palco con le sue ali luminose, era la voce. Il dialetto napoletano calza a pennello nella melodia, infilandosi perfettamente con ogni vocale e consonante fra le fibre della trama tessuta dai musicisti, piena e presente. Impeccabile.

E così arriviamo sul finale, che non ce ne siamo neanche accorti, fradici di sudore e di pioggia, che ci ha sorpresi solo per rinfrescarci momentaneamente. Stanchi, ma con un bel sorriso stampato in faccia. I Nu Genea in quelle due ore sono riusciti a far vivere alle generazioni che non l’hanno mai vissuta, quella leggerezza tipica del decennio ’75 ’85, quando il mondo correva verso il futuro, non avendone paura, ma volendolo scoprire.

Ed è probabilmente semplicemente questo che vogliamo vivere, nella nostra nuova riscoperta della libertà. Spensieratezza, unione e divertimento. Con una musica di qualità in sottofondo, che per quanto il mondo ci provi, non riuscirà mai a farci smettere di volere.

E questo è tutto quello che avevamo da dire.

Una menzione d’onore prima di chiudere per il ragazzo che mi ha visto uscire dal bagno chimico e mi ha riportato il vinile dei Nu Guinea appena acquistato, che avevo dimenticato all’interno. Si non sono un tipo troppo sveglio.

 

Testo: Gianlu Ballu
Foto: Elsa Santamato

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