Cosa dire di Omar Souleyman? Quest’uomo siriano di piccole fattezze, ma di grande carisma, proprio sabato sera fu a Bologna di passaggio, così al Locomotiv noi ci recammo.

Entra tra i fumogeni e gli applausi del pubblico in visibilio, la sua camicia tipica mediorientale e la kefiah in testa. Ad accompagnarlo solo il tastierista, il grande che appare nei video che girano in rete.

Attacca la dabke, la musica araba che Souleyman ha pensato bene di rivisitare in chiave techno, cosa che l’ha portato dall’esibirsi ai matrimoni siriani al conquistare l’Europa ed entrare a far parte dello showbiz musicale del momento: è il lungimirante Four Tet a portarlo alle luci della ribalta, producendo il suo primo e unico album Wenu Wenu. Da lì una sfilza di successi tra cui il Glastonbury prima e la collaborazione con Bjork poi.

All’inizio fa un effetto strano, ma è tremendamente ritmata e suona bene, non puoi fare a meno di ballare. Tra il pubblico c’è chi si lancia in danze del ventre improvvisate con scarsi risultati, qualcuno ha addirittura la camicia mediorientale simile a quella di Souleyman. Impazziti! Omar è uno tutto d’un pezzo, si lascia andare a battiti di mani e qualche high five ai fan delle prime file, ma per il resto è praticamente immobile. Ha l’incredibile potere di trasmettere un’energia pazzesca al pubblico senza praticamente muovere un dito. Il tutto esaurito del Locomotiv fa salire la temperatura della sala a qualche grado sopra i 40, ma continuiamo a ballare noncuranti fino alla fine del suo (purtroppo) breve concerto.

Ennesima serata azzeccata per roBOt paths!

Alla prossima puntata!

B