Giorgio Spedicato , o meglio colui che noi conosciamo con il nome “MACHWEO” è una rivelazione nostrana classe 1992. Machweo trova il suo spazio nell’ambiente musicale inizialmente caricando tracce su SoundCloud, producendo EP, LP e andando in giro suonando i suoi live.
Machweo ha scambiato quattro chiacchere con Alessia e questa intervista è il risultato.
A: Ho letto che il tuo nome d’arte significa “Tramonto” in lingua swahili e che lo hai scelto per il ricordo di un sogno a cui sei particolarmente affezionato. A questo punto le domande che mi sorgono spontanee sono due: la prima, come mai la scelta della lingua swahili? Il tuo singolo di maggior successo si chiama proprio “Tramonto”, è una scelta fatta prima della scelta del tuo nome d’arte o è ad essa strettamente connessa?
M: Quando ho scelto il nome Machweo faceva caldo ed eravamo costretti a dormire fuori, vivevamo in una società autonoma distaccata da quella tradizionale e l’unico tetto sulla nostra testa era una tenda. Era tipo Africa, non è che devi essere in Africa per sentirti in Africa. Da lì era chiaro che l’unica costante quotidiana era il tramonto, la nostra unica certezza. Ne parlavamo, ci davamo speranze, facevamo a cambio di sogni, era diventato un simbolo. Da lì è nato tutto.
A: Come abbiamo detto prima “Tramonto” è il tuo singolo di maggior successo, uscito per Bad Panda Records. Cosa pensi che abbia colpito maggiormente i tuoi ascoltatori di questo brano? Quali pensi possano essere le caratteristiche vincenti di questa track?
M: Credo che questo brano siapiaciuto semplicemente perché è schietto, dritto per dritto. Non richiede uno sforzo per essere ascoltato, è lineare ed equilibrato. Credo che il motivo sia questo.
A: La domanda è un po’ scontata, ma doverosa. Quando e quale è stato un momento fondamentale, il passaggio in cui da Giorgio Spedicato sei diventato Machweo?
M: Il momento fondamentale in cui mi sono accorto che aveva smesso di essere un gioco e tutto aveva senso d’esistere è stato in realtà abbastanza successivo alla nascita vera e propria del progetto. Credo che il giorno in cui ho capito che ce la stavo facendo fu quello in cui suonai di spalla a Baths al Mattatoio. Di esperienze importanti ne avevo avute anche prima ma questa fu davvero magica.
A: Ho letto che da ragazzetto eri un appassionato di musica hip-hop e che hai passato l’adolescenza a sperimentare i più svariati tipi di strumenti e strumentazione musicale. Cosa ti ha portato poi ha produrre e suonare musica ambient ed elettronica?
M: Quel che mi ha spinto a fare questo tipo di musica è stata la curiosità. Volevo solo trovare il modo giusto per esprimermi e incredibilmente l’ho trovato.
A: Ciò che da l’ispirazione ad un artista, di qualunque arte si parli, non è mai circoscrivibile ad una sola fonte, ma mi chiedevo se ci fossero particolari stati d’animo, emozioni e situazioni che sono per te più floride per la sperimentazione artistica. Prendo come esempio Björk, che proprio per il suo ultimo album ha dichiarato di esser riuscita a lavorare in modo molto intenso ed ispirato grazie/per colpa della sua recente separazione dal marito Matthew Barney; quindi in questo caso, il dolore, il rancore, la perdita, la tristezza e molte altre sensazioni “negative” hanno portato l’artista a creare qualcosa di meraviglioso, vale lo stesso per te?
M: Sì, purtroppo sì. Anche se devo dire che nel mio caso anche l’unione mi ha fatto fare cose belle. “Leaving Home” è praticamente il concept album di tre anni di mia storia personale, che hanno coinciso anche con un rapporto bellissimo.
A: Cosa significa per Machweo esibirsi davanti ad un grande pubblico, davanti a centinaia di persone? Che sensazioni si provano nell’aprire performance di artisti del calibro di Tycho, Plaid, Suuns, e come non citare un’altra rivelazione nostrana come Francesco Tristano?
M: All’inizio è paranoia. Tipo “mo salgo, ci sono duecento persone davanti, faccio una cazzata e salta tutto sicuro, mi conosco”. Poi invece finisce che più vado verso il minuto in cui salgo sul palco, più mi concentro e alla fine non succede niente di brutto. Mi faccio quei quarantacinque / cinquanta minuti in stato catatonico concentratissimo sulle macchine, appena finisce il live alzo la testa e mi chiedo sempre “ma come cazzo è possibile che tutta sta gente sia rimasta ad ascoltare o a ballare sul mio live?”.
A: Sono sempre e solo stata spettatrice, non mi è mai capitato di essere io l’artista/musicista, ma queste figure mi hanno sempre molto incuriosita. Una delle cose che mi va di chiederti è : quando sali in consolle e sei davanti ad un pubblico che è li per ascoltarti, cerchi la sintonia con il tuo pubblico, con le persone che son li per ascoltarti? Ci sono artisti che esprimono molta emotività sul palco, altri rimangono a testa bassa per tutta la performance e l’interazione con il pubblico e la loro metacomunicazione è praticamente inesistente. Tu come sei sul palco?
M: Io non cerco l’interazione col pubblico usando me stesso come mezzo, il mio modo di dare qualcosa alle persone è la mia musica. La musica è un linguaggio come qualsiasi altro.Non credo mi vedrai mai parlare al microfono prima o dopo un mio live, lascio fare tutto alla musica.
A: Leggevo Ti abbiamo incontrato a Settembre all’Eleva Festival di Reggio Emilia accompagna da una band, ti abbiamo ritrovato lo scorso Sabato, 24 Gennaio 015 da Laika a Modena in un progetto tutto al singolare. Ci puoi spiegare questo cambio di rotta?
M: A volte la vita ti chiede di fare delle scelte, intellettuali, personali, di comodo, di qualsiasi tipo. È stata una scelta, preferisco essere da solo.
A: Leggevo poco tempo fa che raccontavi di essere molto migliorato nei live, cosa intendi? Ti capita mai di suonare in djset? Se la risposta è no, perché?
M: Sono migliorato perché ormai è difficile che faccia errori molto palesi, è un po’ che porto in giro questo tipo di live e mi sento tranquillissimo nel farlo. In dj set suono qualche volta, soprattutto a Carpi in un paio di locali in cui sono resident, è molto figo anche fare il dj. Lo adoro, anche se non sono per niente bravo.
A: Nell’album “Leaving Home” abbiamo sentito una crescita, un’aggiunta di beat e di suoni, ora stai lavorando ad un nuovo album? Se si, pensi che sarai in grado di stupirci ancora una volta dimostrandoci di poter fare sempre meglio?
M: Sto lavorando al nuovo disco e credo che stupirò tantissimo. Non per la bellezza in sé ma perché ho deciso di fare un cambio di rotta rispetto al passato. Era necessario. Come ti ho dettola musica è un linguaggio e non puoi pretendere di dire le stesse cose a tre anni, a diciotto e a cinquanta, no?
A: Grazie Machweo ed in bocca al lupo per il tuo nuovo lavoro!
words by Alessia Verri
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