I Am Easy to Find, ne avevamo davvero bisogno!

A distanza di due anni dall’ultimo album, è stato facile ritrovare i National. Ma soprattutto necessario.

theverol
Tempo di lettura: 3' min
20 May 2019
Review 4 U
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Finalmente The National.

A distanza di due anni dall’uscita dell’ultimo disco, ovvero Sleep Well Beast (2017), la band statunitense capitanata da Matt Berninger pubblica il suo ultimo lavoro per 4AD, label indipendente britannica che ha seguito i cinque artisti negli ultimi anni della loro carriera (a partire dal 2010 con High Violet).

I Am Easy to Find è un lavoro maturo. È un lavoro in cui l’accuratezza nella ricerca dei suoni è minuziosa. È un lavoro in cui la band di Cincinnati in modo certosino coniuga tutte le sfaccettature sonore del nuovo disco con la voce sempre più introspettiva di Berninger: quella voce sofferente, a tratti sognanti, malinconica e disillusa, quasi sempre accompagnata nelle 16 track del disco da diverse voci femminili (per citarne qualcuna, Mina Tindle, Kate Stables, GailAnn Dorseye, Sharon Van Etten). I Am Easy to Find è un disco in cui la band abbandona definitivamente le sonorità più vicine al post-punk dei primi dischi dei The National (per esempio, Boxer del 2007, nonché il mio preferito) e fa quel passo in avanti verso il pop più alternativo, il cantautorato più raffinato, quasi a voler disegnare le emozioni che l’autore ha provato durante la scrittura delle lyrics.

E tutto questo è egregiamente raccontato anche grazie agli archi introdotti nel disco. Penso ad esempio alla traccia “Hey Rosey”, laddove gli strumenti ad arco quasi danzano sulla più incalzante batteria, mentre le due voci dialogano tra loro in un’intimità e sensualità unica, inizialmente distanti, ma poi sempre più vicine, intrecciandosi fino a divenire un unico pensiero. Un album composto da “ballate”, duttilissime tracce che non sfigurerebbero affatto neanche se inserite in una soundtrack di un film d’autore, che fanno letteralmente intraprendere all’ascoltatore un viaggio introspettivo nel proprio microcosmo, facendogli riaffiorare ricordi, esperienze vissute, sensazioni che probabilmente aveva messo da parte.

Un album quello dei The National che sa far emozionare, catapultando chi lo ascolta da un’emozione all’altra, quasi senza tregua, per poi risvegliarlo a poco più di metà disco con i ritmi più incalzanti e più rock di Where is Her Head, laddove la voce femminile è la protagonista, mentre quella di Matt Berninger è per quasi tutta la canzone solo una sorta di eco.

L’unica perplessità che provo è in relazione all’esibizione live: tutte quelle voci così blasonate difficilmente accompagneranno in tour la band. Anzi, levando il difficilmente, mai accompagneranno la band in tour: quindi? Come faranno i The National in quel caso? La risposta più ovvia che vien da sé è: I Am Easy to Find è un prodotto da gustare in casa, ascoltato su un buon impianto audio, magari sorseggiando del buon distillato. Perché sicuramente la performance live un minimo ci perde (ma, comunque, ad agosto non ci perderemo il live di Ypsigrock per poi potervi raccontare l’effetto che fa…).

16 tracce per poco più di un’ora di musica. I Am Easy to Find si differenzia dal resto dei dischi prodotti nell’ultimo periodo anche per questo: ricchezza di tracce nel disco e durata dello stesso (infatti non dimentichiamoci che molte ultime uscite sia italiane che internazionali non vanno oltre, oggigiorno, i quaranta minuti complessivi). E un cortometraggio di 24 minuti diretto da Mike Mills, uscito in anteprima, che vede recitare il Premio Oscar Alicia Vikander:

È un disco che personalmente promuovo a pienissimi voti. Uno di quei vinili che tutti noi dovremmo avere e custodire gelosamente. Un imprescindibile, ecco.

E sempre personalmente, azzardo definendo la band patrimonio dell’umanità.

Buon ascolto

TheVerol

 

 

 

 

 

 

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