Luciano Lamanna.

polpetta
Tempo di lettura: 4' min
24 February 2016
In primo piano, Interviste

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Luciano Lamanna. La sua biografia dice:

Nato nel 1977, diffonde la sua follia a partire dal 1997.
Ingegnere del suono presso Subsound studio a Roma.
Fondatore di Love Blast records. Resident a LSWHR.

Ciao Luciano.

Classe ’77, nato a Catanzaro.
Quando, come e cosa ti ha effettivamente colpito e convinto e concentrare tutto te stesso nella musica?
E‘ stata un’esigenza, una necessità. Non è stata una vera e propria scelta, è stata piuttosto una naturale propensione maturata fin dall’infanzia. Sono nato a Catanzaro ed ho vissuto la mia infanzia/adolescenza a Crotone. Sono di Crotone. La musica ha accompagnato in tutti i momenti della mia vita, ha reso accettabile il disagio del vivere in provincia, ha dato sfogo all’immaginazione, mi ha portato in mondi migliori. “La musica è il miglior modo per sopportare il tempo.”

Ci racconti qualcosa della Roma di quando eri ragazzino, della Roma techno, della Roma raver? È da li che arriva il Luciano Lamanna musicista?

Ho iniziato a frequentare Roma quando ero ancora piccolo: il primo concerto serio l’ho visto a Roma, i Jane’s Addiction al Tendastrisce…poi i Nirvana a Marino, i Metallica, i primi concerti punk negli squat. Il primo approccio con la techno è stato Hard Raptus, che andava in onda in radio il sabato: podcast techno, hardekno, hardcore e a mezzanotte davano le indicazioni per andare al rave illegale. Con i Tekno Mobil Squad ci muovevamo perlopiù a Bologna e nel nord est, ma spesso scendevamo a Roma per partecipare ai rave parties capitolini, soprattutto insieme agli amici Kernel Panik.

Adesso vivi solo di produzione musicale e djset? Se si cosa facevi prima di questo se no cosa fai oltre a questo?
Prima suonavo ai rave, ora suono nei club e mi dedico alle produzioni presso Subsound studio a Roma.

Quali sono le tue radici musicali, cosa ascoltavi da “piccolo”? Qual è stato il tuo primo 12”?
Ascolto un pò di tutto, mi piace il suono scuro, triste e decadente. Lo si può trovare in tanti generi musicali, è una questione di attitudine. Ho iniziato col metal, poi il punk, l’hard core, poi la tekno. Ho prodotto basi hip-hop per molti rappers italiani. Il mio primo 12” è uscito nel 1998 come Tekno Mobil Squad ed è stato il primo 12” hardtekno stampato in Italia. I primi dischi che ho comprato sono stati “Iron Maiden” e “Killers” degli Iron Maiden, avevo 8 anni. Gli ultimi due: Nuel “Hyperboreal” e Dimitris Petsetakis “Endless”. Mi piaceva e mi piace ancora la musica aggressiva, ma con gli anni ho imparato ad apprezzare gli spazi vuoti, le forme libere e le strutture aperte. Ascolto ancora di tutto, dal black metal al jazz.

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Sappiamo che sei ingegnere del suono. Quanto il fatto di aver studiato il suono come una scienza ha influito sulla tua produzione? Secondo te può essere, a volte, limitante verso la tua creatività avere una visione scientifica della musica ?

Penso che la musica sia matematica, la techno è matematica. La conoscenza è venuta con la pratica, lo studio penso si debba fare sul campo: se vuoi imparare a maneggiare il suono hai bisogno di toccare le macchine, non di leggere i libri o guardare tutorials. Sono autodidatta, mi hanno aiutato quelli più bravi di me, in studio. Quando ho iniziato aggiungevo layers su layers, cercavo un suono che non usciva fuori, rimaneva dentro gli altoparlanti: non avevo a disposizione alcun outboard e facevo tutto in cameretta. Adesso che conosco i miei gears, dopo tanti dischi finalmente sono soddisfatto del sound dei miei brani. Penso che la tecnica aiuti la creatività ad esprimersi meglio.

Cosa significa dunque per te creatività e cosa fai per alimentarla?

Credo che comporre sia un pò scoprire se stessi; una volta realizzata l’opera non ha più nulla a che fare con chi l’ha realizzata ma vive di una vita propria. Ha innumerevoli significati non necessariamente relazionati a quello che l’autore voleva esprimere. Ha infinite sfaccettature, una per ogni ascoltatore, moltiplicato per il numero dei fruitori, nel tempo. Ciononostante, l’atto creativo è un momento irripetibile, una sorta di estasi, in cui le influenze esterne e la ricerca di se collidono, come due pianeti che si scontrano fondendosi l’uno dentro l’altro. E’ un atto catartico, una liberazione e una riscoperta: eppure, di per sè, la scoperta non è mai un atto creativo.

Come avviene il tuo processo creativo-compositivo? Hai un iter e una metodologia particolari, o le idee vengono di colpo e prendono la strada che vogliono?

Di solito mi lascio trasportare lasciando largo spazio all’improvvisazione. Preparo una patch, la lascio andare in sottofondo fino a quando non trovo un incastro interessante e provvedo a fissarla con la registrazione. A volte parto da un’idea melodica, la maggior parte delle volte dal beat. Trovo più espressivo registrare live, suonando le macchine in tempo reale, utilizzando i sequencers, successivamente editare il tutto con Pro Tools. Trovo interessante il suono analogico, la corrente elettrica, l’incertezza, il rumore di sottofondo, le dissonanze.

Ogni traccia ha una storia a sé?

Si certo, ogni brano è la fotografia di un particolare momento della mia vita.
Quali artisti ritieni fondamentali nella tua selezione musicale?
Unit Moebius, Spiral Tribe, Matt Whitehead, Factory Floor, Steve Stoll, Chasing Voices, Jeff Mills, Dj Hell… la lista si potrebbe allungare all’infinito.

Il tuo nuovo EP “Moon Child” è in uscita il 22 Febbraio 2016. Da cosa deriva il nome Moon Child?

Da un tatuaggio, da un brano dei Maiden e dai Nephilim.
Le melodie e le ritmiche di questo EP mi hanno colpito molto, ce ne parleresti?
“Moon Child” è un brano sviluppato con un sintetizzatore modulare eurorack. Il brano si sviluppa su un beat aggressivo e una bassline acida per poi evolvere in una melodia aliena e dissonante. E’ un tributo alla techno dei ’90.
Un tuo pensiero sul remix di Unit Moebius Anonymous rilasciato nel tuo nuovo EP

E’ una marcia da guerra post-atomica, tribale e aliena. Sono molto orgoglioso di questa collaborazione e sono contento che venga pubblicato dalla neonata label romana Scuderia. Unit Moebius Anonymous è un padre della techno, una fonte primaria di ispirazione per i miei brani, un riferimento. Suono spesso “Zipper” durante i miei dj set, “Status” è stato il primo disco techno che ho acquistato e mi ha svelato un mondo nuovo, un modo nuovo di intendere la musica.

Se tu non fossi diventato un musicista cosa saresti diventato?

Un albero di pere.

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