Underworld @ Eventim Apollo (London) – Un viaggio musicale che sfiorò la luce e al suo termine non mi restò che uscir fuori a riveder le stelle.

domenico
Tempo di lettura: 3' min
19 March 2015
In primo piano, Review 4 U

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Vidi la sua potenza.
La potenza che muove ogni corpo.
La potenza di un mondo sotto un mondo.
Quella potenza che si diffuse in ogni cosa e illuminò l’oscuro.
Quella potenza verso la quale più mi avvicinavo e più il mio intelletto ci si perdeva dentro.
Quell’oggetto del desiderio che arrivai a sentire talmente mio al punto da non riuscirlo a fare tutto mio.
Questo sarà l’argomento di questo mio racconto, di questa mia scalata, di questa mia voglia di arrivare fin la dove il tutto si fonde in perfetta sintonia. In quell’arena sonora dell’ “Eventim Apollo” si consumarono due ore di perfetta armonia musicale. In quel luogo sembrarono possibili cose che non sarebbero possibili altrove; quel luogo, fonte d’ispirazione, sembrava creato apposta per quel genere umano. E se a primo impatto mi stupii, col passare del tempo iniziavo anch’io a diventar parte di quel tutto, in armonia con quel suono e quelle luci.
“La novità del suono e ‘l grande lume di lor cagion m’accesero un disio mai non sentito di cotanto acume” (Dante Alighieri, Paradiso) .
Osservando la gente intorno a me la vidi libera e ordinata, diversa nell’età ma identica nello spirito.
Vidi uomini con donne, donne con donne, uomini con uomini, tutti insieme accomunati dall’amore per le stesse sonorità.
C’era chi poteva danzare e ascoltare, chi ascoltava con le orecchie e danzava col cuore, chi cercava di arrivare all’apice del suono e chi se ne lasciava trasportare anche da lontano. Ognuno tendeva a quella musica in maniera diversa, ognuno spinto dal proprio istinto. Quell’istinto che porta il fuoco verso l’alto e che muove i cuori degli esseri irrazionali.
Tutto funzionava, tutto si muoveva in maniera armoniosa, allo stesso ritmo, al loro ritmo. Loro figli di un altro mondo, espressione di quel suono che unisce la voce alla tecnologia. Karl & Rick (assente malato giustificato) supportati dalle sapienti mani e orecchie di Darren. Chitarra, basso, sintetizzatori o semplicemente voce. Un fluire musicale che penetrava chiunque. Mi penetrò con “Rez” dal suono sottile e continuò attraversandomi di nuovo con “Cowgirl”, dura e compatta dove la voce di Karl si alternava ad un puro suono analogico per poi fondersi in un tutt’uno. Fu poi la volta di “Dark Train”, un viaggio mistico, suono cupo e dritto, parallelamente luci di mille colori che esplosero allo scoccare di “Scribble”, scarabocchio luminoso, corposo e intenso.
Canzone dopo canzone, abbraccio dopo abbraccio, sorriso dopo sorriso quella luce, che sembrava sempre più vicina ma ancora troppo lontana, continuava ad illuminare ed armonizzare il tutto. Un continuo salire, un insaziabile tendere a quella luce, a quella potenza che tutto muove, a quella libertà di corpi che esplosero all’apice della loro gioia allo scoccare di “Born Slippy”. Così a quel “Drive boy dog boy” il mio corpo danzava e avvertiva quella potenza mentre la mia mente ammirava con sguardo fisso quella luce. E come me tutti quelli che mi circondavano. Ecco cosa vidi, ecco cosa provai, ecco cosa mi penetrò ed ecco cosa ho cercato di esprimere attraverso queste parole.
Un viaggio lungo un sogno. Un viaggio condiviso con chi la musica l’ha sempre vissuta, con chi tende verso la musica, con chi aspira alla musica e alla sua potenza. Un viaggio musicale che sfiorò la luce e al suo termine non mi restò che uscir fuori a riveder le stelle. It was another world, it was Underworld.

WORDS BY DOMENICO

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