#Trip Diary# Perdere l’udito

domenico
Tempo di lettura: 2' min
22 November 2013
Review 4 U

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Quando arriva il freddo a Londra lo senti: le giornate si accorciano, inizia a soffiare un vento gelido, la gente inizia a coprirsi e finiscono i party open air.
Inizia la stagione invernale e bisogna trovare il club giusto dove scaldarsi.
Giro e rigiro su residentadvisor fino a che due parole attraggono il mio sguardo: Octave One. Della serie “se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto: se io non vado a Detroit, Detroit viene da me”, a sto giro non me li perdo: no way!
Per l’occasione, al mio fianco, Peppiniello. Lui che Londra l’ha già vissuta anni addietro, lui compagno di tante avventure e notti che sembravano non finire mai in quella “Bologna de merda” che tanto mi manca.
Come i migliori club che si rispettino, anche il Basing House ha la sua coda: bella, corposa e ordinata. Facendo piccoli passettini sorseggiando la nostra “can of beer” e in una decina di minuti siamo pronti ad essere perquisiti in ogni dove come vuole la prassi. Dentro è tutta un’attesa: c’è chi beve veloce perché poi sa che passerà le prossime 2 ore sotto la consolle e vuole essere bello carico, c’è chi corre in terrazza a fumarsi una sigaretta, c’è anche chi chiacchiera, chi si ritrova e chi si trova per la prima volta, chi si scambia dolci baci e chi invece non si caga neanche di striscio. Le macchine sono pronte. Le vedi: calde, ordinate in un groviglio di cavi che aspettano solo che qualcuno schiacci “PLAY”.
Tanto di capello a te dj resident, di cui non ricordo il nome, lo so che non me ne vorrai, ma hai tutta la mia stima perché aprire a due mostri sacri come gli Octave One non è cosa da tutti. Sono le 2.00 a.m. o’clock. Eccoli. Il live fatto in persona: no computer, no giradischi, no CDj, solo macchine e due teste che si muovono a ritmo di musica, a ritmo di techno.

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E’ impressionante come i corpi dei fratelli Burden siano in perfetta sincronia con i suoni che escono dai loro tools. Seguono la pista e la pista segue loro, è tutto un fluire pazzesco, un trasmettere di emozioni: like a sunshine! Vibra tutto, ogni stacco un putiferio, ogni qualvolta la cassa parte è un salirsi l’uno sull’ altro quasi a volere entrare in consolle. Un unico blocco umano che si muove. Meglio di qualsiasi palestra. Una delle ballate più divertenti di sempre, non sudavo così tanto da parecchio. Capisco che il dettaglio è trascurabile, ma allo stesso tempo è il risultato di due ore travolgenti. Blackwater la cantiamo e balliamo tutti. Gioia infinita, ma è anche il segnale che siamo prossimi alla fine. Ecco che inizia a salirmi quell’angoscia della domenica pomeriggio quando sai che il lunedì devi tornare in ufficio a lavoro: it is terribly sad! Ultimo disco, poi un altro ancora e poi un altro…fosse per loro andrebbero avanti ad oltranza come se non ci fosse mai un lunedì mattina! Applauso, il sorriso è sulle facce di tutti. E’ il momento di andare a casa, prendo la mia giacca, saluto tutti (anche chi non conosco) e salto al volo sul mio bus, con la speranza di non addormentarmi e svegliarmi chissà dove! Forse un giorno perderò l’udito ma potrò raccontare di aver ascoltato la Techno di Detroit!
Cinque alto Octave One!

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