#Trip Diary# Londra : più ti guardo, più mi incanto

domenico
Tempo di lettura: 4' min
19 December 2013
Review 4 U

Più ti guardo e più mi incanto. Più ti osservo e più ti scopro. Più mi giro e più mi perdo in quel vortice di emozioni che ancora, nonostante il freddo, nonostante gli anni e nonostante tutto, riesci a darmi.

Vivere una città come Londra “means” lasciarsi avvolgere e coinvolgere da tutto ciò che hai sotto i tuoi occhi, ma anche sotto i tuoi piedi o sopra la tua testa. Lasciare che ogni angolo di questa città eterna ti spieghi il suo significato, il suo come, quando e perché. Significa andare alla ricerca di chi ha voluto lasciare un segno in questa città, consapevole che qualcuno, prima o poi, si sarebbe accorto di lui. Ed in queste circostanze è il dettaglio che fa la differenza.

Vivo Shoreditch e Brick Lane da prima che arrivassi a Londra, ma è solo grazie ad una guida-writer australiana che sono venuto a conoscenza della sue origini Francesi, poi Ebree per finire alla enorme comunità Bengalese. Tre colori: rosso, bianco e nero, simbolo della “City of London”, quella corporazione di uomini benestanti che decenni fa decisero di insediarsi nell’East End londinese per dar vita a quello che sarebbe stato il più grosso centro finanziario al mondo: la City.

La finanza al confine con l’arte, e non un’arte qualunque, bensì la “street art”. Quell’arte a volte illegale, veloce, nascosta ed  oscura. Quell’arte fatta di messaggi, di critiche alla società in cui viviamo, ai politici che ci governano, ai prodotti che ci vendono e alle multinazionali che ci assediano. Quell’arte che scopro esprimersi attraverso uccelli colorati posti su cornicioni di palazzi, o funghi che crescono lungo le mura di East London. Brick Lane è un continuo murales in evoluzione dove puoi trovare un “Barondo” fresco sulla vetrina del retro di uno dei tanti ristoranti indiani che popolano la mani street. Un volto dall’espressione intensa ricavato grattando una lastra di vetro dipinta di bianco. Di fronte a lui un altro volto ed un altro artista. Si tratta di Guy Denning capace di rappresentare su una parete grigia il volto di una donna intenta ad emettere un urlo, di gioia o di rabbia non è dato saperlo! Alzi un attimo lo sguardo ed ecco un piccolo albero di natale, color rosso e stile lego: opera di Space Invaders. E’ tutto uno scoprire, tutto un sentirsi parte di un mondo di artisti che si esprimono sotto gli occhi di tutti. Continuiamo il nostro tour tra le strade di East London ammirando opere in ogni angolo raggiungibile dalla sguardo umano. Da un octopus-elephant, ad uccelli metallici su pali di cartelli stradali a loro volta artisticamente modificati,  e ancora Space Invaders fino al “Question Mark” di Mobster, per il quale più che l’opera in se è la storia ad affascinarmi (e vi lascio con il dubbio e la curiosità di cercarla e leggerla). infine lui, amore a prima vista, geniale per quanto mi riguarda, critico al punto giusto, originale quanto patriottico. All’anagrafe Fabio Oliveira, da tutti conosciuto come CRANIO, writer brasiliano, che ama lasciare traccia di se in giro per il mondo attraverso opere che raffigurano indigeni dalla pelle blu, dalle gambe sottili, con addosso la maglia di calcio della nazionale brasiliana e segni di color rosso sul viso. Forte la sua critica alla società in continua omologazione e al suo Brasile, ormai tra i potenti del mondo, che sta dimenticando le sue origini e sacrificando le sue immense risorse naturali a vantaggio del processo di industrializzazione. Geniale, espressivo e diretto. Tu per me hai vinto! Il freddo ci colpisce ma non ci abbatte, sono due ore di una dolce e piacevole scoperta di una Londra che sempre vissuto ma mai conosciuto così a fondo. Pensavate fosse finita qua? E invece no! Finito il tour giusto il tempo di scaldarsi con un Brandy e si vola in Poland street. Phonica, Deetron, Over the Music. Poche parole per esprimere il tutto. Il salotto di Phonica regala sempre grandi emozioni e grandi artisti. Deetron is in the city for the launch album party at fabric e il passaggio da Phonica è cosa buona e giusta. Il pubblico è quello delle grandi occasioni, dal clubber duro al turista di passaggio, passando per un corposo gruppo japano. Si abbassano le luci e Deetron inizia a scaldarci. E’ la prima volta che ho il piacere di sentirlo suonare e a primo acchito sono sicuro che non sarà l’ultima. L’atmosfera è decisamente coinvolgente, ascoltare della musica in un negozio di musica circondato da gente che ama la musica mi da quella sensazione paradisiaca che mi augurerei di trovare in una presunta vita ultraterrena. Un’ora e mezza di soavi vibrazioni, suoni techno, che tornano soft, qualche disco latineggiante e birre che entrano ed escono (perché la grandezza di questi ragazzi sta anche nel fatto che da Phonica puoi portarti da bere quello che vuoi e puoi dividerlo con chi vuoi).

Sono sicuro che il Fabric sarà una bomba ad orologeria questa sera ma io opto per una cena thailandese e poi una sana dormita che mi aiuterà a riordinare le idee e raccontarvi uno dei mie tanti sabati in questo enorme villaggio multiculturale, multietnico e multiartistico.

Cinque alto a Valentina Panzera (a.k.a. Panzerotta) l’idea del tour nasce da lei e le foto sono opera sua!

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