A cura di K. D. M. _ ragazzi notturni a qualsiasi ora.
“C’erano una volta un inglese, un tedesco, un olandese ed un italiano”. No, non è una una delle famose barzellette che racconta M. mentre suona. È la ricetta vincente proposta dal Timeshift numero 4 della stagione: un menù nutriente, saporito e ricercato; da mangiare con le mani.
Si prenota per 3. Tavolo vista capannoni. Ma torniamo indietro di qualche giorno…
Dicembre inizia, e noi ce ne accorgiamo, proseguendo le nostre esistenze modello, travestiti da esseri senzienti alla ricerca di qualcosa in cui valga la pena credere; o almeno di una serata che ti permetta di ballare fino a consumare le suole.
In quei giorni continuiamo ad essere circondati da 3 argomentazioni imprescindibili: “referendum”, “vacanze di natale” e “capodanno”.
La paura di un inverno nucleare si fa strada dentro i nostri animi disadattati, ma all’improvviso ci ricordiamo che i ragazzi di Timeshift hanno deciso di inaugurare il calendario dell’avvento alla loro maniera.
Fine delle preoccupazioni: sui nostri volti lo sguardo complice di chi sa che quest’anno Babbo Natale fa tappa in anticipo, in Zona Roveri. Forse quest’anno facciamo l’albero.
Sono le 22.30 di mercoledì 7 dicembre. La nebbia ci accompagna fedele nel breve ma intenso viaggio in autostrada, stimolando le nostre fantasie di “ragazzi che amano il black metal ma sognano la techno”. Arriviamo a destinazione capendo che nebbia e gelo sono forniti dalla divina provvidenza. Un clima così nordico ti ripulisce l’animo da tutto ciò che è “Santa Baby” proiettandoti nel mood ideale per recepire al massimo quello che gli organizzatori vogliono trasmettere: “Potenza, fragore e deflagrazione”. E mai previsione fu più azzeccata. Entriamo e ci sentiamo al nostro posto. L ’ambiente per 3 ragazzi dall’animo punk ma dall’appetito elettronico è perfetto: le persone sono lì prima per la MUSICA e il resto viene dopo. Tutto è curato in modo che il suono faccia da padrone, contornato perfettamente da un impatto visivo minimale, una clientela appropriata , un impianto all’altezza e da un senso di appartenenza evocativo che ti fa sentire davvero parte della situazione.
Kobold inizia DA SUBITO a mettere in chiaro che sarà una lunga notte senza esclusione di colpi: suoni profondi, intenzione industriale, profilo underground; qui si balla dall’inizio e non è un modo di dire. Siamo già caldi e pronti ad accogliere Stranger aka “not your average unknown artist” giustamente definito “agitatore della scena di Rotterdam” alla quale aggiungiamo “E DI BOLOGNA”. Coinvolgente e glaciale nello stesso tempo. Ci tiene a lasciare un segno e non gli risulta particolarmente difficile. Il tempo passa, ma te ne accorgi solo quando ti senti disidratato e capisci che da quando sei entrato hai avuto tantissimi ottimi motivi per non fermarti. La serata prosegue e si evolve, è ora di atterrare a Berlino – e non è un modo di dire – Henning Baer ci tiene davvero a farti sentire a casa. CASA SUA. Un set quasi accademico, di quelli che dovrebbero essere scritti sui libri. L’underground in ogni forma e colore, capace di essere tanto eterogeneo quanto monodirezionale. Il suono ci prende per mano e ci avvolge senza essere invadente: ci costringe a partecipare attivamente senza obbligarci per davvero. Un piccolo dubbio personale sulla nostra resistenza fisica si fa strada quando ci rendiamo conto che manca ancora la portata principale. Sono le 4.00 quando Blawan si affaccia candidamente sul palco e capiamo all’istante che è il momento di fare scorta per l’inverno. L’aplomb inglese non abbandona il nostro beniamino che mette subito in chiaro che la serata è tutt’altro che pronta a finire. Dall’impianto si diffonde un corollario completo di Techno e dell’Underground che ci gira attorno. Acid, Industrial, Uk, Deep, si fondono e si alternano. Emergono sfumature di ogni tipo, in un set che non conosce momenti di pausa o di riflessione; Blawan si espone senza tregua con tutta la ruvidità che lo ha da sempre contraddistinto. Sembra davvero non voglia scontentare nessuno e il tentativo è quanto mai da apprezzare. Due ore volano inspiegabilmente in fretta. Durante l’ultima lunghissima traccia, riprendiamo lentamente coscienza di noi stessi, e di tutto ciò che eravamo prima di entrare al Timeshift e che torneremo ad essere non appena risaliremo in macchina. Siamo parecchio provati, ma ancor più visibilmente soddisfatti.
L’ora tarda al retrogusto di gin tonic ci aiuta nella traslazione verso la “vita normale”. Sentiamo un senso di gratitudine comune nei confronti chi ci ha dato l’opportunità di viaggiare in una notte tutta l’Europa senza spostarci da Zona Roveri. Sono serate come questa che ci danno la speranza di attraversare indenni le feste, tanto non abbiamo paura di ingrassare. Grazie Timeshift, anche se alla fine l’albero non lo faremo.
“Arriverà natale senza nuvole, svegliateci quando finisce l’estate e torna la nebbia”.
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