Medimex 2018 – Taranto 7-10 giugno 2018

theverol
Tempo di lettura: 4' min
11 June 2018
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KRAFTWERK + PLACEBO: LA MUSICA CON LA “M” MAIUSCOLA

Il Medimex Festival si riconferma un festival di punta. Porta la storia nuovamente in Puglia, ma questa volta a Taranto.

Musica, workshop, laboratori, dj-set, conferenze, market, mostre e due live bomba: giovedì 7 giugno i Kraftwerk live in 3D, venerdì 8, invece, i Placebo.

Per entrambe le date, gli opening-act sono stati affidati ad artisti del calibro di Roni Size feat. Dynamite MC, Metà Metà, Kiol e i milanesi Casinò Royale.

Giorno 1.

Parto da Bari giovedì 7 alle 19,30.

Dopo poco più di un’ora di auto sono a Taranto. Parcheggio senza grossi problemi la mia autovettura e mi dirigo verso l’area concerto.

Code d’ingresso non esasperate, difatti non ho impiegato troppo tempo per entrare nell’area delimitata, ovvero la rotonda del Lungomare Vittorio Emanuele III. Controlli per la sicurezza efficienti e soprattutto celeri. Ottima organizzazione.

Ripongo il mio abbonamento nello zaino e finalmente sono dentro, pronto per godermi la prima grande serata del Medimex 2018.

C’era già tantissima gente all’interno che attendeva con ansia il live 3D dei pionieri della musica elettronica, quei quattro “giovanotti” di Dusseldorf (benché ormai della formazione storica sia rimasto solo Ralf Hütter) che hanno fatto impazzire tutti noi appassionati di musica.

E finalmente, alle 22,30, è il loro turno.

Indosso gli occhialini 3D che mi hanno fornito all’ingresso e si parte. Un trip di musica elettronica analogica e proiezioni 3D che solo i Kraftwerk avrebbero potuto regalare.

I video tridimensionali alle spalle dei quattro musicisti hanno rapito letteralmente tutti i presenti al concerto. Poco più di un’ora e mezza di electro-music, di satelliti spaziali 3D che sembrava stessero per precipitarti addosso, di auto anni 50 che percorrevano lunghe strade immerse nel verde. Di UFO che atterravano sulla rotonda del lungomare di Taranto e di robot che “ballavano” a tempo.

Un’esperienza unica, non solo un concerto.

Un live per nostalgici, in cui hanno eseguito quasi tutti i loro cavalli di battaglia. Da “Das Model” a “The Man Machine”, da “The Robots” a “Radioactivity”. E poi, quest’ultimo pezzo, eseguito a Taranto, una città martoriata dall’emergenza ambientale, in cui il dibattito lavoro-salute da sempre continua a tenere banco, ha avuto, purtroppo, tutto un altro sapore.

Se dovessi votare da 1 a 10 il loro live, dovrei pagare i diritti d’autore ad una nota pubblicità di qualche anno fa: 10+!

Giorno 2.

Ed ora è il turno di quell’alternative rock band storica, targata U.K, che nonostante sia in attività dal 1994, è ancora capace di fare sold-out: i Placebo, artisti a cui sono legato tantissimo, poiché hanno scandito tante tappe della mia vita; a molte loro track ho collegato momenti vissuti in prima persona, con dei sapori specifici, unici, affidati alla musica.

Avevo grandi aspettative per questo live e non mi hanno assolutamente deluso. Dall’ultima volta che ho assistito ad un loro concerto (23 novembre 2013, Bologna, Unipol Arena), ho notato un Brian Molko un po’ più invecchiato ma solo nell’aspetto fisico. Per il resto è sempre lo stesso leader che sa tenere il palco, che sa far scatenare il pubblico, che sa far piangere e sorridere contemporaneamente. E’ sempre il solito “animale da palco”, coadiuvato dal socio Stefan Olsdal, un musicista incredibile, senza il quale i Placebo, oggi, non sarebbero la band che tutti noi conosciamo.

Dopo un lungo cambio palco, quindi, ecco Molko & Co. salire finalmente sul main-stage tarantino, accolti dal boato del pubblico.

In quel momento siamo riusciti a dimenticare l’afa serale, la gola arsa e la spossatezza dopo due giorni di full immersion. Non contava più nulla. C’erano i Placebo. Stop.

Primi accordi di chitarra ed è subito “Pure Morning”. Si inizia col botto!

Una scarica di adrenalina percorre il mio corpo. Finalmente il concerto è iniziato. Alterno momenti di euforia totale con momenti di pura estasi, in cui mi isolavo da tutta la marea di gente che mi circondava, chiudevo gli occhi e mi lasciavo trasportare dalle melodie “alternative” della rock band britannica: un complesso che ha saputo mantenere negli anni sempre il suo marchio di fabbrica, ovvero quei testi introspettivi, non sempre facili e felici, figli dell’era del grunge e del noise.

Un live intenso, una performance impeccabile, in cui hanno alternato pezzi storici tipo “The Bitter End”, “Special Needs”, “Too Many Friends”, “Twenty Years”, “Special K”, e pezzi più recenti tipo “Loud Like Love”, “Jesus Son” o “Exit Wounds”.

Una menzione speciale devo assolutamente riservarla all’esecuzione di “Without You I’m Nothing”. Durante quella canzone era proprio percettibile il trasporto del pubblico, che la intonava quasi come fosse un inno generazionale. Io, sarò sincero, non riuscivo né a sorridere, né a commuovermi. Avevo solo il cuore a mille ed ero fermo, immobile. L’unica cosa che sono riuscito a fare è stato un video da custodire gelosamente nel mio hard disk.

Poi ancora qualche altro pezzo, piccola pausa sigaretta per i nostri artisti e infine risalgono sul palco per il saluto finale ai loro fan accorsi a Taranto: come decidono di farlo? Anche in questo ci vuole stile: “Running Up That Hill”. Un’esecuzione magistrale. Sentitissima. Ed è il caso di dirlo e qui sottoscriverlo: quando una cover è più bella dell’originale…

Finisce così il mio Medimex. E non poteva finire in modo migliore: con la rivincita delle chitarre, con la rivincita del rock.

Con la voglia di non tornare a casa.

words and pics by TheVerol

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