Apparat e il suo ritorno alla maturità: LP5 è il nuovo album di Sascha Ring

paogo-ameschi
Tempo di lettura: 2' min
22 March 2019
Review 4 U
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Maturità, raffinatezza, eclettismo, modernità: questi gli ingredienti di LP5

Essendo sempre stato appassionato di musica elettronica, ci sono artisti quasi miei coetanei coi quali sono cresciuto, che ho iniziato ad ascoltare ed apprezzare ai loro esordi, in tempi non sospetti quando tanta musica la si scopriva a ballare nei club. Ora che non vado quasi più a ballare per ragioni socioculturali ed anagrafiche, questi artisti che sono invecchiati con me si sono spogliati dei panni di produttori di musica orientata al ballo, e si sono vestiti con l’abito della maturità.

E’ la strada fatta da James Holden ad esempio, che da giovanissimo ha esordito attraversando i territori della trance e della techno, approdando poi col suo ultimo album The Animal Spirits in un meraviglioso misticismo psichedelico.

Stesso discorso lo possiamo fare per Apparat, figlio di quella scena techno-minimal belrlinese di metà duemila, cresciuto poi con la velleità dell’intrecciatore di sonorità che sconfinano tra il classico e l’elettronico. Dopo la lunga e riuscitissima parentesi Moderat, Sascha Ring torna a scrivere musica da solo, e ci incanta con il nuovo LP5, un album completamente maturo, dove c’è tutto, sia l’elettronica dei primi lavori in studio, sia l’ultima deriva più strumentale di Krieg Und Frieden.

Il tedesco non è più quel ragazzotto incontrato la prima volta ad un after del Traffic di Torino, quando la cassa in 4 era preponderante: ora Apparat vuole meravigliarci, vuole raccontare storie, ed il suo background puramente elettronico è solo a supporto, abbandonando completamente la dimensione del dancefloor (l’unico brano che ci fa scuotere è sicuramente In Gravitas), cercando di far ballare la nostra mente ed il nostro cuore anzichè i nostri corpi.

(continua sotto)

apparat

C’è anche tanto cantato (ad eccezione di Means Of Entry ed Eq_Break, tutti i brani sono corredati dalla sua voce), esperienza maturata insieme ai Modeselektor, ed è un cantato approfondito e curato, un cantato consapevole (ne è un esempio la meravigliosa Laminar Flow).

Insomma, ci troviamo di fronte a quasi 45 minuti di introspezione, 10 brani che raccolgono il lavoro e lo studio di una carriera lunga ormai 18 anni, percorso che porta questo artista a posizionarsi nella parte più alta ed importante del panorama elettronico mondiale. Questo suo LP5 è solo l’ultimo capitolo di questa carriera, non è di sicuro il puntino sulla i, e parliamoci chiaro, non è l’album fondamentale della sua discografia, ma rappresenta sicuramente un gran bel traguardo.

Ci sono brani come Brandenburg che farebbero (o faranno) venire la pelle d’oca a Thom Yorke, altri come Heroist che potrebbero tranquillamente essere inserite nella colonna sonora di qualche serie TV (come già successo in precedenza per Goodbye, scelta addirittura come sigla di Dark), altri ancora come Caronte che rappresentano a pieno la fusione tra musica classica ed elettronica. È un album ricco, da ascoltare e riascoltare attentamente per carpirne tutti i curatissimi dettagli, per fruirne a pieno ed apprezzarne il valore, un album che non vediamo l’ora di ascoltare dal vivo (Apparat sarà a Napoli il 5 aprile, a Bologna il 6 e a Milano il 7).

Bentornato Apparat, in tutta la tua maturità.

Paogo Ameschi

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