Valvonauta compie vent’anni e c’è ancora chi cerca di capirla

polpetta
Tempo di lettura: 3' min
21 June 2019
News
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Usciva il 21 giugno del 1999 Valvonauta, il primo singolo dei Verdena.

La maggior parte di noi era abbastanza grande per capirci qualcosa di musica ma ancora in preda a quelle tempeste ormonali devastanti, che oggi basta la vecchia canzone giusta, per farne risalire impetuoso il ricordo. E Valvonauta, uscita nell’EP che conteneva anche Dentro Sharon, Bonne Nouvelle e Piuma, anticipando l’LP Verdena, rientra pienamente in questa categoria.

(continua sotto)

 

In redazione questa mattina la nostalgia è stata spazzata via da un acceso dibattito:

“io un pezzo non lo scrivo, dei Verdena non son mai stato fan”

“nemmeno io posso definirmi tale ma li apprezzo e rispetto perchè riconosco che hanno dato un contributo importante alla musica italiana”,

“forse ero troppo vecchio per partire di testa per la canzone, troppo giovane per non trovare esagerati i tromboni che li criticavano per qualcosa che i Verdena ammettevano tranquillamente.”

“Valvonauta è legata a un ricordo dolce e lontanissimo: di un moroso del tempo che la intona solo per me, accompagnandosi con la chitarra”

e via così, fino a ritrovarci ad ammettere che quella canzone nessuno davvero l’ha mai capita, fatto che però non ha impedito a Valvonauta di ricavarsi un posto speciale nei nostri cuori.

Sì, perchè – e qui siamo tutti d’accordo – il senso della canzone è più dato dai “vuoti” colmati dal giovane ascoltatore con la libera interpretazione. Un po’ come i jump cut di Godard applicati a un testo musicale (mica i Verdena l’han fatto per primi, Bowie scriveva spesso così).

Del resto, all’epoca, quando tutti quelli più vecchi di noi li odiavano, lo ammisero più o meno candidamente: in sala prove i Verdena cantavano cose a caso in inglese e poi provavano a trovare frasi in italiano che suonassero ugualmente bene con la musica… (lo dissero in un’intervista su Il Mucchio – ricorda il nostro Matteo Buriani).

È una specie di lezione che tutti noi che abbiamo ascoltato i Verdena fin dagli albori avremmo dovuto imparare: se non sai bene cosa dire, affidati all’istinto. Proprio come hanno fatto loro, mettendo uno specchio davanti alla generazione che li stava ascoltando.

C’è chi di noi trova tutto questo onesto e coraggioso. E che questo coraggio in qualche modo abbia poi sempre avuto una parte rilevante nella loro carriera.

Nella sostanza, sì dobbiamo ammettere che probabilmente questa, come le altre strofe della canzone, non ha davvero nessun senso…

Mi affogherei
e anche se non mi viene
io senza lei
e anche se non c’è miele
mi viene dolce
e penso sempre lo stesso
mi affogherei
ma Valvonauta è l’emblema di un momento adolescenziale, di un’età che si frantuma, di un malessere emotivo che non si capisce e che non si vuole capire. Quanto ce le sentivamo bene nel petto quelle parole e quanto stavamo bene a gridarle sotto il palco durante i primi concerti, senza curarci del fatto che stavamo assistendo all’inizio della carriera di una grande band?
Un inizio, come racconta Paogo Ameschi, strano e imbarazzante: “Ricordo ancora molto bene il momento in cui Konta, compagno al liceo scientifico, mi fece vedere quel cd con quella strana copertina. Verdena? E chi cazzo sono? Ma lui era il mio spacciatore di sonorità rock, come io lo ero di sonorità elettroniche per lui, e ci fidavamo ciecamente sulle scoperte l’uno dell’altro. Il primo ascolto fu stranissimo, imbarazzante, gli dissi che non capivo quello che dicevano, mi sembrava inglese e lui mi disse che era italiano, non riuscivo ad interiorizzare completamente, ma comprendevo che il messaggio era proprio questo. Quel cd l’ho copiato in cassetta perchè 20 anni fa funzionava così, ho disegnato la scritta Verdena sulla copertina. Quella cassetta è ancora lì nella mia cameretta, in mezzo ai Fear Factory, a Fat Of The Land, alla colonna sonora di Spawn, ai Korn. Ma è l’unica cassetta che non si sente più, letteralmente consumata. Riascoltare Valvonauta (e tutto l’album d’esordio dei Verdena) adesso, è un vulcano di ricordi ancora limpidissimi, è come se fossero passati 20 giorni e non 20 anni; penso che sia davvero difficile trovare un brano così iconico negli ultimi 20 anni, e – dato che per me invece quei 20 anni sono passati eccome, mi viene proprio da dire “ma che volete saperne voi diciottenni di oggi”…

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