Notti Brave a Sherwood: Carl Brave + Cimini

sara
Tempo di lettura: 2' min
24 June 2019
Review 4 U

Ancora una volta sotto il palco del festival più valido del patavino

Allo Sherwood Festival di Padova, per l’apertura del tour del ragazzone di Trastevere: Carl Brave.

Apre il concerto il giovane Federico Cimini, il cantautore calabrese trapiantato a Bologna e adottato dalla grande famiglia Garrincha Dischi.
Timido e romantico, con le sue canzoni d’amore, delicate e sentite, i suoi “grazie” commossi, la sua voglia di incontrare il suo pubblico “al bar là sotto” per fare i selfie, ci regala un bel momento di autenticità ed entusiasmo.
Federico, facciamo il tifo per te!

 

E poi, arriva Carlo.
Un metro e novantasei di presenza scenica, ricciolini composti, occhiali arancioni e un’improbabile camicia dai disegni jacquard, a dirci come intende affrontare la serata: più caciara, regà!
Ed è subito un’esplosione di parole e rime che si incatenano l’una all’altra e non ti lasciano più uscire, e un parco pienissimo che canta con lui a squarciagola, parola per parola, come uno scioglilingua.

Salta da una parte all’altra del palco, Carl Brave, e avanti con i suoi brani che ci colpiscono sempre per l'(auto)ironia con cui ci racconta della sua Roma, con un occhio disincantato e autocritico e con un linguaggio verace e quotidiano, fatto di immagini volutamente un po’ comiche e molto poco romanzate.

E ci parla d’amore, ma senza incanto. Di vita, ma senza retorica. Le storie di Carl Brave sono popolate di personaggi simili a macchiette, di relazioni non sempre a lieto fine, ma anche di smartphone, di fraintendimenti divertenti, di serate a bere e di “pali” (ndr due di picche).


Ma, del suo concerto, ci colpisce molto anche il suono.
Carlo lascia a casa gli amici e grandi artisti con cui ha duettato, ma li proietta sul maxi schermo alle sue spalle, a forma di smartphone e sul palco e si esibisce dal vivo con nove musicisti, dalla tromba al sax, dalla batteria alle chitarre, per regalarci un genere nuovo, che non è proprio rap e non è trap, che non è proprio pop ma neanche rock. Che, probabilmente, non si può incasellare in nessuna categoria musicale, tra quelle esistenti ma che si ispira a tutte per farne un qualcosa di molto personale e inedito.

L’ex cestista istrionico e brillante, che ha lasciato lo sport per dedicarsi a studiare e fare musica, dichiara che, proprio dallo sport, ha imparato la disciplina. Disciplina che nel giro di un anno gli ha permesso di sfornare 2 album, già platino (Notti Brave e Notti Brave After), scritti e prodotti nella sua soffitta-studio a Trastevere, dove “non c’è molto spazio ma c’è la magia”.
E noi, questa magia, ieri sera l’abbiamo proprio sentita.

A Ca’, daje. Se non metti l’ultimo, noi non ce ne andiamo!

Words: Sara Bertelli

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