Club To Club Festival – Torino – Facciamo il punto della situazione.

polpetta
Tempo di lettura: 3' min
11 November 2015
Save The Date

A Torino la settimana scorsa si è consumata la quindicesima edizione di quello che si può ormai definire uno dei festival europei più importanti per la musica elettronica, da club e non; un programma ricchissimo sviluppato su 5 giorni, da mercoledì a domenica, che ha coinvolto i volti più noti della scena elettronica contemporanea e le nuove leve che hanno trovato in C2C una grande opportunità per farsi conoscere.

Il festival è partito mercoledì 4 novembre con la performance di Apparat nella splendida cornice del conservatorio Giuseppe Verdi situato in via Mazzini, qui l’artista tedesco ha presentato il suo nuovo show “Soundtracks Live” con una band di quattro elementi e due artisti che si occupavano della parte video in presa diretta, servendosi di una lavagna luminosa e una particolare rielaborazione software. Concerto sviluppatosi prevalentemente in due ambiti, uno quasi neoclassico e l’altro con una vena più industrial, è risultato in realtà un mix un po’ confuso e a mio avviso un po’ privo di identità, ciononostante i suoni si accompagnavano egregiamente alle immagini quindi nel complesso è uno spettacolo interessante.
Il secondo giorno, dopo un pellegrinaggio estremamente turistico ed estenuante per le strade di Torino alla ricerca di negozi di dischi, inizia la trepidazione per quello che personalmente era tra gli ospiti più attesi del festival. Al Teatro Carignano stava per andare in scena il debutto nazionale del live di Floating Points, a mezzanotte e trenta infatti (momento in cui il suo album di debutto Elaenia viene pubblicato) sarebbe salito sul palco con una band di undici elementi per presentare il suo, lasciatemi dire, capolavoretto. La serata sarebbe poi proseguita al Lingotto con Sophie + QT e Mumdance x Novelist, ma la stanchezza ha preso il sopravvento e mi ha costretto alla magione

L’organizzazione della due giorni al Lingotto era millesimale, tutto preparato e gestito alla perfezione, timetable (quasi) sempre rispettata, impianto di qualità che permetteva di sentire come si deve anche in fondo alla sala, al bar quasi mai affrontato fila, (non si può dire lo stesso per i bagni, certe sofferenze sono indimenticabili).

Arrivo alle 20:30 di venerdì per assistere al live di Holly Herndon, contemporaneità assoluta, il vortice ipnotico e psichico di Carter Tutti Void e dei Battles che hanno spaccato davvero, Four Tet che per accontentare un po’ tutti ha dovuto giocarsela praticamente tutta in cassa in quattro, rendendo abbastanza anonimo e prevedibile lo spettacolo. L’ospite più atteso della serata sarebbe stato Thom Yorke, la sala era gremita, qualche minuto di ritardo per allestire il palco, e il frontman dei Radiohead poco dopo avrebbe suonato per circa un’ora e trenta i brani di The Eraser, degli Atoms for Peace e Tomorrow’s Modern Boxes. Tutto questo l’ho sentito per circa 20 minuti, mercoledì 11 novembre 2015 dopodiché ho deciso di dirigermi nella sala della Red Bull Music Academy, per sentire la chiusura di Anthony Naples e il live di Todd Terje, che con “sommo dispiacere” ho potuto apprezzare nella versione light, senza band, credo di non aver mai sudato così tanto per ballare la felicità distribuita dal norvegese, live che ho dovuto a sua volta abbandonare per assistere a quello che credevo fosse un live, scoprendo poi che sarebbe stato un dj set, di Jamie XX, in cui a snocciolato del funk, della disco, del 2step e del drum and bass, dopodiché con le gambe distrutte e una stanchezza singolare, mi dirigo alla metro con un sorriso abbastanza pronunciato.

Sabato me la prendo sensibilmente più comoda e cerco di assemblare i pochi ricordi che ho. Arrivo al Lingotto a mezzanotte, Andy Stott stava cominciando il suo show, è così come lo ricordavo, cupo, aggressivo e tenebroso, tempo di prendere una birra ed è il momento di Nicolas Jaar in dj set, il cileno snocciola groove minimali di suoni organici avviando la danza della pista e prepara la sala al SUO arrivo.
Ci sono poche persone mi entusiasmano così come è in grado di farlo Jeff Mills colonna portante della techno di stampo detroitiano, la sua concretezza, il suo essere sempre con un occhio sul futuro e dedicato a diversi ambiti artistici oltre la scelta di dischi, ha fatto sua l’arte del mixaggio, volta a creare un unico flusso percussivo, futuristico, spaziale e intenso come pochi, un vero professionista.
Ho letto diversi pareri discordanti su questo festival. Personalmente lo ritengo, oltre che tra i festival più importanti in Italia, una grande opportunità di entrare tra i grandi festival europei e, se continua su questa strada, è inevitabile che in un futuro non molto distante arrivi ad essere considerato al pari di Sonar o Melt!. Non vedo l’ora che sia novembre 2016.

WORDS BY ANDREA NOCETTI
PICS BY COSTANTINO BEDIN

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