Ricardo Cavolo rappresenta tutto ciò che è fuori dal comune #Interview

polpetta
Tempo di lettura: 9' min
5 February 2014
Art

Ricardo Cavolo racconta storie di personaggi strani, ispirandosi alla vita quotidiana e alla simbologia dei tatuaggi. Lo conobbi quando vivevo a Madrid, lui lavorava per una agenzia pubblicitaria e pubblicava schizzi nel suo blog. Rimasi colpita dal suo modo di vedere le cose: erano come disegni da bambini, ma per i grandi. Nel giro di pochi anni è diventato un illustratore professionista apprezzato a livello internazionale. Il suo mondo è fatto di fuoco, creature fantastiche e colori forti, caratteristiche che definiscono il suo stile personale e unico, che nasce dalla sua insaziabile sete di novità. All’epoca gli chiesi di disegnare i miei tatuaggi e per questo gli sono particolarmente legata. E’ un amico, un maestro, un gran lavoratore e un Artista con la A maiuscola.

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                                                    © Ricardo Cavolo

Come è cambiata la tua vita da quando hai cominciato il tuo lavoro di illustratore freelance ad oggi?

Bè diciamo che non è cambiata troppo. Continuo a lavorare quasi tutte le ore del giorno e mantengo sempre lo stesso entusiasmo degli inizi.

Anzi adesso che sono riuscito a ottenere ciò che volevo e tutto ciò è diventato realtà, ho ancora più entusiasmo per lasciare che le cose rimangano così. Credo che se ti rilassi e abbassi il ritmo, questo si nota nel risultato finale. E’ vero che ora mi vengono affidati progetti che inizialmente erano più complicati da ottenere, però credo che l’essenziale si mantenga intatto.

Dagli inizi ad oggi hai cambiato diversi stili. Per esempio l’idea di fare disegni anatomici da dove nasce?

Credo sia interessante stare sempre in movimento costante per quanto riguarda lo stile. Non che sia da cambiare spesso, però mi sembra più interessante una carriera professionale se si presentano diversi paesaggi. La cosa interessante è che mentre si cambiano e si evolvono stili differenti, lo spirito si mantiene sempre lo stesso. Ho iniziato con i disegni anatomici perché mi piacciono molto le illustrazioni tecniche e descrittive, di cose irreali nel mio caso.

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Il disegno anatomico sta alla base del tuo libro “El desorganismo de Daniel Johnston”. Parlaci un po’ di questo progetto.

Quando ho scoperto Daniel Johnston mi è arrivato diretto al cuore e ho deciso di rendergli omaggio e allo stesso tempo dimostrargli affetto con un fumetto. Volevo dimostrargli quanto importante fosse stato nella mia carriera.

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Se non sbaglio hai anche incontrato Daniel Johnston di persona. Com’è andata?

Si, ho avuto la possibilità di incontrarlo e chiacchierare con lui. Qualcuno gli ha fatto arrivare notizia del fumetto durante la sua permanenza a Barcellona e anche io mi trovavo lì per il suo concerto. E così Daniel si è messo in contatto con me per chiedermi di vederlo, voleva ringraziarmi di persona per avergli dedicato un fumetto. Mi ha detto che era il più bello che gli avessero mai fatto e che avremmo dovuto lavorare insieme. Così per me si è realizzato un sogno, e vedere che ho provocato tanto entusiasmo in lui è stato il massimo.

Parlaci del tuo processo creativo. Come comincia e come si conclude? 

Il primo passo sta nel dedicare un po’ di tempo alla riflessione. Prima di prendere in mano la matita ho bisogno di avere la storia già chiara nella mia mente. Poi sempre succede che aggiungo modifiche al progetto da cui ero partito, e questo lo rende più divertente, però ho bisogno di una base già pensata. Poi mi dedico a mettere tutto su carta e continuo fino alla fine. Poi come ti dicevo mi piace aggiungere dettagli o cambiare particolari che si rendono necessari mano a mano che cresce il disegno.

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Siccome Polpetta tratta di musica, dicci un po’ da quali generi musicali trai maggiormente ispirazione?

Ascolto un po’ di tutto, dipende dal momento e dalla energia diversa che ha ciascun giorno. Però ascolto soprattutto blues primitivo, country, folk, garage o rap.

Tra i tuoi ultimi lavori troviamo collaborazioni con FC Barcelona. So che sei anche un accanito tifoso, come è andata quando hai saputo che avresti lavorato per loro?

Io adoro il calcio, sono un appassionato. Ho sempre pensato che se non mi fosse riuscito questo mestiere, avrei tentato di fare qualcosa relazionato al calcio. Guardo parecchie partite di tutto il mondo, leggo molto di calcio e sono tifoso del FC Barcelona. Così quando mi hanno chiesto di dipingere i muri dei loro spogliatoi non ci potevo credere. E’ stato uno dei migliori progetti per cui ho lavorato. E soprattutto ho avuto la possibilità di conoscere i giocatori di persona.

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Hai disegnato anche murales per un negozio di Covent Garden a Londra, uno nel centro commerciale Lafayette a Parigi e altri muri in giro per il mondo. Che differenza trovi nell’arte “di strada” rispetto a quella su carta?

Si ho cominciato da un paio d’anni a sviluppare progetti di murales e devo dire che mi fanno impazzire. Voglio farne molti di più. E’ un tipo di lavoro differente rispetto allo stare seduto al tavolo disegnando. Nel murales entri a far parte anche tu del tuo pezzo. Costruisci una storia a grandezza naturale, mentre su carta è tutto più riflessivo. Però mi stregano entrambe, sono fortunato ad aver la possibilità di lavorare in entrambe i modi.

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Quale messaggio vuoi comunicare attraverso i tuoi disegni?

Non pretendo di comunicare un messaggio concreto con il mio lavoro. Cerco più di creare storie di strani personaggi che intrattengano gli spettatori.

Quali sono le maggiori difficoltà per un artista oggi? E se hai qualche consiglio per i giovani artisti.

Non se chiamarle difficoltà. Però per esempio bisogna tenere conto che siamo in molti a cercare di dedicarci a questo mestiere. In principio è buono, perché si genera tutto un universo di persone che fanno cose molto molto interessanti, però allo stesso tempo siamo di più a puntare sugli stessi progetti. Dall’altro lato questa faccenda della crisi serve come scusa a molti affinché si assumano meno illustratori e li si paghi molto male.

Non mi riesce molto bene di dar consigli… Però so che ci sono tre cose che con me hanno funzionato e continuano a farlo: lavorare, lavorare e lavorare. Bisogna stare nello studio a fare cose continuamente, per imparare e produrre talmente tanto che la gente deve rendersi conto di te e della montagna di disegni che stai creando.

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E che fai nel poco tempo libero che ti rimane?

Vado in bici ogni giorno. Andare di paese in paese sul lungomare fa parecchio bene alla mente. E quando riesco a trovare un po’ di tempo mi piace un sacco rilassarmi con i videogiochi. Mi separano completamente dal mondo del disegno e così riposo i neuroni.

Bè a questo punto possiamo dire che ce l’hai fatta, che sei riuscito a realizzare i tuoi sogni? O hai altri sogni nel cassetto?

Diciamo che guadagnarmi da vivere disegnando e dipingendo per me significa realizzare il mio primo sogno professionale. Mi piacerebbe provare anche nel mondo della moda… cominciare con qualcosa di piccolo, però almeno provarci.

Ultima domanda: perché hai lasciato Madrid per Brighton?

Mi è sempre piaciuta molto l’Inghilterra, e nella mia mente sapevo che un giorno ci avrei vissuto. E adesso è il momento giusto. Madrid ha molte cose buone, ma a Brighton sono davvero felice!

B.

 

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 ESPAÑOL

Ricardo Cavolo cuenta historias de personajes raros, trayendo inspiración de la vida de cada día y de la simbologìa de los tatuajes. Lo conocí cuando  viví en Madrid, el trabajaba en una agencia de publicidad y publicaba dibujos en su blog. Fue sorprendida de su manera de ver las cosas: eran dibujos de niños, pero para los grandes. En poco tiempo se volvió en un ilustrador profesional estimado a nivel internacional. Su mondo esta hecho de fuego, criaturas indescriptibles y colores fuertes, características que definen su estilo personal y único, que viene de su incansable sed de conocimiento. Al tiempo pregunté de dibujar mis tatuajes, y por esto soy particularmente aficionada a el. Es un amigo, un maestro, un gran trabajador y un Artista con A mayúscula.

Como ha cambiado tu vida desde cuando empezaste hacer el ilustrador freelance hasta hoy? 

Bueno, cambios no ha habido demasiados. Sigo trabajando casi todas las horas del día. La ilusión la mantengo intacta, o si cabe ahora que veo que es de verdad tengo más ilusión aún por mantenerlo. Y aún vivo con el nervio de tener que sacar el trabajo suficiente cada mes. Creo que si te relajas bajas el ritmo y eso se nota en el resultado final. Sí es verdad que ahora consigo proyectos que al principio quizás serían más complicados de conseguir. Pero creo que lo esencial se mantiene intacto.

Desde el principio cambiaste estilos diferente. Por ejemplo la idea de hacer dibujos anatómico como nació? 

Creo que es interesante estar siempre en movimiento constante respecto al estilo. No digo que haya que cambiarlo cada poco, pero me parece que es más interesante una carrera profesional si se van planteando diferentes paisajes. Lo interesante es que a pesar de ir cambiando y evolucionando estilos haya un espíritu que se mantiene siempre de la misma manera. Lo de los dibujos anatómicos me apeteció porque me gusta mucho esa ilustracin técnica, descriptiva para contar cosas irreales, como era en mi caso.

El sujeto anatomico hestà a là base de tu libro “El desorganismo de Daniel Johnston”. Hablenos de heste proyecto.

Cuando descubrí a Daniel Johnston me llegó directo al corazón y quise hacerle una especie de homenaje  y cariño al mismo tiempo con un comic. Quería rendirle mi culto particular y demostrarle el cariño que le tengo y lo importante que ha sido en mi propia carrera.

Si no equivoco has encontrado Daniel Johnston personalmente? Que pasò ?

Sí, tuve la posibilidad de quedar con él y hablar sobre el cómic. Alguien le hizo llegar el comic mientras él estaba en Barcelona. Yo también estaba allí por un concierto que él iba a hacer. Y Daniel, el día que se marchaba se puso en contacto conmigo para agradecerme en persona que le hubiese dedicado un comic. Me dijo que era lo más bonito que alguien le había hecho, y que deberíamos de trabajar juntos. Fue un sueño cumplido, y comprobar que le hizo tanta ilusión fue ya el máximo.

Como que Polpetta habla de música también, cual es la música de que traes inspiración?

Escucho un poco de todo, dependiendo del momento y de la energía que tenga cada día. Pero suelo escuchar blues primitivo, country, folk, garage o rap.

Como empieza tu proceso creativo y como se acaba?

El primer paso es invertir un rato a pensar. Antes de coger un lápiz necesito tener la historia ya decidida en mi cabeza. Luego siempre añado cambios respecto a lo que pensé, y eso lo hace más entretenido, pero necesito tener una base fundamental ya pensada. Luego ya todo es meterme en el papel y ponerme con ello hasta que termino. Y como te digo, me gusta incorporar cambios o añadir detalles que se me ocurren a medida que voy haciendo la ilustración.

Entre tus últimos trabajos hay una colaboración con FC Barcelona. Se que eres también un aficionado, como fue cuando te han informado que habrías trabajado con ellos?

A mi me encanta el fútbol. De hecho siempre he pensado que si no me hubiese dedicado a esto, quizás hubiese intentado dedicarme a algo relacionado con el fútbol. Veo mucho fútbol de todo el mundo, leo mucho sobre fútbol y soy muy fan del FC Barceolona. Así que cuando me surgió el proyecto de pintar unos murales para ellos ni me lo creía. Ha sido uno de los mejores proyectos en los que he trabajado. Y encima tuve la oportunidad de conocer a los jugadores en persona.

Has dibujado también los muros de una tienda en Convent Garden y también al centro comercial Lafayette en Paris. Que diferencia encuentras en el arte mural o street art y aquella su papel. Cual prefieres?

Sí, desde hace casi dos años he empezado a desarrollar proyectos de murales y he de decir que estoy como loco con ello. De hecho quiero hacer muchos más. Es un tipo de trabajo diferente al de estar sentado en una mesa dibujando. En los murales te metes dentro de la propia pieza. Construyes historias en tamaño natural. Y en el papel es todo más reflexivo, pero con mucho encanto igualmente. La suerte es que disfruto con ambas.

Cual es el mensaje que quieres comunicar a través de tu obras?

No pretendo comunicar un mensaje concreto con mi trabajo. Busco más crear historias que entretengan al espectador.

Cuales son las mayores dificultades de un artista hoy? Y si tienes consejos para los jóvenes artistas?

No sé si llamarlo dificultades. Pero por ejemplo hay que tener en cuenta que somos muchos tratando de dedicarnos a esto. Esto en principio es bueno, porque se genera todo un universo de personas haciendo cosas muy muy interesantes, pero al mismo tiempo somos más optando a los mismos proyectos. Por otro lado esto de la crisis sirve como excusa para que se contraten menos ilustradores y se les pague muy mal.

Lo de dar consejos no se med a muy bien, es como de listillo, jaja… Pero sí sé que hay tres cosas que no fallan, al menos conmigo han funcionado: trabajar, trabajar y trabajar.

Hay que estar haciendo cosas todo el tiempo en tu casa, para aprender y generar tanto tanto que la gente tenga que mirara hacia ti de la montaña de dibujos que estás creando.

Como eres un gran trabajador, que haces en tiempo libre?  

Salgo en bici a diario, que ir de pueblo en pueblo por el paseo marítimo viene muy bien a la cabeza. Y cuando saco algo de tiempo libre me gusta mucho relajarme con los videojuegos. Me sacan completamente del mundo del dibujo y así descanso las neuronas.

Bueno, desde todo esto podemos decir que has conseguido tus sueños? O si tienes otros “sogni nel cassetto” como dijimos en italiano. (o si hay unos proyectos en el que estas trabajando) . 

Desde luego ganarme la vida pintando y dibujando es cumplir mi principal sueño profesional. Me apetece probar también en el mundo de la moda, en plan pequeñito, pero al menos intentarlo.

Ultima pregunta: porque has dejado Madrid para Brighton?  

Siempre me ha gustado Inglaterra mucho, y en mi cabeza tenía que algún día viviría allí. Y ahora era el momento adecuado. Madrid tiene cosas muy buenas, pero En Brighton soy feliz feliz!

B.

 

 

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