ZIP: Classe, conoscenza e… discrezione.

luca-vitale
Tempo di lettura: 3' min
21 January 2016
Il Giovedì di Vith, In primo piano
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Talvolta vengo definito esagerato quando parlo di artisti per i quali provo un amore incondizionato. Eppure non sarebbe un’esagerazione dire che Mr. Thomas Franzmann, o meglio conosciuto come Zip, è uno dei personaggi più influenti del mondo della techno. La sua etichetta, Perlon (di cui in tempi non sospetti vi ho parlato qui ) è stata pionieristica e innovatrice nella Berlino ancora musicalmente acerba dei primi anni ’90, mentre le sue produzioni non solo sono il marchio di fabbrica della label, bensì rappresentano veri e propri statuti di ecletticità ed “escursionismo sonoro” che fanno a capo a tutta la musica elettronica.
Zip, riuscendo a svincolarsi dalle regole imposte del 4/4 (o “pum-cha”, come preferisco chiamarlo volgarmente) miscela suoni e ritmiche totalmente differenti e i risultati sono incredibili.

I suoi dj set, invece, sono famosi in tutto il mondo per la loro capacità di deliziare e disorientare l’ascoltatore allo stesso tempo in club come il Berghain o il Fabric. Vere e proprie istituzioni.

Eppure questa popolarità e rispetto guadagnata in decenni di carriera non hanno mai fatto esporre Zip ai media e alla visione dell’ “industrial-artist” ben cara a pressoché tutti coloro che sono al suo livello. Il suo basso profilo, però, non nasce nel tentativo di costruire una anti-immagine senza volto come per esempio Burial, ma semplicemente una mancanza di relazione con l’industria convenzionale della musica.

Questo è ancora più evidente in un tempo storico dove l’industria della musica tradizionale si trova costretta ad abbracciare il World Wide Web per promuovere, lanciare, creare tendenza e hype attorno alla propria immagine; Zip si rifiuta di riconoscere questo progressismo, questa rivoluzione digitale. Come artista, Zip non ha alcuna presenza sui social networks se non fan pages, il sito web non è aggiornato dal 2007 e non esistono interviste documentate da almeno 8 anni. Ma soprattutto, ha resistito alle tentazioni di digitalizzare il suo catalogo Perlon, pertanto l’unico modo per acquistare un disco di quest’ultima è esclusivamente acquistare il vinile. Come una volta.

Il segreto di questa strategia è mantenere intatte le proprietà delle case discografiche nella loro forma canonica, quella che si riforniva di supporti fonografici in cui erano riposte tutte le loro aspettative e i loro sogni, e talvolta li hanno anche infranti. Ora è molto più facile attraverso gli stores digitali poter rilasciare tracce sul mercato, basta una versione mp3 ed il gioco è fatto. Il business è creato. Zip va oltre: lui innova mantenendo l’autenticità e i valori portanti che hanno fatto evolvere le case discografiche in vere e proprie industrie, ponendosi nella mia personalissima definizione di “artigiano” della musica elettronica in tutto e per tutto.

Il suo essere così anticonvenzionale e visionario ha fatto avvicinare alla sua figura divenuta oramai mistica i nomi più importanti del panorama degli ultimi 20 anni: a partire da Ricardo Villalobos, con cui ha continui “scambi di vedute” nelle consolle di tutto il mondo, a Daniel Bell, Luciano, Tobias Freund, il suo grande amico Sammy Dee, Matthew Dear, A Guy Called Gerald, Richie Hawtin, Carl Craig e in particolare Baby Ford, colui che negli anni 90’ avvicinò Zip al pianeta underground. Questa lista di nomi è indicativa sulla duttilità di questo artista, capace di collaborare con chiunque , qualsiasi essa sia la sua natura musicale.

Stando a quanto sopra, oggi Zip è ovviamente uno degli artisti più discussi e controversi del mondo, ma la sua abnegazione e convinzione dei plinti su cui poggia tutta la sua filosofia di musica alternativa e irregolare ha suscitato la curiosità dei clubbers più acuti. La sua rassegna di parties, Get Perlonized, è uno degli appuntamenti più attesi del venerdi del Panorama Bar, facendo talmente breccia da esportare questo marchio anche in giro per il mondo e non solo a Berlino.

Emblema della serietà e della passione, Zip non è un dj da gingilli sbrilluccicosi o feste incentrate su scenografie mastodontiche e improbabili balletti di fanciulli/e a bordo consolle. E’ un artista solido, concreto, che lascia parlare la Musica. E nient’altro. I suoi riders presentati ai clubs ne sono la prova: senza un soundsystem proprio, un rotary mixer e due giradischi perfetti, Zip non considererà nemmeno lontanamente la richiesta. Altezzoso? Provocatorio ? Niente di tutto ciò. L’amore per il dettaglio, la cura del particolare più angusto, la passione più autentica che viene espressa in musica attraverso le sue mani a dir poco magiche. Senza fronzoli e senza chiacchere. E di questi tempi così dove gli shows verbali e la cura dell’immagine fanno gran parte del successo di un’artista, Zip è la mosca bianca, l’eccezione che conferma la regola, l’ultimo baluardo di una mentalità e di un’apertura verso la musica che non esiste più.

Ma la cosa che mi colpisce in assoluto di più di quest’uomo è il suo sorriso costantemente dipinto sul volto in consolle, anche quando lo incontrai dopo il suo set a Londra durante un Half Baked, al mio pazzo urlo tipo scimmia Cita di Tarzan alla vista così ravvicinata di una tale divinità per me, lui rispose semplicemente con un grande, grandissimo sorriso.

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