TRA TRAGEDIA E CONSAPEVOLEZZA: CHAPEAU, ROMANIA.

luca-vitale
Tempo di lettura: 3' min
12 November 2015
Il Giovedì di Vith, In primo piano

Nel mondo in cui viviamo il club non è solo amore per la musica, divertimento, trasporto emozionale. Talvolta il club diventa il fulcro di farneticazioni da parte dei media che intrecciano il sacro con il profano: Musica e legalità. Musica e droga. Musica e regole.

La disinformazione storpia la realtà, “divide et impera” volendo usare un latinismo, ed è per questo che siamo perennemente costellati di moniti e avvertimenti che danno una connotazione negativa a ciò che dovrebbe essere il luogo più bello del mondo per noi, dove tutti i pensieri quotidiani vengono momentaneamente spenti a favore di una completa immersione nel sound.

In Italia, come ben sapete, siamo i maestri di queste fandonie autodistruttive.

Nel resto del mondo qualcosa è diverso, o perlomeno, è accaduto qualcosa di straordinariamente bello a fronte di notizie terribili. Una tragedia avvenuta in una discoteca ha unito un popolo, nelle strade, nei luoghi di lavoro, nella vita quotidiana di tutti i giorni, senza essere veicolati da dubbie ipotesi propinate da giornali e televisioni le cui parole sono assorbite come veri e propri diktat nel nostro paese, ma facendo in modo che loro stessi fossero perfettamente padroni di loro stessi e delle loro decisioni. Andiamo con ordine.

Il 30 Ottobre a Bucarest in Romania si stava svolgendo un concerto di una band rock all’interno di un famoso club, il Colectiv. L’esibizione prevedeva un gioco di luci mediante l’utilizzo di fuochi artificiali all’interno, e nel momento in cui questo è avvenuto un grossissimo incendio ha avvolto il locale in men che non si dica. 70 persone ancora ricoverate e 50 morti è il bilancio di questa terribile sciagura, la più grande nella storia della città di Bucarest. Cose che, ahimè, possono succedere ovunque. Ma nel momento in cui emerge che il il materiale utilizzato per l’insonorizzazione del club fosse altamente infiammabile e che delle uniche due uscite presente ce ne fosse una completamente chiusa lascia intendere che la gestione della sciagura non sia stata proprio impeccabile. E come se non bastasse, il locale rispettava pochissime norme delle già scarne leggi Romene in materia di svago notturno, fattore che la popolazione ha individuato come principale responsabilità rispetto a tutte le altre.

Alla luce di tutto questo, il Governo è stato messo sotto scacco, reo di non avere mai affrontato il problema della sicurezza nei clubs e trasversalmente di altre piaghe riguardanti la corruzione e illeciti finanziari che sono all’ordine del giorno in Romania. 25000 presenze, le persone stimate al corteo del 3 Novembre a Bucarest, il più grande dal 1990 nel paese, per denunciare le negligenze di un sistema completamente paralizzato al punto di divenire mortale e per chiedere le dimissioni del Premier Ponta, poi puntualmente giunte.

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Cosa c’entra col Giovedi di Vith tutto questo, vi starete chiedendo? Semplice: la nightlife non si è fermata, i locali non sono stati chiusi, le politiche di repressione non hanno troncato la voglia di musica: il forte sgomento si è trasformato in voglia di migliorarsi, di crescere ed imparare da certe disgrazie, e tutto questo si è materializzato nel festival di musica più lungo e ambizioso della storia di tutta Europa: INTERVAL 100.

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Il festival si svolgerà in 6 giorni toccando ben 3 locations della capitale, e la musica non sarà mai fermata. 100 artisti per un totale di circa 380 ore effettive di sound.

Chapeau, Romania.

Perché ? Perché questa risposta è straordinaria. La lingua della musica utilizzata come messaggio di pace, come simbolo di una rinascita di un popolo che non ammette di vedere la propria identità danneggiata da una classe dirigente corrotta e totalmente irrispettosa nei loro confronti, la forza del collettivo che “punta i piedi” e che risolve i problemi, non li enfatizza, non li propaga. Una manifestazione da 10, tecnicamente e socialmente parlando, che in Italia non si sarebbe MAI e poi MAI svolta se fosse successo qualcosa di analogo.

Allora io chiedo a gran voce di prendere esempio da questa gente, a noi, alle istituzioni: in un momento storico nel quale viviamo attorniati di strumenti dissuasivi dalla vera socialità e nel quale c’è una profonda perdita di valori umani la musica è stata una risposta, non certo risolutiva, ma una risposta. E oramai conoscete ciò che penso della sacralità di quest’ultima, della forza che ha di cambiare gli equilibri e di far vertere le attenzioni verso ciò che amiamo, perché la musica è qualcosa legato alla nostra identità, alla nostra storia.

Per questo chiunque legga questo articolo gradirei che riflettesse su questa tragedia, tristemente snobbata da tutte le nostre televisioni o relegate nei trafiletti a scorrimento nei telegiornali. Perché nessuno deve morire in una pista da ballo. Nessuno può toglierci la nostra libertà di ballare. Nessuno può fermare l’onda della musica. Mai.

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