Outlook Festival 2013

cecilia
Tempo di lettura: 2' min
9 September 2013
Festival, Gallery

Outlook festival 2013.

Eccoci.

Arriviamo la mattina presto, dopo un viaggio che dalla Turchia ha tagliato in due i balcani, facendo tappa a Belgrado per un paio di giorni.

L’atmosfera è rarefatta, sembra strano vedere decine se non centinaia di tende e non sentire un rumore, solo il lontano infrangersi delle onde sugli scogli.

Ma è la quiete prima della tempesta, lo sappiamo.

La fauna è tendenzialmente anglosassone: britannici nella maggior parte, ma anche australiani, neozelandesi, canadesi… molti croati e qualche italiano, tedesco e francese, a colorare di accenti diversi la lingua dominante inglese.

Per chi ama la bass la selezione dell’Outlook è come una portata di dolci di cui non ti stancheresti mai, ci sono tutti, nessuno escluso, a rappresentare ogni possibile contaminazione musicale, da Kingston a Baltimora, da Londra a New Delhi, da Bristol a L.A..

Superata l’iniziale sensazione di labirintite, facciamo presto a lasciarci andare sulle onde del mare e sulle onde della musica, i ricordi più caldi per quanto mi riguarda, sono sicuramente i tramonti infuocati durante i Beaches Parties sulle note di Gavlyn, Poetic Death, Radikal Guru e Koreless.

L’immancabile partita di beach soccer tutticontrotutti tra birra e polvere, drink rinfrescanti e facce abbronzate on the mainfloor.

Tutto il resto è un magma informe di luci e suoni, sensazioni e polvere, il labirintico Forte, le numerose sale, che fanno apparire il festival una ricerca non solo sonora ma anche geografica, sempre pronto a stupire.

Potrei elencare i nomi più blasonati di chi si è esibito, soprattutto legati al mondo Hip Hop, ma farei un torto all’amplissima scelta di producer, dj, mc, meno famosi ma comunque pieni di interessante innovazione, strettamente collegata alla contaminazione di cui si parlava prima, matrice del festival.

Dopo aver stilato un’accurata scaletta la cui rispettabilità è durata un paio d’ore (a parte i punti fermi come il live di Andreya Triana e la performance di Pharoahe Monch) ci siamo accorti che il modo migliore che avevamo per assorbire il caos costruttivo del festival era prima “ascoltare” poi “leggere”, ovvero cercare di entrare in una comunicazione empatica con la musica e poi classificarla sulla base del programma (nomi, etichette, provenienza).

Un pò come se fossimo seduti a quel tavolo pieno di dolci che si diceva prima, e con gli occhi bendati assaggiare con un morso tutte le portare, una ad una, e solo dopo averle gustate, chiedere la ricetta.

E’ stata una bella indigestione.

Pics and review by
Raffaello Rossini aka Petti Rouge

 

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