Kerry Chandler e la chiusura di stagione che ricorderemo

Link, Bologna - 30.04 2019

polpetta
Tempo di lettura: 2' min
6 May 2019
Gallery, Review 4 U
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Come ogni anno ci troviamo a salutare la stagione invernale di uno dei nostri club preferiti, certi che la serata sarà memorabile

Arriviamo con calma, coscienti degli orari del club. All’1:00 il dancefloor è scaldato dalle sonorità spinte da Flavio Vecchi e Ricky Montanari, leggende dei club rivieraschi dagli anni ’80. Il suono è cupo e caldo, la loro house, nonostante la carriera trentennale, risulta fresca e accattivante. Il locale è mezzo vuoto, il suono è forte e la scenografia è realizzata con fasci di laser che creano geometrie che seguono il beat. La scaletta prevede, dopo i due romagnoli, una delle colonne dell’house modiale Kerri Chandler, motivo per il quale ci troviamo nel club.

Chandler, originario del New Jersey è cresciuto in una famiglia di jazzisti, capostipite della scena house americana dagli anni 80. Il suo imprinting “deep” è influenzato dischi soul, disco e “garage” del padre, rispettato dj, che accompagna nei set dall’età di 13 anni. Non stupisce infatti che il suo set prevedesse un tastierista a supportare le linee melodiche dei dischi selezionati. Altro dettaglio…non un sintetizzatore qualunque: un Korg stile Trident. L’impostazione del set con uno strumento live amplia di parecchio la gamma sonora dei dischi suonati così da spingere l’idea di un suono chiaro ed eclettico allo stesso tempo: le atmosfere variano da un suono tendente al funk, alla techno più cupa (soprattutto nella prima parte del set) al soul/hip hop contemporaneo, l’intepretazione di “This is America” su tutto.

Il profilo alto della selezione sonora fa volare via il tempo, il locale si riempie, la gente si lascia trasportare dai bassi, ‘Kaoz’ alza l’intensità dei suoi groove, ridefinendo la sua house ad ogni disco. Capita raramente, ad una serata house, di sentire un set tanto variegato quanto curato nei dettagli, in primis la gestione delle dinamiche e del tempo. Alla fine del set la sensazione è quella di aver assistito ad una performance musicale poco inquadrabile. Un’esperienza sonora in cui inzio-sviluppo-fine sono create e gestite dall’artista.

Ultime parole per il Link: encomio all’ennesima prova che clubbing di altissimo livello in Italia si può fare anche senza logiche da festival. Torniamo verso casa all’albeggiare ancora pervasi da una soddisfatta riconoscenza verso chi ha suonato. Stop.

 

Words: Jacopo Mari
Photo: Janine Billy

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