Jun Kimata – Shape of my Voice EP

md-romero
Tempo di lettura: 2' min
17 March 2017
Review 4 U

Unknown
In questo nuovo EP, Jun Kimata, il talento dell’acid di Tokyo, porta la sua idea di musica senza alcun compromesso fondendo sé stesso con la megalopoli giapponese.

Shape of my voice è un EP di rara complessità, profondamente autobiografico e intrecciato con il background dell’autore in maniera indissolubile.

Shape of my voice si apre su Two Billion Light-Years Of Silence, in un tripudio di sonorità industriali acide che introducono l’ascoltatore in scenari cyberpunk vicini alla letteratura di Gibson. Il suono è pulito e profondamente sintetico in un vertiginoso scorrimento con movimenti circolari. Il campionamento vocal con cui Jun sembra pasticciare senza una apparente logica, crea una dissonanza con la base che continua a scorrere indisturbata ricreando la suggestione delle sale giochi di Akihabara, e dell’alienazione asettica che esse portano.

Untitled N°2 cambia totalmente registro. Su un sottofondo di suoni natuali e lignei il vocal mima il suono di campane di tempio Shinto che ricorda il lavoro di Shoji Yamashiro (ed eseguita dai Geinoh Yamashirogumi) per la colonna sonora del film Cult AKIRA di Katsuhiro Otomo. I suoni sono misurati al silenzio e alla quiete naturali che vengono via via disturbate da fiati e distorsioni simili ai rumori radio. La sacralità di templi che si possono trovare a Yoyogi o Ueno, in un’oasi di verde strangolata dall’elettricità della metropoli che avanza ed eventualmente ha la meglio.

In Train Music abbiamo un’altra gustosa variazione di registro. Un pezzo piacevolmente funk e molleggiato che da dinamismo ad una routine scorrevole, uguale a sé stessa e rassicurante. La base viene arricchita da campionamenti per dipingere una stazione ferroviaria. Il vocal ricalca, seppur dicendo una serie di frasi parzialmente fuori contesto, gli annunci che si possono sentire negli snodi ferroviari in maniera quasi ininterrotta mentre il traffico su rotaia e i fiumi di corpi si spostano ordinatamente verso le loro destinazioni in modo non dissimile dal sangue nelle arterie.

Chiude L’EP il remix di Train Music a cura di Andres Aguirre, Spicy Sparacousia. Aguirre decide di deconcettualizzare il brano rendendolo molto più felino e accattivante, accentuando la componente funky lasciando cadere il vocal creando un pezzo efficace e catchy che spinge istintivamente il corpo dell’ascoltatore al movimento, rendendolo l’ideale per l’apertura di qualsiasi set.

Le forme della voce di Jun Kimate sono tre: L’industrialità alienante della digitalizzazione, la tradizione soffocata dalla tecnologia, e la routine trascinante del sistema di trasporti ferroviario, sistema principale e più efficace per spostarsi in qualsiasi parte del Giappone. La voce viene plasmata dalla lingua che si parla, e la lingua viene plasmata e sconvolta dallo sviluppo culturale. Il Giapponese in particolare è una lingua che gradualmente si sta imbastardendo con termini ed idiomi provenienti principalmente dal mondo anglosassone in una vera e propria contaminazione culturale. Kimate ci propone tre cartoline della metropoli di Tokyo, una metropoli elettrica, sintetica e ordinatamente caotica catturandone alla perfezione lo spirito. Il contributo di Andres Aguirre alleggerisce senza svilire il lavoro dell’artista giapponese rendendolo appetibile per il dance floor.

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