Enzo Elia: “Vivere ancora la musica come un oggetto di desiderio.” # Interview

polpetta
Tempo di lettura: 5' min
6 September 2013
Interviste

Lui è Enzo (Enzino) Elia, musicista di professione ma soprattutto per passione.
Vive a Berlino da anni e porta avanti diversi progetti paralleli, tutti tremendamente interessanti; le produzioni per Hell Yeah!, il collettivo Balearic Gabba Sound System, il progetto disco/soul/boogie El Freakadell.

L’abbiamo incontrato a Berlino, durante una sua serata al Crack Bellmer, disco pub dove il Dj lo paghi tu con il tuo primo cocktail, che si paga un euro in più (geniale!).

Abbiamo avuto il piacere di ascoltare la sua bella musica, mentre qui vi lasciamo alle sue belle parole.

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Cosa ti ha spinto a trasferirti a Berlino? 

La decisione di trasferirmi a Berlino è stata in parte casuale; nel 2008 realizzai un remix per Oliver Koletzki & Roland Clark, pubblicato sulla italianissima Hell Yeah.
Questo brano e qualche altra release, finirono nella playlist di alcuni dj di spicco della scena berlinese e in quegli anni la scena musicale tedesca catalizzava l’attenzione del mercato discografico e del clubbing, in maniera totalizzante. Tutto questo mi insospettiva ed incuriosiva allo stesso tempo.
Pur non essendo particolarmente affascinato dalla “Berlin Calling mania” decisi di intraprendere questa avventura, senza particolari aspettative.

So che hai studiato musica all’università di Bologna. Come ti sei trovato, intendo a livello di studi e di città?  

Il mio percorso di studi è stato sicuramente formativo. Non potrei mai dimenticare la prima volta che nel corso di un seminario ho ascoltato un concerto di Luciano Berio.
Allora non avevo assolutamente idea di come potesse suonare l’esecuzione di una sequenza incentrata sulla totale rinuncia alla tonalità. Fu un’esperienza molto singolare, grazie alla quale ho capito e apprezzato il valore della Concettualità in Musica.
Uno dei ricordi più belli, della mia esperienza da studente.

Bologna rimane sempre una città culturalmente fertile, piena di giovani e di entusiasmo.

Ritengo che sia la città ideale per chi ha intenzione di colmare la propria sete di infinito.

Vorrei chiudere questa piccola parentesi legata al mio trascorso Bolognese, con un sentito ringraziamento a Dino Angioletti e i PastaBoys. Grazie a loro ho realmente imparato significato e significante della parola DJ.

 E’ in questo periodo che hai conosciuto i ragazzi di Hell Yeah? Come hai cominciato a lavorare con loro?  

Nel 2005 conobbi il Manager di Hell Yeah, Marco Gallerani aka Marco Peedoo Gallerani, negli studi dell’ Expanded Music, dove allora lavorava come A&R. Con lui ho condiviso interminabili sessioni d’ascolto e scambio di opinioni e grazie al suo interesse, ho avuto la possibilità concreta di iniziare a pubblicare i miei primi dischi con continuità, su “YoungoDds” una sorta di “palestra per giovani leve” di casa Expanded.
La condivisione di una passione e il rispetto che nutrivo e nutro nei confronti di Marco, ha generato una particolare sinergia, che ha dato vita a tutto quello che ancora oggi quotidianamente portiamo avanti insieme.
Credo che; nel mio lavoro, uno degli aspetti più ricchi, ma anche più raro, sia il sano confronto con i miei colleghi.

Trovo il lavoro di  Hell Yeah: ed il suo “entourage” artistico, una realtà ricca e stimolante, lontana da aspetti come la competizione e il “divismo”.

Pura e sana voglia di fare musica, e a volte molto coraggio nel proporre quello che detta la “pancia” e non il mercato.

Che tipo di musica facevi all’epoca? 

Difficile da dire. Ho sempre comprato dischi che muovevano qualcosa in me.

Spaziavo dal gusto “dubtech” della “Community Recordings” all’ house americana della “Ibadan” o gli edit di Serge Santiàgo su “Arcobaleno” fino ad arrivare alla Techno Detroit.

Sei un collezionista di vinili da molti anni, quali sono i dischi a cui tieni di più? 

Per certo, quelli che non ho ancora comprato, perché troppo costosi.
Oppure qualsiasi disco al quale ho legato un particolare ricordo di una bella serata.

Siccome sei molto legato alla musica del passato in un certo senso, quali artisti “nuovi” si avvicinano di più alla tua idea di musica?

Nessuno in particolare, o forse più di 100. Non uso fare molta distinzione tra passato e presente; oggi per esempio, ho acquistato l’ultimo lavoro della “Perlon” e dopo qualche ora un disco Krautrock del 1985, mentre il giorno prima una’eclettica e interessante raccolta di Edit giunta alla terza serie chiamata: Enzino’s.

Questa irregolare visione d’insieme rende più avvincente  la mia ricerca.

Nella tua biografia citi una frase di Milan Kundera “The degree of slowness is directly proportional to the intensity of memory.” A cosa ti riferisci? 

Credo che questa sia la frase più bella di tutto l’intero libro: Slowness. Viviamo in un’epoca di grande velocità in senso lato. Ma nel contempo esistono gradi di comunicazione capaci di “sedimentare” e dare frutti nel tempo.

Credo che l’essenza di questo pensiero ha una forte attinenza, con il mio personale approccio alla musica che suono e produco.

La scena musicale elettronica si evolve molto velocemente al giorno d’oggi, qual’è il tuo pensiero a proposito?

Purtroppo oggi nella frenetica evoluzione della musica elettronica, raramente emergono intuizioni dal gusto indelebile.

Sono particolarmente affascinato dalla capacità di narrare qualcosa attraverso la musica.

Vivo ancora la musica come un oggetto di desiderio.

Ho sempre scoperto artisti e dischi interessanti, frequentando appassionati e collezionisti di vinile, che mi hanno trasmesso questa passione solco dopo solco.

Tale pratica, quella dell’ascolto e della ricerca, necessita tempo e calma.

Colori, foto, odore di colla delle copertine, pelle d’oca da ricordi, grafiche sbiadite e lo scricchiolio dei graffi: sono difficilmente racchiudibili in un Hard Disk.

Dopo Hell Yeah! sei entrato a far parte del gruppo Balearic Gabba SS. Parlaci un po’ del gruppo, come è nato e quali sono i vostri scopi. 

Il Balearic Gabba Sound System è nato da una idea di Marco Gallerani.

Trattasi di un piccolo collettivo, di dj motivati dalla comune passione per la musica, nell’accezione più ampia del termine.

Il nostro scopo, o forse sarebbe più corretto dire la nostra esigenza, è quella di proporre la musica che ci piace seguendo  un’empirica anarchia stilistica.

Questa logica conferisce ai set del Balearic Gabba Sound System, uno stile eterogeneo che sposa perfettamente con il nostro background e con lo spirito della nostra ricerca musicale.

A questa comunione d’intenti si è aggiunta la possibilità di Re-editare alcuni brani “Italo House 90”del catalogo Expanded Music.

Con incontenibile entusiasmo quindi, mi sono trovato a reinterpretare molti dei brani che all’età di 14 anni hanno sonorizzato i miei primi passi come Dj.

La serie di edits per Balearic Gabba è giunto al 5° capitolo… Quest’ultima, parte delle uscite precedenti e alcuni inediti saranno incluse in una raccolta “the final chop”.

Alla fine dell’estate inoltre uscirà “Music For Balearic Gabba Dreams” per “Music For Dreams” etichetta del Guru Balearic Kenneth Bager, di cui ho remixato il prossimo singolo “Follow The beat”

Io e Marco/Peedoo rappresenteremo il Balearic Gabba Sound System dj set al Cafè Mambo di Ibiza il tre di Agosto.

Stai lavorando a qualcosa al momento? 

Ho appena ultimato il mio prossimo singolo che uscirà tra qualche mese su Hell Yeah, con la collaborazione del trio jazz “3io”.

A breve spero di finire il nuovo El Freakadell (Frikadellen a Berlino sta per polpette) progetto disco/soul/boogie realizzato a quattro mani con Roskow Kretschmann.

Mentre da qualche mese ho iniziato una stimolante collaborazione, con Florian Meindl, che sono sicuro porterà ottimi frutti.

Quali sono le maggiori difficoltà nella carriera di Dj/produttore? 

Credo che la difficoltà maggiore sia l’attesa.

Attendere che la propria competenza raggiunga un livello di maturazione tale da divenire una professione.

Dato che vivi a Berlino, qual’è il club che preferisci? E cosa ci consiglieresti di vedere della capitale? Arte moderna, bar, i luoghi che preferisci e che frequenti più spesso. 

Uno dei Club che preferisco è Wilde Renate, location alternativa e in continua evoluzione.

Nel quartiere di Neukolln, si trova un piccolo villaggio storico chiamato Rixdorf. In Bohmische Platz trovate Barini NK. Un delizioso caffè ristorante, ci sono buone probabilità di trovarmi al tavolo 2.

La programmazione della fondazione fotografica C/O Gallery in Hardenbergstr è sempre in grado di garantire immagini memorabili.

Al momento trovo molto interessante, il lavoro dell’artista Gemis Luciani.

Visitare il suo studio privato, è un singolare viaggio attraverso la sensibilità delle forme.

Grazie Enzo!

Grazie Polpetta Mag, per il vostro interesse e per il prezioso lavoro che con passione portate avanti.

B.

 

 

 

 

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