The Djoon Experience Festival 2019 – Buon compleanno Djoon

tms
Tempo di lettura: 5' min
16 July 2019
News
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Anche quest’anno siamo stati a Favignana per vivere e raccontare uno dei festival estivi più incredibili, giunto alla sua quinta edizione: dalla Francia con furore, The Djoon Experience.

In tutta la mia esperienza di consumatore di musica live e carriera di fotografo raramente mi sono trovato in difficoltà nel raccontare una festa o un festival. Ma non sempre viene facile trasportare le emozioni in parole e in fotografie e quest’anno, al Djoon Experience, è stato difficilissimo.

“Grazie” anche alle difficoltà nei collegamenti, Favignana ha conservato intatto il suo fascino, il suo essere selvaggia, ricca di diversità. E l’impatto con l’isola quando si arriva è sempre forte, a tal punto che, come lo scorso anno,  scendendo dall’aliscafo, posato il primo piede sulla terra ferma, respirata la prima boccata d’aria, un anno di stanchezza è volato via.

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Dato che l’organizzazione ha volutamente spostato la location principale del festival allo stabilimento Florio, per rendere più “accessibile” l’esperienza, ho deciso di noleggiarmi una bicicletta per vedere con un occhio più “lento” l’isola. E devo dire che è stato ancora più bello rispetto allo scorso anno, quando per necessità ho dovuto noleggiare una moto: a differenza di allora ho avuto il tempo per assaporare quei dettagli che la “velocità” non mi aveva fatto notare.

Il primo giorno del Djoon Experience si è aperto con una festa nei locali in centro paese: Francesco Samperi, Vandel e Naska hanno iniziato il “warm up” del festival, che poi è proseguito con un sunset party alla “Costa”, un locale che si snoda su un tratto di scogli, subito dopo Lido Burrone. Vi posso garantire che il tragitto è stato mozzafiato: percorrere 4 km di strada che costeggia il mare con il profumo di Favignana nei polmoni è unico.

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Alla Costa il set di Boddi Satva, tra gli headliner, è stato veramente potente, con le tante persone che hanno fatto festa ben oltre il tramonto che scendeva mentre il dj sudafricano bombardava la folla con dischi afro house atomici.

Dopo il sunset party, siamo tornati in paese giusto in tempo per mangiare un arancina (spero di averlo scritto bene, perché come sapete sulla pronuncia esistono scuole di pensiero diverse) e assistere nei locali agli show di Sapajou, Make it Deep, Agesilas, e dei The Scientists Of sound (TSOS): un duo siciliano che ha letteralmente fatto impazzire la gente che ballava dentro e fuori dai locali.

La giornata si è conclusa con il botto, a Lido Radangia (per i profani è sul versante opposto rispetto a Lido Burrone): dopo l’apertura dell’amico Sebastian, prima Demuja e poi Jamie 3:26 hanno fatto ballare fino a tarda notte le tante persone che si erano spostate per terminare il primo di quattro atti di un’opera fantastica.

Secondo giorno: risveglio traumatico ma la giornata  non mi ha lasciato molto tempo per pensare alla stanchezza: alle 12.30 il primo boat party è salpato dal porto, facendo rotta verso Levanzo, e qui c’è stata la prima sorpresa del festival, che ha introdotto per la prima volta lo showcase di una costola del Djoon Club: Ancestral.

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Ancestral è una famiglia allargata di 61 Dj internazionali, nata dal genio creativo del club parigino, unito all’estro di Boddi Satva, e, dalla sua fondazione, questo vero e proprio movimento musicalen underground si sta trasformando anche in una piattaforma culturale, con all’attivo eventi a livello planetario.

Per rappresentare il periodo “ancestrale” ma anche il futuro dell’afro house hanno suonato per 6 ore no stop Djeff, Ivan Diaz e lo stesso cofounder Satva, accompagnati da Cristian Vinci, percussionista che non ha bisogno di presentazioni.

Mad la giornata era solo all’inizio, infatti dopo aver mangiato l’ennesima arancina, dopo e tre ore di dj set tutto sorrisi e bombe a mano tra i locali dell’isola, lo Stabilimento Florio ha aperto le sue porte: passato l’ingresso, nel giardino si apriva la prima parte della mostra dedicata al mare, proseguendo poi nel giardino centrale, dove erano esposte le opere di Francesco Casolari per TerraSonora.

Come anticipato qualche news fa, questo festival ha fatto suo non solo il tema della sostenibilità ambientale (la scelta di avvicinare la paese il main stage del festival, ha fatto si che tutti si potessero spostare comodamente in bici), ma si è voluta dare attenzione anche al tema dell’inquinamento dei mari e quale forma migliore se non l’arte? Inoltre, per limitare, se non eliminare il consumo di plastica monouso all’interno di un festival che muove 2.500 persone , il 100% dei drink consumati non solo nel mainstage, ma in tutti gli stage dell’isola(barche comprese) sono stati utilizzati i bicchieri in silicone alimentare intelligenti e soprattutto riutilizzabili all’infinito.

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Tornando all’aspetto ludico del festival, il main stage che mi si è aperto davanti non ha nulla da invidiare al Dekmantel,  ad altri “big events”: un’area che una volta era una fabbrica di tonno in conserva è stata trasformata per l’occasione in una bolgia di colori e proiezioni, che hanno fatto da contorno alla festa che si è chiusa alle 5 di mattina a suon di Soulful House.

Giusto per salutare il terzo e purtroppo ultimo giorno di festival, ho iniziato la giornata con un nuovo boat party, dove grazie a Luca Vivona, Jus-Ed e Vandel ho trascorso 5 ore insieme ad altre 60 persone senza mai fermarmi un attimo: soulful house, afro house e re-edit di grandi classici disco da perdere la testa dall’inizio alla fine della festa, con giusto una pausa per fare due tuffi in acqua.

Nel tentativo di recuperare le forze, al termine del Boat Party, mi sono diretto alle piscine romane, l’unica location del festival che ancora non avevo visto: un anfiteatro naturale creato dal mare, con piscine di acqua marina di diversa profondità, semplicemente unico nel suo genere.

Dopo una pausa, è stata la volta del sunset party alla costa, e poi l’atto con cui è culminato il festival: nel mainstage in tonnara 4 dj hanno letteralmente fatto esplodere la festa.

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Per primo Alex De Ponti, il quale a dispetto dei principali headliner ha caricato i 1500 presenti, per poi passare il testimone a Greg Gautier, uno degli storici resident del club parigino Djoon, che ha incendiato il pubblico, facendo saltare anche i sassi (dalle mie parti si dice così), per poi affidare la scena a Rich Medina.

Il gotha americano dell’house, è stato non solo all’altezza delle aspettative, le ha decisamente incenerite: un viaggio di un’ora mezza nella storia passata e presente dell’house music a suon di re edit e suoi singoli, con questo gigante dallo sguardo buono, che se la ballava insieme al festival e all’isola in generale.

Peccato per l’assenza di Amp Fiddler per motivi personali, e per l’inesorabile fine del Djoon Experience 2019, arrivata dopo la chiusura di Afshin.

Giusto il tempo di un pranzo a base di caponata e pasta alla norma, e ho dovuto salutare l’isola. Ma non vi preoccupate, il count down per il prossimo anno è già iniziato!

Grazie a tutti, ci vediamo alla prossima review.

TMS

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