Vancouver, New York, Milano: il filo conduttore si chiama Bob Moses
“Sull’evento c’è scritto che la serata inizia alle 22 ma secondo me fino a mezzanotte non iniziano. Ti raccatto dopo cena, verso le 22, ci beviamo una roba e poi andiamo”.
Il bello dei live in Italia è che è tutta un’interpretazione degli orari e di trovare modi creativi di incastrare organizzazione e attesa; l’importante è potersi svegliare tardi il giorno dopo. Questioni di libertà, insomma. Forse sapere che tutto andrà come previsto ci fa sentire limitati.
Alle 23:15 arriva Sara e andiamo a bere qualcosa al Bar Bah per goderci Isola un altro po’, che tanto sappiamo che è ancora presto.
Il Tunnel è vicinissimo quindi ce la prendiamo con calma, anche se c’è un leggero stato di agitazione per la voglia di vedere finalmente live i Bob Moses, duo di origini canadesi che però ha iniziato ad esistere a tutti gli effetti solo su suolo newyorkese; è infatti alla città di New York che si ispira il nome della band (Robert Moses è stato un importante urbanista ed icona americana di inizio Novecento).
Da quando poco più di un paio d’anni fa ho sentito per la prima volta “All In All“, album che contiene alcune fra le tracce più amate dei Bob Moses, almeno dalla sottoscritta (“Far From the Tree” e “All I Want“), ho sognato di potermeli trovare davanti e cantarli e ballarli. E fotografarli, certo.
Il Tunnel è pieno, il live inizia poco dopo essere arrivate; ci facciamo strada decise a raggiungere le prime posizione. DEVO essere vicina per fotografarli, DEVO vedere come muovono le dita sugli strumenti. Un concerto per me non è abbastanza forte se non vedo le espressioni dei musicisti ad una distanza ragionevole.
continua sotto

Partecipa alla conversazione!