Andy K Leland – Happy Daze

md-romero
Tempo di lettura: 3' min
19 September 2017
Review 4 U

La generazione dei nostri padri, all’avvento di quello straordinario e pericoloso strumento che è il Synth, provò un moto di terrore. Il timore era che, alla luce della new wave, la musica analogica sarebbe scomparsa per sempre, inghiottita dal progresso tecnologico. Niente più organicità, niente più composizione classica, niente più rapporto fra uomo, strumento e pubblico. Guardandosi attorno, questa profezia può essere, in quella gabbia dorata che è l’industria del pop, assolutamente realizzata, ma non oltre quei confini.
Agli antipodi di questa realtà abbiamo un mondo che fa dell’organicità la sua vera forza, dove non esistono team di compositori ma eserciti di un solo uomo, a cui basta l’ispirazione, un microfono ed una chitarra per raggiungere un risultato emozionale che rivaleggia l’industria delle major.
Happy Daze, il felice stordimento del musicista Andy K Leland, qui al suo primo Ep da solista dopo aver militato della band My Cruel Goro in qualità di bassista e figura chiave alla composizione, è un album di genere Folk, umano ed emozionale che riporta l’ascoltatore alle origini della musica.
Pubblicato da Mattonella Records, etichetta indie tutta italiana, Happy Daze stupisce per la sua efficace sinteticità. Le sei tracce dell’EP, infatti, non superano in totale i 13 minuti di lunghezza e si dimostrano ampiamente sufficienti per permettere al musicista trentacinquenne di esprimere in maniera ineccepibile tutto il suo essere.
La traccia di apertura, The Kingdom, uscita come singolo il 16 Gennaio 2017, apre Happy Daze in maniera chiarificatrice. The Kingdom è, nella sua lirica sognante, nella sua organicità in Lo-Fi, un manifesto dell’album. Figura e strumento di quest’album è Andy K Leland che racconta sé stesso, si reinterpreta in suggestioni intime con tocchi delicati di chitarra e un cantato giocoso e incantevole. Una performance schietta e pura, quella di Leland che viene reiterata con una continuità armonica in Home Grown Muck, secondo singolo tratto dall’EP uscito il 27 Agosto e i quattro inediti, Bistro Night, Half Dead Dog, Mr. Panic e Farewell. L’album nel suo complesso può essere definito una intima performance dal vivo, infatti nell’EP coesistono due strumenti musicali: La chitarra, con la sua armonia conciliatrice e il corpo di Andy K. Leland. I suoi respiri, i rumori ambientali e il fruscio sulla traccia sono voluti per rendere realismo e fisicità all’opera. Chiudendo gli occhi mentre si ascolta il pezzo, pare di trovarsi a fianco del musicista, in atto di mettere in scena un intimo concerto, frantumando qualsiasi parete ci sia fra ascoltatore ed artista, riportando, quindi la musica al suo scopo originale, alla performance per un pubblico a pochi passi dall’artista, assorto dalle note e rapito dal testo. L’ascoltatore inizia il suo percorso in Happy Daze con interesse, ne viene mesmerizzato quando si chiude Home Grown Muck e inizia ad essere emotivamente coinvolto su Bistro Night e Half Dead Dog tanto che, arrivato al finale di Mr. Panic, dove Leland incita i suoi ascoltatori, viene quasi naturale per l’ascoltatore lasciarsi trasportare e cantare assieme al musicista.
A conti fatti Andy K Leland, nel suo happy Daze, è un album dove ingenuità e sensibilità sono i punti chiave. Siamo davanti alla musica spogliata di tutte le sue sovrastrutture, dove il concept è esclusivamente l’animo del musicista e il suo corpo il principale strumento. La chitarra rimane un mero accompagnamento ritmico. Creare un prodotto così puro e intimo richiede sentimento, passione e coraggio di mettersi a nudo di fronte all’ascoltatore ed è questo il motore che sta decretando il successo della musica indie, motore del quale Andy K Leland dispone a pieno regime.

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