The Chemical Brothers – Born in the echoes

polpetta
Tempo di lettura: 3' min
26 August 2015
Waxview
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Born In Echoes è il nuovo lavoro in studio dei Chemical Brothers

 

È stato un piacevole ritorno quello dei The Chemical Brothers, tanto inaspettato tanto quanto di qualità a mio avviso.
Born In The Echoes arriva dopo 5 anni di quasi silenzio da Further (nel frattempo c’è stata la colonna sonora di Hanna [2011] e l’album live Don’t Think [2012]) e nell’anno dei grandi ritorni (The Prodigy, Leftfield, Groove Armada) questo è il più convincente insieme a quello dei Leftfield.
Dopo più di 20 anni di carriera i chimici hanno ancora una certa capacità di annullare la distanza tra la musica pop e la parte più club, d’altronde è anche loro il merito dell’annientamento del muro che delimitava i rocker duri e puri da una parte e dall’altra i ravers, i clubbers o comunque un pubblico più propenso alle sonorità elettroniche, prima con il big beat (Exit Planet Dust, Dig your own hole), poi con l’electro (Surrender, Come with us, Further), talvolta il pop (Push the button), qualche passo falso (We are the night) ma comunque con una sensibilità singolare che permetteva e permette tuttora la conciliazione di due aspetti fondamentali che sono praticamente onnipresenti nella loro discografia: psichedelia, energia.
La psichedelia è una costante nei dischi dei Chemical, anche in Born in the echoes, passati i quattro brani iniziali (Sometimes i feel so deserted, Go, Under neon lights, EML Ritual) che consistono di 2 brani electro potentissimi, un viaggio piuttosto acido con St. Vincent alla voce e un super singolo da classifica (con il ritorno di Q-Tip degli A Tribe Called Quest, già visto in Galvanize, altro singolino), il disco alterna uno dopo l’altro, legandosi abbastanza bene, brani energici con trip sconvolgenti.
I’ll see you there che ad un primo ascolto mi ha rimandato piacevolmente a The Private Psychedelic Reel (che è comunque di un altro sistema solare) è la giusta pausa dopo una prima parte decisamente energica.
Just Bang e Reflexion invece sono in grado di riportarti in mezzo alla folla con un beat che funziona, la prima è quasi tribale e asciutta, più diretta come dice anche il titolo, la seconda invece è più veloce, frenetica e psichedelica, più ricca di suoni e in grado di trasportarti attraverso queste caratteristiche in una piacevole estasi. L’inquieta Taste of Honey, lenta e tenebrosa è l’unica traccia che trovo scollegata dal resto dell’album. La title track con Cate Le Bon mantiene l’inquietudine del brano precedente ma con più dinamicità ed energia.
La doppia finale è da pelle d’oca Radiate è un brano à la Spiritualized, beat-less, un crescendo continuo e a tratti piuttosto aulico che esplode in un wall of sound di sintetizzatori che lentamente si spegne introducendo Wide Open il brano di chiusura  insieme a Beck, arioso, malinconico e indubbiamente la collaborazione più preziosa all’interno dell’album, quella che ti fa abbracciare tutti e dimenticare la cattiveria sentita pochi brani prima.

Con i The Chemical Brothers ci sono praticamente cresciuto e ritrovarli dopo più di vent’anni di carriera ancora così pieni di cose da dire è una cosa che mi fa sperare in tanti altri dischi così, altri show a cui partecipare (quello che stanno portando ora in giro per il mondo ve lo consiglio) e magari qualche Electronic Battle Weapon che non guasta mai.
Born in The Echoes non è un compitino per un duo che ormai ha già fatto la sua storia, bensì un ottimo mettersi alla prova con lo stesso approccio di sempre, un po’ club, un po’ pop ma sempre divertente.

 

Tracklist:
1. Sometimes I Feel So Deserted
2. Go
3. Under Neon Lights
4. EML Ritual
5. I’ll See You There
6. Just Bang
7. Reflexion
8. Taste of Honey
9. Born in the Echoes
10. Radiate
11. Wide Open
chemical brothers born in echoes

Virgin EMI Records, 2015

 

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