PVP – Massive Attack: Teardrop

md-romero
Tempo di lettura: 3' min
18 January 2017
POLPETTA VIDEO PASSION
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Teardrop è stato uno dei brani e videoclip più influenti di fine millennio, un’influenza silenziosa e sottocutanea, spesso attribuita al più famoso feto Kubrickiano

Ci sono brani che, dal momento della loro uscita, sono stati inseriti in ogni possibile contesto, usati ed abusati nonostante la loro stessa natura imponga loro di rimanere materiale di nicchia. L’ascoltatore medio ne riconosce l’arpeggio, il sound, il vocal e lo associa automaticamente al Media in cui è stato inserito, molto spesso, senza conoscere il nome o la natura del brano.

Un caso lampante di questo tipo di estraniazione è Teardrop dei Massive Attack.

Singolo facente parte di quel massiccio capolavoro chiamato Mezzanine, altresì conosciuto come il miglior album da ascoltare durante il sesso, Teardrop, assieme a Invisible Girl e Man Next Door è uno dei pezzi distensivi in un album Trip Hop dai toni oscuri e sotterranei. I vocal cristallini e angelici di Elizabeth Frazer si sposano perfettamente e indissolubilmente con la ritmica drum bass del tutto simile a quella di Sometimes I Cry di Les McCann. La canzone è rassicurante, avvolgente, la sensazione è quella di essere avvolti da calore umano, materno.

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Massive Attack Teardrop

Walter Stern, regista di videoclip con una grande esperienza nel panorama elettronico (sono suoi molti videoclip dei The Prodigy), riprende questa suggestione, unita alla ritmica cardiaca, per mettere in scena un ventre materno, in cui un feto prossimo alla fine dello sviluppo, canta e si muove. Dal momento in cui apre gli occhi, il non ancora nato, inizia a provare timore e curiosità verso l’ambiente circostante, spesso si aggrappa al cordone ombelicale in cerca di sicurezza dalle luci esterne, dall’ignoto all’esterno del corpo materno.

Il protagonista assoluto del video è il corpo, oltre i suoi confini, il mondo stesso è obliato, ridotto a luci che si intravedono oltre la carne. Immediatamente viene ovvio affermare di immagine che parla del miracolo della vita, della nascita. Niente di più sbagliato e superficiale. Il bimbo non è sereno. L’esterno lo spaventa, lo inquieta. Non c’è nulla di meraviglioso nel nascere e vivere, solo luci accecanti e inquietante oscurità.

Il corpo materno è una nicchia sicura ma precaria, dal momento che la madre affronta il mondo esterno prendendosi l’onere di proteggere la vita al suo interno, del tutto ignara di quello che può esistere al di fuori del liquido amniotico.  Il video termina senza una conclusione. Non c’è nascita né sconvolgimenti, non ci è dato sapere quale sia il destino della creatura, ci viene solo lasciato intendere che il feto tema ciò che c’è oltre l’utero, quel mondo che finora ha potuto solo intuire dal contatto con la madre.

Il video combina un modellino in plastica animato con CGI, la telecamera si muove in una torbida riproduzione del liquido amniotico attorno al feto passando da primissimi piani a carrellate indietro in uno stile di montaggio ad ampio respiro, posato e leggero. Lo stesso ventre materno è vasto, ampio e pieno di angoli bui. La materia che galleggia nel liquido amniotico che il feto guarda con curiosità, genera una sensazione di sporco, di contaminazione, di ansia che crea un contrasto elegante e sottocutaneo con il brano.

Non è un caso che Teardrop per molti si identifichi come “la canzone di Dottor House”

Prima di procedere è necessario fugare il paragone ovvio: Il nascituro di Teardrop non ha nulla da spartire con il feto cosmico di 2001 – A  Space Odyssey. Si tratta di una creatura rachitica, debole e spaurita, è una creatura terrestre ed escatologica che ha generato un tipo differente di omaggi e citazioni. Il brano e il video stesso, dal lontano 1998, sono stati oggetto, in maniera più o meno paracula, di riutilizzi e rimaneggiamenti. Teardrop, infatti, è stato utilizzato (privo del vocal nell’edizione italiana per motivi di Copyright) come sigla della serie tv House MD (Dottor House in Italia) e del videogame Assassin’s Creed, nonché in moltissimi spot. Stessa sorte è toccata al video in maniera più o meno esplicita.

Non è un caso che Teardrop per molti si identifichi come “la canzone di Dottor House” (Sorte simile subita da Angel, brano di apertura di Mezzanine che è stato usato in maniera massiccia per svariate pubblicità di profumi maschili). Ultimo caso eclatante, che ha suscitato diverse polemiche è lo spot di Sanremo 2017 in cui tre feti cantano a cappella Non ho L’età di Gigliola Cinquetti, nel ventre materno. Mettendo il video originale di Stern e lo spot Rai a confronto si può vedere come venga ripreso il beat cardiaco e alcune pose dei neonascituri in un tripudio di pessima CGI e cattivo gusto sul quale non è necessario soffermarsi.

Teardrop è stato uno dei brani e videoclip più influenti di fine millennio, un’influenza silenziosa e sottocutanea, spesso attribuita al più famoso feto Kubrickiano, anche per aver mostrato un ventre materno tutt’altro che stilizzato o patinato in un video minimalista e concettuale che sconvolge per la sua schiettezza e la sua visceralità rasentando il disturbante.

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