PVP – MAJOR TOM: la legenda dell’austronauta di DAVID BOWIE. Parte 2.

md-romero
Tempo di lettura: 6' min
11 January 2017
In primo piano, POLPETTA VIDEO PASSION
Clicca qui per pulire l'area di disegno

Major Tom è stato abbandonato al suo destino e alla sua follia sul suo pianeta ai limiti del cosmo. Non è altro che un lontano ricordo. Irrompe però in un frangente molto emblematico di quel capolavoro inimitabile che è 1.Outside, concept album oscuro e contorto che racconta dell’omicidio rituale artistico della giovane Baby Grace Blue da parte dell’artista minotauro, e le indagini di Nathan Adler in una New Oxford Town distopica (scrive Nathan Adler “It was art alright but was it murder?”).

Bowie in questo album indossa le maschere di diverse personalità creando uno scenario fra Burroughs, Gibson e Dick. È alla traccia seguente alla registrazione delle ultime parole di Baby Grace Blue (…And I think, something is going to be horrid) appena prima del suo omicidio, che con una furia esplosiva e rabbiosa ritorna Major Tom. La traccia è Hallo Spaceboy (per la tradizione Burroughsiana è interessante storpiare la prima parola in Hallow, santo , Halo, aureaola, Hollow, vuoto e via dicendo) e Tom non riconosce più il suo mondo, nessun mondo. È confuso, assonnato forse, è una figura statica ed imperitura, vorrebbe essere libero ma è cosciente dopo tutto questo tempo del significato della parola Libero? Tom maledice l’ascoltatore “The moon dust will cover you”.

Il già sopra citato Hideo Kojima ha omaggiato questo Major Tom sconvolto, confuso e furibondo con il personaggio di The Fury, astronauta la cui navetta,al rientro nell’atmosfera per un malfunzionamento, è stata avvolta dalle fiamme. La visione del mondo dall’oblò avvolto dalle fiamme lo ha segnato e reso folle. Il già difficile da interpretare 1.Outside trova nella criptica e violenta versione di Major Tom una miriade di possibili interpretazioni. Quella data sopra è inerente alla traccia singola, nel contesto dell’album la furia di Tom può essere vista come una manifestazione dell’omicidio di Baby Grace Blue, descritto nei minimi dettagli nel booklet dell’album. E il video?

Il video di Hallo Spaceboy porta una versione alternativa della track in questione. Il pezzo, uscito come singolo remixato dai Pet Shop Boys (in veste di attori e vocalist assieme a Bowie) si discosta totalmente dagli altri singoli di 1.Outside tramutati in videoclip (diretti da Samuel Bayer e attinenti alla storia dell’album) preferendo un look più patinato e autoreferenziale.

Vediamo Bowie cantare aggrappato al microfono mentre prega di poter essere libero (do you wanna be free? Cantano i Pet Shop Boys Yes I wanna Be Free risponde in maniera struggente Bowie) Il video oltre alla performance dei tre artisti alterna immagini televisive e documentaristiche in puro stile vintage di fine anni 50 (l’inizio della space age) viene aggiunta una seconda strofa cantata dai Pet Shop Boys che, in veste di Ground Control dicono addio al Major Tom, il countdown non va, i circuiti sono andati, ciao ciao Tom. L’anatema della traccia nell’album “THE MOON DUST WILL COVER YOU” è ammorbidita in “IF I FALL, MOON DUST WILL COVER YOU”. Quindi Bye Bye Tom e Bye Bye Love.

Major Tom però non è morto. Major Tom, che si è sempre rifiutato di morire, ricomparendo nella vita di David Bowie a più riprese (ricordiamo anche l’extended mix di Love Is Lost che fa ricomparire l’astronauta tossicodipendente di Ashes to Ashes). La fine di Major Tom, coincide con la fine di David Bowie e qui arriva il momento più complesso e difficile da digerire del percorso: BLACKSTAR.

Sconvolgente elogio funebre a sé stesso, l’album Blackstar è stato annunciato con brevissimo anticipo rispetto alla data di uscita (il compleanno del duca bianco, due giorni prima della sua morte). La traccia titolo, Blackstar è di una complessità fenomenale, mescolando ritmi e sonorità Jazz a interludi estatici, portando l’artista, già sofferente di cancro terminale a utilizzare tutto il suo registro vocale dai bassi agli acuti. Il testo funziona come una lunga preghiera fatta di ripetizioni e litanie, con alcune citazioni ad Aleister Crowley, il ritornello è evocativo e simbolico, è un lascito: “Something’s happened on the day he died, Spirit rose a metre and stepped aside, Somebody else took his place and bravely cried: I’m a Blackstar”. “He” è ovviamente Bowie.

Il video racconta la fine di Major Tom. In un pianeta desolato, illuminato da stelle nere, creature umanoidi femminili scoprono all’interno di una tuta d’astronauta i resti di Major Tom, il cui scheletro è decorato di gioielli. Ne fanno un altare dove adorano il suo teschio mentre ciò che resta dello scheletro fluttua verso la stella nera. In un campo di grano un predicatore mostra un libro (una bibbia?) con stampata una stella nera, dietro di lui gli accoliti guardano verso l’orizzonte. Un gruppo di uomini si lasciano andare in atteggiamenti osceni mentre sono legati (crocefissi?) e usati come spaventapasseri. In una soffitta un laido trickster tenta lo spettatore e il tormentato cieco con gli occhi a bottone che si rivedrà nel video Lazarus, rappresentante la malattia e la morte e più in generale la paura dell’ignoto.

Pesanti riferimenti ad Aleister Crowley nella composizione dei riti e nella simbologia sono presenti in tutta la monumentale opera visiva che fa di Blackstar un epitaffio indelebile anche grazie alla sapiente regia dello svedese Johan Renck anche regista della miniserie the last Panthers di cui Blackstar è la opening track. Un piccolo aneddoto Interessante riguarda il ballo fatto di convulsioni. L’ispirazione venne a Bowie vedendo i vecchi cartoon di Max Fleischer in cui, a causa dell’animazione in stop motion, per far star fermi dei personaggi si ripeteva una serie di frame che, essendo leggermente diversi l’uno dall’altro creavano questa sensazione che il personaggio in questione (ad esempio Olivia in Popeye) tremolasse. Bowie propose al regista di rendere lo stesso tipo di movimento con dei ballerini in carne ed ossa creando un effetto visivo unico.

Prima della dipartita di David Bowie, moltissimi critici si sono lasciati andare in improbabili interpretazioni sia del testo che del videoclip. Totalmente all’oscuro delle condizioni di salute dell’artista e scandalosamente a digiuno riguardo alla simbologia di Thelema (che non ha solo influenzato Bowie, quanto moltissimi altri artisti contemporanei ed antecedenti al duca bianco due fra i tanti i Led Zeppelin ed i Rolling Stones) i critici sono arrivati a dire che nel videoclip ci sarebbero stati riferimenti all’isis (in the villa of Ormen stands a solitary candle) e alla battaglia di religione (Bowie come prete al sole contrapposto alle donne adoratrici delle reliquie del maggiore Tom) dimostrando oltretutto una scarsa conoscenza dell’artista stesso. Il video rappresenta una parte di una riflessione, se Lazarus è una riflessione sulla morte dell’individuo Bowie, Blackstar è una riflessione sul lascito di Bowie e di ciò che sarebbe rimasto della sua icona una volta che lui sarebbe scomparso, unito alla necessita che qualcun altro avesse il coraggio di gridare “Sono io la stella nera” ovvero che, in questo periodo di desertificazione artistica qualcun altro si prenda la responsabilità di portare avanti l’arte.

Questa interpretazione, definita all’unanimità corretta, è stata presa al volo dall’egocentrico e narcisista Kayne West che all’indomani della morte del duca bianco ha dichiarato che la canzone era implicitamente dedicata a lui essendo lui una stella nera e l’unico artista abbastanza grande a succedere a Bowie. Nella stessa occasione egli stesso aveva annunciato l’intenzione di registrare un album di cover dell’appena scomparso duca bianco. Inutile dire che le sue dichiarazioni, frutto di una necessità tutt’altro che degna di un erede di Bowie, di essere sempre al centro dei riflettori e ingigantire l’immagine per nascondere le lacune artistiche, sono finite nel ridicolo e nella polemica.

Chiacchere da gossip a parte, Bowie con Black star ha dato un epilogo a sé stesso e alla sua prima incarnazione, quella di Major Tom. Se un’altra stella nera sorgerà un domani non ci è dato sapere, ma il suo commiato, epilogo di una vita tormentata, complessa e travagliata, riflesso di un artista altrettanto tormentato e complesso, ci lascia speranza e serenità.

David Bowie è morto. Questo per chi legge quanto per chi scrive è tutt’ora un fatto doloroso da elaborare. Rimane la sua poesia, la sua immagine e il suo lascito. Rimangono le mille sensazioni e riflessioni. Rimane quella voce in cui è confortevole e spontaneo identificarsi e che, in parecchi momenti bui è stata e continua ad essere di grande aiuto. Rimane l’opera di una vita di David Bowie, un ritratto articolato e complesso che è doveroso da parte dei fan tenere vivo, e doveroso riscoprire.

Bye Bye Tom.

Ehi, hai mai sentito parlare di Patreon?
Dal momento che sei qui, perché non contribuire?

Patreon è un sistema di micro-donanzioni ricorrenti con il quale supportare economicamente Polpetta e permetterci di continuare ad offrirti contenuti favolosi.

Diventare membro di Patreon è facilissimo!

Contribuisci ora

Partecipa alla conversazione!