PVP – Soundgarden: 1994 Black Hole Sun.

md-romero
Tempo di lettura: 3' min
14 December 2016
POLPETTA VIDEO PASSION, Save The Date

Correva l’anno 1994. La guerra fredda ormai un ricordo, l’unione sovietica allo sbando, la retorica del sogno americano fatto di villette a schiera in cui famiglie felici di memoria maccartista sembrava aver vinto. Non c’era spazio per la contestazione, non c’era spazio per la contestazione giovanile. I giovani che non accettavano il sogno americano, contestandone i profondi paradossi e le odiose ipocrisie, erano considerati strani, problematici, disturbati. La generazione Grunge si forma in questo contesto di odio profondo verso la retorica borghese a stelle e strisce fatta di sorrisi forzati, colori sgargianti, permanenti e tanti, forse troppi scheletri nell’armadio. Questo e molto altro sono racchiusi nell’apocalittico e meraviglioso video dei Soundgarden, Black Hole Sun, un vero e proprio inno di quello che avrebbero auspicato molti teenager dell’epoca.

È una torrida estate. Dal deserto della California, forse dalla Death valley, covo di falsi profeti, psicopatici ed esperimenti con ordigni nucleari, emerge un gruppo di santoni. Sotto un sole impietoso i quattro entrano in un vicinato tipicamente americano. Gli abitanti, con occhi spiritati e sorrisi isterici, deformati in maniera grottesca, vivono la loro vita compiendo piccoli gesti profondamente disturbanti: la moglie adorata si appresta a decapitare un pesce, un laido sacerdote imbocca un cucciolo a forza con un biberon, un gruppo di anziani si trascina verso la televisione, due bambini sadici si divertono a bruciare degli insetti, una vecchia sovrappeso si trucca per il suo toyboy palestrato che fa flessioni in costume, una bimba guarda delle bambole bruciarsi sul barbecue, una giovane bionda in costume prende il sole, dalle sue labbra esce una lingua di lucertola che cattura in uno schiocco una farfalla.

Il cartello di uno dei santoni recita The End Is Nigh, La fine è vicina. L’umanità di plastica ha i giorni contati, il sole sopra le loro teste si apre in un buco nero di fiamme e trascina verso di sé tutti, nessuno escluso. Il vortice apocalittico e purificatorio del Black Hole Sun rappresenta e rielabora il desiderio di liberarsi del velo, della maschera di perbenismo che l’ascoltatore detestava e doveva subire quotidianamente. L’umanità rappresentata nel video è una rielaborazione in chiave grottesca del paradiso fasullo Lynchiano all’inizio di Velluto Blu/Twin Peaks. Il regista Howard Greenhalgh è partito sicuramente da queste basi per dare forma alla visione musicale di Chris Cornell assieme ad un pesantissimo lavoro di post produzione che diede alla luce due versioni, la seconda con l’aggiunta di un, al tempo, avveniristico, effetto speciale in computer grafica per il buco nero.

La band è lontana dall’apocalisse, suona in quella che sembra aperta campagna, in un ambiente organico, vero, scosso da pioggia e bufera, in netto contrasto con lo scenario artificiale dell’America bene, che solo un cataclisma può sconvolgere. Interessanti i costumi dei santoni, irresistibilmente pacchiani e iconici. Rappresentano infatti, versioni grottesche di quattro figure religiose tradizionali: a 0:21 li possiamo vedere in fila e analizzarli. Da destra abbiamo il predicatore evangelico, il rabbino, il cardinale e il prete cattolico. I loro abiti tradizionali sono trasfigurati in versioni giovanili. Il prete cattolico porta un pastrano nero di pelle, il cardinale ha una grossa catena d’oro da rapper, il rabbino ha un cilindro, la giacca argentata e spettacolari occhiali con lenti rosse e il pastore evangelista, con agnellino al guinzaglio, indossa un doppiopetto bianco degno di un narcotrafficante sudamericano.

Il video, così come il singolo, divenne fra i più famosi dell’epoca, vero e proprio manifesto generazionale assieme ai pezzi dei Nirvana, scalando le vette e sconvolgendo i più giovani spettatori di MTV con immagini profondamente orrorifiche apparentemente lontane anni luce dal concetto di orrore.

L’orrore in Black Hole Sun è quello dell’ipocrisia, del perbenismo, della finzione, dell’artificiosità. Uno scenario talmente orribile che un cataclisma apocalittico senza alcuno scampo è, a confronto, liberatorio e rassicurante. Da vedere e rivedere, ascoltare e riascoltare nel corso degli anni, Black Hole Sun è uno di quei pezzi indimenticabili ed instancabili. Profondamente poetico, irresistibilmente esplosivo, gustosamente provocatorio, nell’era del social network riacquista la sua carica sovversiva e la sua attualità.

Il pezzo ha trovato nuove incarnazioni nel corso degli anni, oltre che essere parodiata da Weird Al Yankovich, dieci anni dopo la sua uscita Paul Anka produce una versione Jazz, nel 2006 abbiamo una cover di Peter Frampton e questo stesso anno si può ascoltare in una versione da pianoforte nel telefilm della HBO Westworld.

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