Mashrou Leila – Senza Milioni, Senza Vestiti.

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Tempo di lettura: 3' min
13 March 2018
Arabesque
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I Mashrou’ Leila sono uno dei principali sponsor della causa LGBT nel mondo arabo

È il 2010, un anno prima delle primavere arabe. La band libanese Mashrou’ Leila rilascia il suo primo album omonimo, dalla durata di 40 minuti circa, con canzoni tra i 3 e i 4 minuti: formato alla occidentale, pezzi di durata più ridotta rispetto alle tradizionali composizioni arabe (“canzonette” di anche 20 e passa minuti l’una).

L’album è un miscuglio di sonorità tradizionali libanesi e impostazione rock all’americana: violini, chitarre distorte, basso e batteria, cantato in arabo libanese, graffiante e ritmato, fatto insolito per un mondo musicale tradizionalmente più votato al “bel canto”.
I Mashrou’ Leila sdoganano così, primi a livello mainstream, un’impostazione tutto sommato indie rock nel panorama libanese, e lo fanno a livelli di celebrità pop tutt’altro che ignorabile.

I “Progetto Notte” (questo il significato del nome) parteciperanno al Byblos International Festival già quello stesso anno come headliner, festival a cui presenzierà persino lo stesso presidente libanese Saad Hariri.

(continua sotto)

Mashrou’ Leila LGBT

Pochi giorni prima, a fine giugno, i ML avevano caricato su YouTube uno dei loro primi video, dedicato al pezzo più pop dell’album “Fasateen” (Vestìti). Testo semplice e tutto sommato di agevole traduzione: una canzone del disamore. Il narratore-cantante si rivolge a qualcuno che lo ha amato, e che gli aveva promesso di restare sempre al suo fianco, anche se non “della sua religione”, anche senza sposarlo, anche “Bala malayin” (senza milioni), senza cravatta e senza vestito per il matrimonio. Di restare così, insieme, “senza vestiti”. Qualcuno che alla fine però sì senza milioni e senza vestiti lo ha lasciato, ma da solo.  Tutto questo mentre la canzone procede, con una musicalità talmente “mediterranea” che io stesso (sono nato a Como, non proprio a due passi da Beirut) delle volte ho trovato in alcuni frammenti di melodia o negli assoli di violino delle somiglianze con la musica popolare italiana, vuoi pure – caso limite – un pezzo del cantautore comasco Davide Van De Sfroos.

E il video che accompagna questa canzone? Io consiglio di tentare un esperimento. Dopo averlo visto una prima volta fatelo partire senza audio, mettendo in sottofondo “La Cattiva Strada” di Fabrizio De Andrè. La corrispondenza sarà delle volte sorprendente. Abbandonati all’altare, lasciati perché diversi, perché col coraggio di fare qualcosa che gli altri non farebbero, i 5 membri dei Mashrou’, 4 uomini e una donna, si trovano l’uno dopo l’altro sulla loro Pontiac 6000, caricata a bordo di un carro attrezzi, diretti verso un futuro incerto. E il matrimonio mancato a riecheggia intanto nell’esperienza di ognuno di loro: nel tatuaggio modificato (la scritta “amami, accettami Leila” sostituita dal nome della band), nel finto vestito da sposo (“fasateen” appunto) del cantante Hamed, nella torta nuziale scagliata a terra, nel “frullato di fiori” preparato da Omayya, la ragazza, in guanti rossi da cucina (sorta di parodia degli ipotetici ruoli precostituiti post matrimonio), nel ragazzo vestito da sposa che squarcia il vestito per la disperazione.  I Mashrou’: sorta di ciurma pirata contro una società che da un lato li celebra e dall’altro li respinge.

Hamed Sinno, il frontman, è difatti dichiaratamente omosessuale e i Mashrou’ Leila sono uno dei principali sponsor della causa LGBT nel mondo arabo. Scelta di campo, quest’ultima, che li mette in una posizione particolare all’interno del mondo arabo tutto, dove talvolta i loro concerti sono stati nel corso degli anni ostacolati, proibiti, e i loro fan perquisiti in maniera umiliante e violenta.

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