Marco Ligurgo classe ’74. Produttore, dj, organizzatore di eventi, direttore artistico di uno dei festival italiani di musica elettronica più rilevanti: roBOt Festival.
Ha vissuto gran parte della sua vita fra Berlino e Bologna.
Ecco due chiacchiere scambiate insieme in attesa di questa edizione 08 di roBOt.
J: Ciao Marco, da dove partiamo? Partiamo da Berlino? Com’era, cosa ti ha dato ma soprattutto cosa ti ha lasciato?
M: Ciao J, Berlino ho iniziato a frequentarla a cavallo tra gli anni 90 e gli anni zero e da subito mi ha rapito la sua liberta’, l’essere così accogliente ma anche selettiva; il clima rigido, la precisione dei tedeschi ma anche la contaminazione che artisti da tutto il mondo portavano. Non a caso Berlino è il posto dove anche l’ultimo dei ballerini ha in casa dischi in vinile e consolle, tutto questo l’ha resa subito il posto ideale per andarci a vivere e per generare stimoli.
In quegli anni Bologna era in una fase di stanca: la fine degli spazi autogestiti come il Link, il Livello, il Teatro Occupato, la fine della street parade… ecco Berlino era il mito, il rifugio perfetto, la culla della musica elettronica. Potevi stare a Berlino con pochi soldi e vivere il clubbing, la musica elettronica (techno, minimal house..) in maniera fantastica. Ti capitava di ballare tra i dj (ancora non superstar come oggi) senza problemi e così ricordo l’esordio di Raresh al Panorama Bar accompagnato da Ricardo (Villalobos) e da un jet privato di rumeni; i miei balletti e after privati nel loft di Hawtin, le cene con Ellen Allien o i sushi con Troy e Magda, ma anche le mille avventure al Bar25, allo StreetBeat e la mia grande amicizia con Tobi Neumann.
Erano gli anni della minimal e fu inevitabile portare questa esperienza a Bologna, precisamente al Kindergarten nella serata Playhouse, in un periodo dove in Italia i principali club erano ancora dietro a MAW, Morales ecc…
Da allora tante cose sono cambiate, sia a Berlino che a Bologna ma continuo a vivere e a trascorrere il mio tempo nelle due citta’: Bologna è ormai casa mia, il luogo dove lavoro e dove vivo, “la mia famiglia”. Berlino è la mia gita abituale, la mia fuga, “la mia amante” e fonte di ispirazione che continua a lasciarmi tanto soprattutto quel senso di libertà e di cultura musicale che abbiamo perso in Italia.
J: Parlando del panorama clubbing e musicale pensi si sia molto trasformata nel corso degli ultimi anni?
Una fondamentale caratteristica berlinese che il clubbing italiano non ha?
M: Sicuramente si, l’arrivo di tanti turisti ha un po’ contaminato l’essenza della città che ritrovi solo in posti speciali; al Berghain, per citare il club più famoso, si entrava con 5€ ora, invece, a meno di 15€ non entri ma soprattutto non ci vai più a colpo sicuro. Una volta era impossibile non ascoltare musica eccezionale e divertirsi; Berlino si sta normalizzando perchè va di moda e molte delle persone che incontro negli ultimi anni sono li più per farsi dei selfie che per capirne l’essenza. Ho visto tanti non capire quasi nulla di cosa è Berlino ma nonostante ciò andarci a vivere e poi tornare indietro, a casa. Tantissimi posti hanno chiuso, la città sotterranea è quasi ormai inutilizzata, insomma panta rei.
Dal punto di vista club restano comunque dei numeri uno: la musica è ancora al centro dell’attenzione, la cura degli impianti, della consolle, la programmazione, tutto torna. A Berlino, per fortuna, in consolle ci arrivi ancora per merito e per proporre qualcosa di valido, di nuovo e soprattutto spesso hai ancora un pubblico colto davanti che ha voglia di sentire.
Qui, beh, basta vedere la programmazione dei locali più importanti… sembra di essere ancora negli anni ’90, soprattutto per la cultura del club che si ha. Tranne qualche mosca bianca che rispetto posso dire che sono molto fortunato a vivere a Bologna perchè in giro c’è molto poco.
In Italia conta ancora il pr, il club ha prevalentemente clienti che non sanno neanche il perchè un dj è famoso e per quale musica. Sostanzialmente manca la curiosità, la cultura, la voglia di ascoltare. Il posto più ambito dei fruitori italiani dei club nei club è davanti la consolle o, ancora meglio, in backstage per far delle foto e/o urlare al dj : “Spingi (o Pesta, Bussa, Mena..) ” possibilmente agitando le mani.
J: Bologna, ci vivi ed organizzi eventi da diversi anni. In molti pensano che sia ormai terreno molto arido per nuove proposte, soprattutto in campo artistico, musicale ed in generale di eventi; roBOt è la dimostrazione del suo esatto contrario o no?
Sono qui dal ’93 e davvero insieme ai miei amici di Shape e al mio collega Unzip (Toni) ne abbiamo fatte e viste. Prima col Kindergarten nell’ambito club ed ora con il roBOt nell’ambito festival. Diciamo che non è un caso che siamo a Bologna. Per me non è affatto arida, non è piu’ quella dei primi anni 90; ha dovuto superare la crisi e le chiusure mentali del periodo Cofferati ma in realta è una citta perfetta per poter portare idee nuove. È la sede dell’Universita più antica d’Europa e questa cosa la respiri. Inoltre ha una politica che, con tutti i suoi limiti, asseconda le iniziative. Non e’ fashion victim come Milano, non è lontana geograficamente come Torino, non è tosta come Roma o Napoli, insomma è perfetta per creare e proporre.
Ha la sua dimensione provinciale ma con la vita di una città, il suo fermento politico, la comunita gay più grande di Italia, il cibo, la cineteca, insomma W Bologna!
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