Luca Mauceri @ roBOt 07 // La Racine // interview

polpetta
Tempo di lettura: 3' min
4 November 2014
Art, Interviste

Una delle numerose installazioni off roBOt è stata ospitata nel tenebroso e suggestivo Collegio Venturoli. Qui Luca Mauceri ha trasformato in arte tutto quello che ha toccato. Perfino i materiali di scarto e le statue presenti nello spazio espositivo, hanno fatto parte integrante dell’opera. Non potevamo perdercelo! Ecco a voi l’intervista all’artista e le foto della sua installazione.


La Racine (radice in francese) è la protagonista della tua videoinstallazione ed è presente sia in maniera fisica che come entità metafisica. Svelaci di più sulla vera identità della tua opera.

Il progetto de La Racine nasce nel 2012 ed è la conseguenza di un lavoro precedente affrontato in pittura e la radice in se, intesa come immagine e come simbolo, penso che sia il residuo o la conseguenza di tutta questa ricerca. Una ricerca che continua attraverso vari linguaggi discostandosi solo formalmente dalla pittura. La radice organica è stata quindi un punto di arrivo per la mia precedente ricerca in pittura ed il punto di unione del progetto de La Racine.


Qual è il filo conduttore che lega insieme oggetti artificiali, come le tecnologie che utilizzi per le proiezioni e materiali organici, come i loro contenitori in legno e la radice stessa?

Tutta la serie dei proiettori presentata al Call4robot è caratterizzata per lo più dall’uso di tecnologia antiquata e sulla via dell’obsolescenza: proiettori per diapositive, vecchi amplificatori, cellulari e materiale di recupero vario come motorini, ventole, obbiettivi fotografici e monitor. Tutti gli oggetti realizzati hanno lo scopo di rappresentare l’immagine della radice, a prescindere che sia reale oppure una sua interpretazione realizzata in silicone o in altro materiale.


Questo tuo progetto site specific ha la particolarità di essere diverso ogni volta, perché è composto da materiali che trovi presso i luoghi dell’installazione. Qual è il motivo principale di questa scelta?

Il fatto di riciclare ed inglobare nell’installazione oggetti trovati durante la fase di allestimento non lo vedo come una scelta vera e propria ma piuttosto come una necessità funzionale all’installazione. E’ nella natura di questo progetto evolversi, mutare e adattarsi allo spazio utilizzando tutto quello che si ha a disposizione. Tutte le macchine-proiettori sono state realizzate seguendo questo criterio con un indole decisamente punk e questo ha delle conseguenze, infatti i macchinari sono inaffidabili e per quanto funzionanti hanno bisogno di una seria manutenzione ogni volta che l’installazione viene spostata. Collegio Venturoli invece è stata una location perfetta per La Racine l’ex gipsoteca aveva tutte le caratteristiche per poter valorizzare il progetto e l’aiuto dei borsisti durante la fase di allestimento è stato molto importante.


Il tema di questa edizione di roBOt è #lost memories: in che modo la tua opera indaga il tema della memoria?

Direi che in questo lavoro ci sono vari livelli di memoria, il primo riguarda la mia memoria personale, infatti la base di questo lavoro nasce più dieci anni fa quando con gli amici del liceo modificavamo i proiettori da diapositive delle nostre famiglie, per creare degli effetti visuali che ricordavano molto i visual anni settanta. Presentavamo i nostri lavori in contesti underground, come le occupazioni o manifestazioni e succedeva spesso che a fine serata sfasciassimo tutte le attrezzature, alla fine nessuno voleva più prestarci dei proiettori.

Un altro livello di lettura mnemonico è più generale e riguarda gli oggetti con cui sono realizzati i proiettori. Le basi di quasi tutti i macchinari, come dicevo, sono i proiettori DIA, una tecnologia bellissima che praticamente tutte le famiglie della generazione precedente alla mia possiedono, ma che con l’avvento del digitale sono stati dimenticati. La stessa cosa vale per i vecchi cellulari, magari ancora funzionanti, ma sostituiti dai nuovi modelli. Nell’installazione ho voluto utilizzare lo schermo di un vecchio telefonino per far apparire l’immagine della radice attraverso una manciata di pixel. Tutti questi oggetti che un tempo erano tecnologicamente avanzati si combinano in un cannibalismo tecnico e l’atmosfera decadente che si genera mi affascina molto.


Hai vinto il Premio del Monte con La Racine, complimenti vivissimi! Immagino tu sia soddisfatto dell’esperienza bolognese appena conclusa. Tornerai presto a trovarci?

Bologna mi ha portato fortuna, ho passato giorni molto intensi durante il roBOt, dove ho potuto conoscere altri artisti, rubacchiare qualche idea e godermi anche il Festival, quindi si, tornerò presto e spero di attivare qualche collaborazione con altri artisti bolognesi per un nuovo lavoro.


Grazie Luca!

Grazie a voi. A presto!

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