James Holden & The Animal Spirits al Teatro Duse di Bologna 14.04.18

richard
Tempo di lettura: 2' min
19 April 2018
Gallery, Review 4 U
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Sarebbe riduttivo definire ‘lisergica’ questa esperienza

perché assistere all’unica data italiana di James Holden & The Animal Spirits è ciò che si avvicina più ad una trance mistica sotto effetto di allucinogeni nella foresta di un imprecisato paese sperduto in medioriente.

Parliamoci chiaro, sebbene questo progetto uscito alla fine del 2017 dall’eclettismo del produttore inglese sia particolarmente bello all’ascolto su disco, sappiate che dal vivo è anche meglio.

L’album The Animal Spirits fonde insieme spiritualismo jazz, minimalismo elettronico e tradizionalismo etnico creando così non un disco ma un’esperienza mistica in cui immergersi dal primo all’ ultimo dei nove brani contenuti.

La band che lo accompagna è composta da Tom Page dei RocketNumberNine alla batteria, Etienne Jaumet al sassofono, Marcus Hamblett alla cornetta (assente però questa volta) mentre troviamo Liza Bec e Lascelle Gordon alle percussioni, oltre allo stesso James Holden ovviamente che dirige il tutto come un moderno maestro d’orchestra.

Questo è certamente il lavoro più ambizioso di Holden che per questa unica data italiana ha scelto il Teatro Duse di Bologna. Ed è proprio in questo contesto così intimo che l’opening act viene affidato a Laurence Pike, timido batterista australiano. Con un morbido sottofondo elettronico riesce ad avvolgere il pubblico con ritmi tribali e improvvisazioni jazz che, nonostante un breve momento di smarrimento iniziale, riesce a conquistare pienamente il pubblico.

Dopo la consueta pausa per cambio palco la band inizia lo show con Incantation For Inaminate Object, catapultando immediatamente il pubblico nella loro dimensione psichica, a tratti ipnotica grazie anche al flusso di luci e immagini proiettate dietro il palco. Ma non sono solamente i brani dell’album come Thunder Moon Gathering e The Neverending a scandire il ritmo, complice l’impianto audio decisamente all’altezza, anche alcune rivisitazioni di pezzi come Blackpool Late Eighties e soprattutto Gone Feral imprezioscono decisamente il live. É infine con la catartica Go Gladly Into The Earth che si chiude l’unica data italiana del tour, tra gli applausi meritatissimi di tutto il teatro un ascetico James Holden saluta e scompare, così com’é arrivato.

 

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