Da ragazzino, in casa mia, c’erano due categorie di film che mi venivano sistematicamente proibiti: quelli con le donne nude e quelli horror.
A casa mia niente eros e niente thanatos.
Per i primi avevo ovviato al problema con le pubblicità del Tesmed, l’elettro stimolatore che contraeva i glutei (già tonici) delle modelle americane in costume a bordo di piscine cobalto, mentre sorseggiavano cocktail in compagnia di maschi audaci dall’addominale già granitico.
Quella per me rappresentava: l’immagine dello splendido sogno americano.
Per la seconda categoria di film dovevo aspettare le ore più buie, alzarmi di notte e senza farmi sentire, accendere il videoregistratore ed inserire una cassetta (rubata a casa degli zii) di un film di Wes Craven. Questo significava solamente una cosa: smembramenti, litri di sangue perversioni sadiche e grida di teenager agonizzanti.
Quella per me rappresentava: l’immagine del terrificante incubo americano.
Il film che terrorizzava me in particolare non era uno dei più famosi, si chiamava “La casa nera” (titolo originale The People Under the Stairs) ed era la storia di un bimbo nero del Bronx che si introduceva in una casa abitata da una coppia di pazzi sanguinari, i Robenson (che nulla avevano a che fare con la famiglia Robinson), capaci di atrocità inimmaginabili nei confronti in particolare modo dei bambini. Avevo undici anni, quel film mi ha profondamente segnato.
Crescendo ho imparato a guardare oltre il silicone delle maschere, le unghie affilate e le arterie artificiali. Ho affinato il mio gusto per l’horror psicotropo e credo che Wes Craven in questa mia presa di coscienza sia stato fondamentale.
Wes Craven è stato un regista atipico. La sua carriera di regista è comincia tardi in confronto a quella dei suoi colleghi con percorsi più accademici. Si è introdotto sul set dalla porta di servizio, cominciando a lavorare come tuttofare ed imparando il mestiere sul campo. Non si è mai tirato in dietro davanti a nulla, tanto che tra le sue prime pellicole prodotte troviamo un film porno (e se solo l’avessi saputo prima avrei evitato le pubblicità del Tesmed).
Laureato in psicologia e specializzatosi in filosofia Craven sapeva bene come fare paura alle persone. I suoi film infatti riescono a terrorizzarci nel profondo, non soltanto con il tipico effetto del trilling, il classico “sciopone” che ci fa prendere il mostro che salta fuori all’improvviso (meccanismo unico sul quale si basano quasi tutti gli horror movie odierni) ma, nelle sue pellicole più cruente Craven è stato capace di disgustarci nell’inconscio e seminare un piccolo germoglio di inquietudine che sarebbe sbocciato fuori dalla sala del cinema, magari mentre attraversavamo soli quella via buia o semplicemente mentre ci alzavamo nel cuore della notte per andare a fare la pipì. Personalmente ho spesso rimandato la pipì al mattino successivo sopratutto per:
Le colline hanno gli occhi
Negli anni ottanta con Nightmare di Elm Street si afferma come regista del genere.
Il suo personaggio Freddy Kruger diventa una figura cult, rappresentativa di quel periodo e come spesso accade con le leggende diventa quasi un personaggio di pubblico dominio, una figura folk al pari del Krampus o del Boogieman. Per creare il personaggio di Freddy Kruger fu ispirato, dice la leggenda, dalle sue memorie di bambino, a dieci anni nella casa di fronte alla sua abitava un alcolista costantemente vestito con una maglia nera e rossa. Il nome invece era quello di un sadico bullo del suo liceo, un certo Freddy Kruger appunto. Questo significa che se il suo bullo si fosse chiamato Freddy Pippozzi oggi saremmo stati terrorizzati da un improbabile personaggio.
L’orrore nei film di Craven, come quello di Hitchcock, colpisce lo spettatore in due modi, nella sala cinematografica e fuori dal cinema, nel tempo in cui andiamo a riprendere la macchina che abbiamo parcheggiato lontano. Non sentite già la lama di un coltello affondarsi nelle vostre scapole?
Tuttavia secondo Randy (personaggio nel film Scream) è possibile sopravvivere in un film horror, ma si devono rispettare tre regole, la prima in assoluto: “Non si deve mai fare sesso”
Ecco, se l’avessi saputo…ai tempi avrei forse evitato anche l’autoerotismo davanti agli spot del Tesmed.
Wes Craven è morto il 30 Agosto 2015 a 76 anni, gli avevano diagnosticato un cancro al cervello. Resterà vivo nelle sue pellicole, nei suoi personaggi terrorizzanti e sopratutto nei brividi lungo la schiena che ancora oggi ci tormentano.
WORDS BY ELIA MORRA
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