Helena Hauff – A Tape

md-romero
Tempo di lettura: 6' min
3 June 2017
Review 4 U

‘A Tape’ di Helena Hauff è un prodotto pregno di influenze anni 80 riproposte nella maniera più raffinata possibile

Prima dell’avvento della musica digitale, prima che ogni casa avesse un lettore mp3 in cui infilare discografie intere senza troppi riguardi nei confronti dei limiti spazio, ormai prossimi all’inesistenza, il metodo principale per portarsi dietro la musica era quello della Cassetta. La cassetta è un oggetto dell’infanzia e adolescenza di molti. Mettere su nastro i pezzi preferiti, selezionandoli con una certa cura, anche maniacale, stando attenti al minutaggio al secondo per massimizzare il (poco) spazio a disposizione, creare una scaletta che rispecchiasse una serie di sentimenti, tematiche, emozioni, era un’attività creativa nonché un passatempo stimolante e divertente. La cassetta è stata per molti artisti contemporanei il primo approccio nella manipolazione della materia musicale. I nastri registrati, molte volte erano l’oggetto di scambio di pezzi musicali fra amici e conoscenti e non di rado queste homebrew compilations venivano costruite e strutturate appositamente per dichiarare i propri sentimenti alla persona amata.

(continua sotto)

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Non per caso, il genio di Amburgo Helena Hauff ha deciso di nominare il suo album del 2015 proprio A Tape, un prodotto pregno di influenze anni 80 riproposte nella maniera più raffinata possibile limitando il senso di deja vù, lama a doppio taglio del genere ‘retrowave’ che si nutre di influenze pop con voracità non indifferente, alla sola sensazione che Helena vuole scatenare nell’ascoltatore.

L’album si apre senza troppi preamboli con c45p. La entry track forte di un beat trascinante e profondamente cinematografico, introduce subito sonorità famigliari dai toni badass. Quella sensazione che riaffiora alla mente dai recessi dei ricordi è dovuta alle similitudini con le track di molti beat’em up da salagiochi che eravamo soliti giocare durante l’adolescenza. C45p, nome della cometa scoperta da Minoru Honda nel 1948 e passata dai nostri cieli l’ultima volta il 11 Febbraio 2017 in coincidenza con un’eclissi lunare, sorvola lo spazio uditivo dell’ascoltatore riempiendolo di energia esplosiva, di Vibes profondamente radical, portandolo indietro agli 80ies senza troppo senso di nostalgia o ridondanze.

Una volta settato il mood da c45p è il turno di Hdowed. Il cambio di registro si sente profondamente in quella che ricorda una base hip hop Old School ma che, lasciando cantare il synth, riesce a catturare lo spirito suggestivo urbano. La traccia si esaurisce in allungamenti riflessivi, quasi malinconici.

For i am dead, traccia breve e concisa di appena due minuti, quasi un interludio, è un tripudio di dissonanze acid che riprendono i suoni da horror cosmico fantascientifico. Una bestia cibernetica senza (o con troppi) occhi che sbatte sulle pareti di una nave alla deriva.

Pps amplifica ed espande con continuità le suggestioni di For i am dead, costruendo una fuga ansiogena nell’oscurità, l’ascoltatore si sente preda braccata in sotterranei di cemento e metallo, fra dissonanze e pizzicati decisamente vicini al Cyberpunk (fonte vitale della retrowave). Siamo però lontani dal barocchismo esasperato di Dangerous Days di Perturbator. Helena Hauff dosa i suoni con eleganza ed amore per il suono raggiungendo una sintesi perfetta.

Tape7 catapulta nuovamente l’orecchio sul viale dei ricordi, nel bel mezzo dell’azione. Qualsiasi hardcore gamer potrebbe associare immediatamente il pezzo al livello più impegnativo del videogioco preferito della sua infanzia, sforzandosi di ricordare il dove e il quando, senza però riuscirci. Chi scrive, negli 8:33 di Tape7 ha ripercorso una quantità impressionante di ricordi a momenti davanti al televisore cercando di ritrovare la scintilla comune che ha dato ispirazione alla traccia. Dal famigerato Turbo Tunnel di BattleToads, Alle epiche legnate di Streets Of Rage fino ad arrivare al cult racing game F-Zero i tentativi di associazione si sprecano senza successo. Tape7 di Helena Hauff non è nulla di tutto questo e allo stesso tempo è tutto. È una rapsodia meccanica dal beat prorompente che genera una struttura composita di percussioni e suoni digitali che sintetizzano le suggestioni dell’era della macchina, del digitale, del virtuale, del mare dell’informazione che qualche tempo prima era fantascienza cyberpunk e ora è diventato talmente norma da incontrare l’indifferenza generale.

Split Scission, la traccia centrale dell’album e vero e proprio divisorio (sia nel titolo che nel contesto dell’album) ha nella sua forza un beat indian tribe digitalizzato. Il minuto e 58 di Split scission gioca sul titolo e la suggestione. Il taglio a metà dell’album, la suggestione indian grida all’immagine del colpo di tomahawk, ascia da guerra di brutale efficacia, che divide in due nemico, carne e ossa in un solo deciso colpo.

Infatti la traccia che introduce la seconda parte dell’album, o sarebbe meglio dire il B side, oscilla su uno stile vicino alla ritmica tribe e urban, senza abbandonare il registro tenuto finora. Ff297-3 è un esercizio di ritmica efficace e distensivo che al suo interno riprende le suggestioni retrowave soprattutto nella seconda metà.

Alla luce di Btdr1123, ottava traccia della Tape di Helena Hauff, Ff297 – 3 risulta come una mera intro. Le influenze tribe scompaiono in favore di un sound basso e sostenuto in un iter ipnotico in cui si insinuano clapping, e timide sonorità ammiccanti dal mare del beat continuo e trascinante che, messo a confronto con c45p ne riprende la struttura e la Raison d’être ma sullo spettro emotivo siamo su due mondi differenti dove il Badass e l’action è sostituito da una suggestione più mistery e noir, una passeggiata in oscuri bassifondi.

|#+#| il cui titolo è un emoji di un Robot, funziona su due livelli. Il beat principale è catchy e carico di suoni acuti e armonici ma sotto, smorzati dalla traccia principale si annida un beat basso che riprende in una certa misura il suono di Btdr1123, da cui scaturiscono melodie oscillatorie che affiorano e poi scompaiono intrecciandosi con il beat principale creando una struttutra di contrasto che genera una piacevole inquietudine ed angoscia in preparazione del prossimo pezzo

$§_$43 ci riporta nei meandri bui di For i am Dead e pps. L’orrore non è scomparso ma solo smorzato con un viaggio verso la superficie. Oscurità, angoscia ed esseri non totalmente umani popolano il sottosuolo di questo album che con maestria alterna energia e orrore, coraggio e paura, caos urbano e solitudine sotterranea. Il pizzicato è uno stridio, un pigolio disperato che eccheggia in tunnel bui e desolati.

29Acid3 ci riporta su un piano pseudosuperficiale con un beat carico accompagnato da una ritmica clap che porta movimento, dinamicità e altra energia. Sonorità electro completano il quadro per un pezzo ballabile, leggero ma mai banale che riassume molte delle sinergie viste finora coronando un album che sembra giunto al termine in maniera circolare con il suo inizio.

Appunto il viaggio sembra giunto al termine, ci si aspettava un fading delicato a spegnere le ritmiche di 29Acid3. Ci si aspettava. Sembrava tutto concluso. Un rombo sotterraneo e un suono d’organo rompono il silenzio. Una melodia infantile profondamente disturbante si fa avanti in un moto ossessivo continuo. È la scuola della composizione musicale carpenteriana, poi ripresa a piene mani da Charles Bernstein per A Nightmare on Elm Street. Lo stridore di cose (nel senso orrorifico del termine) che strisciano e si muovono attorno a noi nell’oscurità, forse in fuga da qualcosa di più grande, vera origine dell’angoscia che viene palesata con distorsioni non dissimili da quelle che potevano avvenire su un nastro di cassetta corrotto e rovinato. Il male sotterraneo sembra dominare e non lasciare scampo ossessionando l’orecchio dell’ascoltatore fino ad esaurirsi in una progressiva digitalizzazione e ammorbidimento. Il pericolo è scampato o la creatura (se di creatura si tratta) ha consumato il suo pasto?

A Tape è costruito proprio come una musicassetta. La cura maniacale nella composizione, con alternarsi di sensazioni, situazioni ed emozioni, servono per rispecchiare una serie di tematiche personali. Energia, angoscia, dubbio ma anche moti nostalgic, dinamicità, feelings vicini al Rad(ical) anni 80. Helena Hauff lavora sull’origine (tramite sonorità retrowave) per comporre un album che parla di sensazioni e sentimenti personali con un sistema, quello della Tape, della cassetta appunto, che fa parte del modo in cui molti di noi si sono avvicinati alla musica. Ancor prima della produzione del suono, ancor prima della composizione di forme d’arte complesse, la generazione cresciuta negli anni 80 e 90 creava i suoi personali scenari emozionali, costruiva storie partendo da una serie di brani e campionamenti, alle volte inserendo registrazioni audio, altre volte magari involontariamente inserendo pubblicità alla radio che sono sfuggite durante la registrazione. Venivano a crearsi lavori unici e personali, e l’intimo e straordinario nucleo creativo da cui Helena Hauff ha generato A Tape è proprio questo. Un lavoro personale e unico, composto e generato con l’entusiasmo di un giovane che compone una cassetta ma con la maestria e cura che solo un’artista di talento come Helena Hauff poteva regalarci.

Words: M.D. Romero
Ph.: Janine Billy

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