Non sottovalutiamo la scalata di Dani Faiv nel rap game italiano

polpetta
Tempo di lettura: 3' min
24 April 2020
News
Clicca qui per pulire l'area di disegno

Il mondo rap è sicuramente, e lo abbiamo detto già più volte, un mondo in costante evoluzione, che accetta (o subisce) contaminazioni che necessariamente lo fanno cambiare ed evolvere anno dopo anno.

Tuttavia il rap game non dimentica e, qualora lo faccia, è perché ci vede lungo.

La scorsa estate, poco dopo l’uscita del Machete Mixtape Vol IV, è nato un dissing che molti conoscono e hanno, giustamente, dimenticato: quello tra Salmo, papà del progetto, e Luchè. Quando i colossi si scontrano, di norma, è meglio che i piccoli stiano a guardare, invece in quel frangente intervenne Dani Faiv, che dal Machete Mixtape era uscito più che vincitore, per prendere le parti del mentore. Gli venne suggerito di farsi ricrescere le treccine.

Ora uno potrebbe chiedersi perché io tiri fuori una storia che abbiamo già sentito sdraiati sotto l’ombrellone, e la risposta è semplice: per parlare di Dani Faiv non possiamo fare a meno di considerare la difficoltà nel creare, o ricreare, un’identità quando si entra in un ambiente come quello del rap attraverso un approccio colorato e duro allo stesso tempo, ispirato direttamente dalla trap d’oltreoceano.

Ricordo perfettamente la prima volta in cui lo vidi dal vivo: poco prima di salire sul palco di un festival, con le treccine colorate, i pantaloncini e una hit che si chiamava Fortnite. Mio cugino, all’epoca quindicenne, lo aveva in loop sul telefono e io non sapevo chi fosse.

Avrei scoperto solo dopo che quell’immagine non rappresentava a pieno l’essenza di quel ragazzo, né che, effettivamente, quella della trap doveva essere se non la strada più semplice, sicuramente quella più accessibile. Quella sera, sotto il palco, una folla di giovanissimi si accalcava per riuscire a stare più vicino possibile al cantante, mentre io imparavo.

Daniele Ceccaroni, classe 1993 direttamente da La Spezia, sarebbe diventato, nel giro di due anni da quel momento, uno dei nomi di punta del nuovo panorama rap, complice Yoshi, una delle hit indiscusse del quarto mixtape della Machete Crew, in cui lui porta a casa una delle strofe più memorizzabili del progetto. Lui non ha più le treccine ma una nuova identità, niente autotune. È qui che, in qualche modo, inizia la scalata verso una nuova credibilità.

E dico scalata perché per progetti come quello del giovane spezzino ci sarà sempre una divisione abbastanza netta nel pubblico e nella critica: tra chi sarà incapace di contemplarlo come nuovo nome del game, e chi, invece, lo accoglierà come figlio dei tempi in cui, per fare rap, si può arrivare anche da lontano.

È certamente vero che Dani Faiv annovera tra i suoi lavori anche The Waiter, album in cui è assolutamente evidente la propensione verso un rap studiato e dai toni scuri, sicuramente più in linea con lo stile Machete. Infatti, fin dai primissimi freestyle e mixtape risultava già chiaro come il suo linguaggio fosse crudo e intenso, figlio di una scuola dalle sfumature dark tipica di un certo immaginario già utilizzato da Salmo e Noyz Narcos. La sua carriera non poteva, quindi, che proseguire fianco a fianco ai maestri artistici che lo hanno formato e ispirato. Sotto tale ottica appare dunque più chiaro il percorso, che a questo punto potremmo definire circolare, del giovane rapper che torna, in un certo modo, a casa.

Recentemente, con Cioilflow, nuovo singolo pubblicato il 17 aprile, è tornato a collaborare proprio con Salmo, in quella che è, a tutti gli effetti, una rivendicazione di intenti. Una nuova, forte, ripetizione del fatto che lui, a questo mondo, appartiene di diritto. Ed è, fondamentalmente, innegabile che l’artista abbia il flow. Lui sa fare rap bene, in maniera intelligente, non dimenticando quel mondo da cui proviene e accettandone le contaminazioni.

 

Parlare di Dani Faiv significa parlare di un processo in essere, ancora non davvero approdato e, forse, è interessante proprio per questo. Dani è lo specchio di una delle evoluzioni che costantemente caratterizzano il suo genere: non il migliore, non il nuovo re, ma uno che fa trasparire in ogni pezzo la passione che lo lega a questo mondo. Possiamo dire di considerarlo una scommessa diversa dalle solite, perché è incerta, confusionaria e divisiva, siamo curiosi di vedere se si manterrà nel corso del tempo.

Non credo che vadano perdonate le treccine né che a quelle dovrebbe tornare, penso che da quelle treccine si inneschi la commistione che caratterizza il suo stile, che piaccia o meno.

Alla fine, Dani Faiv ha visto il pubblico crescere contestualmente al suo percorso, è stato criticato più volte ma ha fatto milioni di ascolti. Alla fine, insomma, potrebbe aver ragione lui.

 Mariarita Colicchio / Futura *
*Futura 1993 è il network creativo creato da Giorgia e Francesca che attraversa l’Italia per raccontarti la musica e che siamo felici di supportare dedicandovi spazi editoriali su Polpetta Mag. Segui Futura 1993 su IG e Facebook!

 

Ehi, hai mai sentito parlare di Patreon?
Dal momento che sei qui, perché non contribuire?

Patreon è un sistema di micro-donanzioni ricorrenti con il quale supportare economicamente Polpetta e permetterci di continuare ad offrirti contenuti favolosi.

Diventare membro di Patreon è facilissimo!

Contribuisci ora

Partecipa alla conversazione!