Un rito tribale che somiglia al suono di centinaia di mani battute.

Ecco com’è un live di Cristiano Crisci, questo producer italiano che suona e balla come 10 persone provenienti da vari paesi del mondo. E intendo contemporaneamente, provare per credere.

Sarà che nasce come musicista jazz ed entra poi nel mondo dell’elettronica con una personalità tutta sua; sarà che durante i live si esibisce con una band composta da un bassista e due batteristi (sì, due, nel caso in cui uno non fosse sufficiente a richiamare i ritmi tribali con cui ti ipnotizza e ti fa desiderare di essere in mezzo alla giungla con un paio di gin tonic in corpo); sarà che per fotografarlo l’ho rincorso dal pit del Locomotiv come se avessi dovuto andare a caccia di un animale selvatico, tanto si muoveva fra la sua attrezzatura, agitandosi come se cercasse di scappare anche da se stesso.

Sarà tutto questo e molto altro ancora, ma Clap! Clap! porta un live che somiglia ad un rito di purificazione selvatico, sudato, libero, tanto che ad un certo punto io stessa mi sarei buttata nel pubblico a ballare per scappare e ritrovarmi magari circondata da piante tropicali in un luogo sconosciuto, ma senza aver paura.

Alle mie spalle il pubblico si muove a tempo, senza preoccupazioni, e le espressioni che vedo sono da fotografare una per una.
La musica è un crescendo che tende all’infinito in ondate scandite da tom e tamburi, dalle mani di Cristiano che si muovono veloci quando le braccia non le portano via dalla consolle, da un basso potente che riempie gli spazi e fa battere i piedi e chiudere gli occhi.

È un concerto che ti porta via, letteralmente, tanto che puoi pensare di essere chi vuoi ed in qualunque luogo.
Da rifare, assolutamente.

Grazie Clap! Clap!, spacchi il culo.

(tu che leggi, se non lo conosci ti consiglio di partire da Ode to Pleiades, uno dei brani del suo ultimo album)