#Chapter004 – Fra KreuzBERG e FriedrichsHAIN.

polpetta
Tempo di lettura: 3' min
12 March 2015
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Quinta settimana: Domenica 22.2 – Domenica 1.3

Panorama bar: “Garnier home box release party” w/ Bambonou + Scan x LIVE + Laurent Garnier.
E qui potrei già chiudere il mio riassunto.
Però sarebbe davvero troppo ermetico.
Allora parto come un Fiume in piena a raccontare di quando sono uscito di casa per andare all’AVA a trovare alcuni amici appena arrivati dall’Italia.
Bello rivedervi, umili servitori e sostenitori attivi del lato oscuro del clubbing internazionale.
Armati di spade laser andiamo alla porta del Berghain/Panorama Bar dove entriamo senza problemi, grazie ad amici profeti, a cui è bastato mostrare la faccia per essere riconosciuti e “coccolati” dai doorman.
Solo il Panorama Bar è aperto in questo giovedì umido.
Socializzo.
Bevo birre.
Appena dentro, lancio lo sguardo in modalità panoramica a 360°, per la prima valutazione lucida della location: mai visto nulla di più completo.
Conoscendo gente all’interno si è parlato molto del posto, con tanti italiani si, ma anche con numerosi berlinesi, assidui frequentatori.
Le storie che mi raccontano sull’origine del Berghain sono le stesse, ovvero prima del 2003 si chiamava Ostgut ed era in un altro contesto geografico della città, altra situazione e anni in cui il turismo non risultava essere una pedina fondamentale del welfare Berlinese.
Era simbolo di controtendenza, l’unico contenitore sociale in grado di agire da collante fra diverse categorie sociali.
Una missione difficile, in anni in cui il Tresor era considerato teatro per raver e il WMF (chiuso nel 2010 a seguito di una revoca di contratto da parte del proprietario dello stabile) come uno studio per graphic designers.
Tornando poi al 2003, il collettivo Ostgut venne mandato via dallo stabile.
Nel 2004, a seguito di una contrattazione con le amministrazioni Berlinesi, viene concordato l’affidamento di una struttura abbandonata alla simbolica cifra di 1 euro all’anno, in cambio di riqualificazione e spese di mantenimento completamente a carico del collettivo stesso.
Sorge poi il dubbio quando si accavallano opinioni sulle origini della struttura: vedo che architettonicamente è industria; quella vera.
“Vecchio.. era una Fabbrica di vetri..” mi si dice.
“Era una centrale elettrica” leggo in giro.
Fatto stà che noto numerose “bocchette” da cui una volta usciva qualcosa di caldo, sono  fatte in materiali refrattari e metalli resistenti.
“Il muro”, l’unico muro di piastrelle 10×10 “Bianco perla” alle spalle dei dj rappresenta invece un’altra pagina dell’espressione stilistica del Panorama Bar, dove il clima disteso di casa è anche negli elementi più estrosi (se ne trova una rappresentazione simile nel delicato Club Der Visionaere).
Alzo gli occhi fra un ballo e l’altro, con birra saldata alla mano sinistra e noto geometrie quasi schiacciate al soffitto, contenenti “Par” o “Neon” colorati che illuminano la pista, seguendo percorsi cromatici intensi ma solo nella tenue dose concessa dal suo riflesso contro il tetto.
Ci sono anche 2 grandi aree relax, mi siedo e nel menu leggo “The”, “Kaffè” e “Schokolade”.
Beh vero, è aperto anche nel pomeriggio.
Nemmeno una vibrazione dai mastodontici vetri e un impianto da 10+, rendono il Berghain il club più bello d’europa (almeno!)
Mixer sociale e specchio di uno spirito che continua, senza cedere ai colpi della vita, la sua battaglia contro le etichette, le disuguaglianze e la disparità.
In tutto ciò mi sento buona musica, cucita con precisione chirurgica dal maestro di stile “Garnier”, uno “Scan X” massivo e con un live dallo spessore non indifferente.
Bambonou purtroppo ha “giocato” i suoi suoni in un orario impossibile da accostare ai miei ritmi.
Ho perso una buona occasione per assaporare un pezzetto di 50 Weapons.
Una grandissima parentesi (più che meritata) và a questo posto ricco di princìpi ed esteticamente stupefacente, la perfetta coesistenza fra nuovo e vecchio, fra industriale e casalingo.
Mattoni, metalli e piastrelle.

Il resto della settimana l’ho trascorso casualmente all’insegna della scoperta di piccole cose, ma davvero interessanti.
Tipo che le barriere architettoniche sono state completamente abbattute: trasportare uno scaffale di metallo con un portapacchi a ruote è stato brutto per chi mi vedeva, ma dalla semplicità disarmante.
Da Alexander Platz a Karl Kunger-str. 55 (Alt treptow) : una metro, un treno, un bus, molteplici ascensori e nessun problema.
Non tutte le stazioni possiedono elevatori o scale mobili, ma la maggior parte di queste non rende difficile la mobilità di nessuno.
Un po’ più difficile sarebbe stato trasportare i 40 kg di pacchi arrivati dall’Italia con generi alimentari di ogni genere e natura; per un nostalgico e appassionato di cucina vi giuro è un momento di gioia infinita, quasi quasi fra lacrime e acquolina.
E da questo fiume di pensieri settimanali ne esco andando a condividere del buon Caffè (non Kaffee) con i miei vicini portoghesi, amanti dei latini americani e in cerca di locali dove andare a sfogare tutto il loro (h)ardore.

Abbiamo gusti decisamente differenti, ma sono dei grandi umani!
Ne ho trovati tanti qui.

WORDS BY SERGIO CREEP

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