Ansome – Stowaway

polpetta
Tempo di lettura: 3' min
7 April 2016
Review 4 U

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Ansome è quello che suona.”

Il ragazzaccio Inglese, amante della bella vita, è l’esempio perfetto per rappresentare le generazioni odierne. Grazie alla fiorente scena UK, piena di opportunità, è riuscito a percorrere molta strada in breve tempo. Dopo aver pubblicato su etichette come MORD e Pls.Uk, è riuscito a debuttare sull’oramai decennale Perc Trax con il suo primo album “Stowaway”, presentato ai Corsica Studio il 27 Febbraio scorso. Non dobbiamo meravigliarci della sua popolarità giovanile, è un adolescente come noi, amante del divertimento e la vita notturna.

Ogni adolescente ha avuto il proprio modo di distaccarsi dalla società in cui vive, una sorta di ribellione giovanile, avvenuta all’interno di ogni generazione. I giovani sono sempre stati sfrontati fin dall’alba dei tempi. Il tutto è un ripetersi ciclico di movimenti, in qualsiasi settore, ma nello specifico in quello musicale, ha trainato con sé devoti in tutto il mondo. Credo sia questa una delle motivazioni principali dell’immediato successo ottenuto da Ansome, il rappresentarsi come rappresentante delle nuove leve.

Commentare specificamente traccia per traccia è faticoso, il sound è più adatto a una pista da ballo che all’ascolto in solitaria. A tratti è troppo prepotente, sfacciato e aggressivo. Ascoltando la tracklist per intera, si va a porre l’accento su una mentalità indisciplinata di base. Con questo (e i miei successivi commenti) non voglio dire che non trasmette niente, anzi, ciò che suscita è un’angoscia infernale, una sensazione complessa da definire.

L’intro “Chemical Kenny” è senz’altro inquietante, la suspense iniziale. Una preparazione psicologica molto fredda & distaccata. L’inizio di una seduta spiritica, viene evocato qualcosa d’indefinito, grezzo, pungente, senza un senso preciso ma messo in questo contesto come una sorta di sfida nell’andare avanti.

Blackwater”, “Bad Blood” e “Stowaway” sono composte da sonorità generalmente arrugginite, sintetiche, inorganiche. Misture ferrose ma incredibilmente ballabili, proprio per questo sono adatte a essere usate su un dancefloor dinamico ma adeguatamente preparato per una vera e propria battaglia. In queste Ansome punta di più su un’evoluzione ritmica rilevando la staticità come punto fondamentale. Per lo meno secondo il mio piano di giudizio. Le tracce non hanno una stesura ben precisa, un inizio, uno sviluppo e una fine, ma penetrano direttamente senza molti anticipi basilari, producono un effetto d’irresistibile sconforto. In alcune possiamo rilevare piccoli segnali pungenti e molto acidi portati allo stremo ma pur sempre ripetitivi.

Vyken”,“Poldark”, “Snake Eyes” & “The Pain Train” (la ritengo la più elaborata) sono un esagerazione derivante dalle retrovie rave UK degli anni 90’ (anche se molto probabilmente lui non s’ispira a niente in particolare, ma il sangue è quello). Cattiveria e freddezza allo stato puro. Delle bestemmie in chiesa la domenica mattina. Scombussolano e creano scalpore ma in fondo in fondo non rimane niente di buono e sostanzioso sulla coscienza. Sono un martello pneumatico usato all’interno di un’industria di acciaierie, in funzione. Intravediamo la ribellione della parte più infantile che è in noi.

Black Alley Sally” & “Grave Digger Figure” sono quelle che preferisco, interessanti, curiose. Qui Ansome è riuscito a trovare una via di mezzo concatenando orientamenti inqualificabili con quelli più lineari, una fusione della sua sfrontatezza e confusione mentale con ripartenze più seguibili e quindi, apprezzabili. Viene ricreato un certo piacere all’ascolto. Soprattutto in “Black Alley Sally” dove suoni intrinsechi, taglienti e metallici sfociano perfettamente in colpi di cassa evocativi e struggenti, è la mia preferita. “Grave Digger Figure” presenta piccoli sprazzi di vocal tetri. Molto originale. Respiriamo confusione nell’aria ascoltandola. Siamo sicuramente in un regime autoritario.

Essendo i rumori suoni costituiti da più frequenze in assoluto, possiamo dire concludendo che Ansome, con “Stowaway”, ci delizia di moltissime sonorità spettralmente ricche e non a caso, “rumorose”.

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