acieloaperto: torniamo a sognare con Andrea Laszlo De Simone

polpetta
Tempo di lettura: 3' min
19 August 2020
Review 4 U
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Domenica 16 agosto alla Rocca Malatestiana di Cesena, per emozionarci ancora davanti a un live che non delude: Andrea Laszlo De Simone e i suoi fantastici musicisti.

Anche solo l’aria fresca delle colline romagnole e la gioia di tornare finalmente ad assistere a un concerto dal vivo, sarebbero bastate a farci sentire di nuovo leggeri e spensierati, a rendere la serata davvero speciale ci hanno pensato gli artisti sul palco.

A scaldare l’atmosfera un po’ fredda (difficilissimo compito, suonare davanti a una platea di persone sedute e abbastanza distanziate tra loro da non riuscire a scambiarsi nemmeno una parola senza che tutto il resto del pubblico se ne accorga e si giri con sguardo colpevole verso la coppia di congiunti) ci pensa Calabi – sì come lo scienziato a cui il cantautore bergamasco si ispira nella vita.

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Il suo indie pop è ben concepito e ha una bella resa live – dell’album, uscito ad aprile, ci è piaciuta molto Madeleine, così ruffiana con quei sinth anni ’80 e quelle parole un po’ a caso in francese, mentre abbiamo un po’ rabbrividito sulla rivisitazione italiana di Time to pretend degli MGMT.

Ma, effettivamente quello che fa Calabi è difficile da godere in questa situazione di fruitori solitari e distanziati cui siamo costretti se vogliamo fare il pubblico collaborativo che rispetta le regole, in solidarietà con gli organizzatori, che qui a acieloaperto ce l’hanno davvero messa tutta e meritano il nostro plauso.

 

Una breve pausa in cui alzarsi, indossare la mascherina e procurarsi una birra, incrociare qualche amico con la stessa eccitazione negli occhi che abbiamo noi, che ci ritrovi a un live dopo tanto tempo, e Andrea Laszlo De Simone è già sul palco di acieloaperto. Questa volta non solo in compagnia di Zevi Borodvach, Anthony Sasso (tastiere, maracas, xilofono, megafono), Daniele Triniti (basso), Filippo Cornaglia (batteria), Damir Nefat (chitarra) ma anche di un violino, un violoncello e una tromba.

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La moltitudine di suoni sul palco si fa subito sentire all’attacco di La nostra fine, uno dei singoli che da troppo tempo ormai ci fanno sperare nell’uscita di un secondo album. Tanto corpo e tanta intensità ci investono e ci fanno scoprire che essere obbligati al distanziamento davanti a un palco permette anche di farsi avvolgere e trasportare senza distrazioni alcune.

In un primo momento abbiamo temuto che l’aggiunta di tanti strumenti potesse risultare una superfetazione quasi barocca e allontanarci dall’impronta più rock e psichedelica cui Laszlo ci ha abituati nei suoi live. Invece, dopo una presenza molto importante nei brani più recenti, quando è il momento di intonare i pezzi di Uomo Donna tutto si ridimensiona e ritroviamo il mood di sempre, lunghe code strumentali, tanta intesa tra i musicisti, piedi pestati, capelli per aria, un errore subito ripreso scherzando con il pubblico, e tante sigarette.

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Dopo aver intonato senza soluzione di continuità quasi tutti i brani di Uomo donnaMeglio, Vieni a salvarmi, Sogno l’amore, Fiore mio, La guerra dei baci e Questo non è amore si arriva alla fine, all’ancore che è un regalo, una rarità mai suonata live, su cui Laszlo chiede in anticipo scusa al pubblico: Felice, dall’album Ecce homo.

Poi, finito il concerto si va via in fretta, anche se nessuno ci caccia, ma il giorno dopo è lunedì e un decreto ha appena richiuso i locali da ballo e messo nuovi vincoli più restrittivi anche in caso di assembramenti all’aperto, non siamo dell’umore giusto e ci allontaniamo ripensando a quella gridata Vieni a salvarmi.

e se smetterò di pensare vienimi a salvare

se potessi ritornare allo stato grezzo non avrei niente da imparare

se potessi non sapere cosa è giusto non saprei come sbagliare

per essere libero dovrei scordare tutto quello che ho imparato.

 

Prossimo appuntamento con acieloaperto: sabato 29 agosto, con i Nouvelle Vague… ci vediamo a Cesena!

Words: Elena Bertelli / Ph. Richard Giori

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