#Chapter007 – Amore e odio del 21° secolo

polpetta
Tempo di lettura: 4' min
2 April 2015
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Settimana 8: Domenica 15.3 – Domenica 22.3

Strafalcioni linguistici, un “down” psicologico e il tanto lavoro spesse volte portano a dover ridisegnare le priorità.
Ogni settimana sono qui a scrivere di me, ed è come se qualcun altro fosse di fronte a me a dirmi com’è giusto vivere la seconda metà di questa esperienza. Quasi criticandomi.
“Cazzo vuoi? Pensa a te” gli dico.

Ma non è un problema, passa. Come ogni cosa. Come la sbornia. Come la delusione.

Come quando sei a casa, immerso nella quotidianità e ti trovi a pensare che il piede con cui ti sei alzato non è giusto, che non hai voglia di andare a lavoro e che forse il tuo habitat non ti aggrada quanto vorresti.

Giorni fa parlavo con chi conosce molto meglio di me questa città e mi ha confermato che è normale amare ed odiare a giorni alterni le condizioni che la stessa ti “impone”.

Si, le virgolette perchè non si tratta di una vera e propria imposizione, ogni posto che vivi però condiziona: dai colori che ti mostra, ai caratteri che trovi, come persino i cosiddetti “invisibili”.

Va bene, chiudo il momento depressione parlando di ciò che mi accade intorno poichè assai controverso.

Scrivo da una manifestazione pro Marijuana: Gorlitzer Park.
500 persone circa, di cui 50 della “POLIZEI” in antisommossa.

L’odore stona. Anche quelli in divisa sembrano “divertiti”.

Un amplificatore portatile diffonde tekno con la k.

Mi tornano in mente i numerosi documentari che ho visto sulla cultura rave, ma anche i colori dei capelli non sono molto lontani dai lontani ’90 che quei fotogrammi raccontano.
Nessuna critica, solo osservazioni.
A mio parere osservazioni fondamentali e dedicate ad un continente che vende la felicità sotto forma di denaro, ricordando (in alcuni punti geografici) che non è concesso usufruire di questa felicità, se hai un colore di capelli fuori dagli schemi o un tatuaggio di troppo.

I poliziotti hanno piercing, i commessi hanno tatuaggi persino sulle gote.

Perchè questa differenza? Siamo così vicini, ma così lontani.

Vado al Market a fare spesa, dove i commessi sono tutti ragazzi e chiedono “come stai?” al primo articolo che passano alla lettura del codice.

Ma quasi quasi non importa: voglio la pancetta per la carbonara!

Voglio il vino!

Voglio la birra!

Voglio porcherie e voglio l’odore di fritto in casa mia fino al disgusto.

Sono affamato.

Se c’è una cosa che ho imparato è che fare la spesa quando si ha fame è come cercare di risalire i fiumi a nuoto in stile salmone: non propriamente consigliato.
Adesso non so se è la fame o il mio scarso gusto nel selezionare gli esempi, ma spero questo renda l’idea.
Mi ero promesso tante volte di non inciampare in questo tipo di errore, ma è il più bello che conosca .

In questa settimana ho saltato il clubbing, come scrivevo in apertura, a causa della preparazione del progetto a cui ci stiamo avvicinando.
40 persone arriveranno da Egitto, Georgia, Ucraina, Macedonia, Palestina, Turchia, Slovenia per il nostro training.

Si prepara una settimana dedicata alla sensibilizzazione e alla creazione di progetti incentrati sui diritti dell’umano, con persone che probabilmente hanno qualcosa da dire a riguardo.
Il planning dell’iniziativa è piuttosto impegnativo: macchine piene di spesa, quantità industriali di tutto.

Il centro commerciale “Metro” è un paradiso per i curiosi.

Vai per comprare le graffette per la pinzatrice ed esci con pesce fresco e senape di ogni tipo.

Non c’è una connessione ben precisa in tutto ciò, tranne la bellezza e l’ordine di questo posto che, in automatico, ti rende facile il passaggio veloce da un genere alimentare al reparto ufficio.

C’è tanta psicologia in tutto ciò ne sono certo. O forse demenza (da parte mia). Non mi è chiaro cosa prevalga.

Seriamente parlando, in questa ottava settimana di permanenza mi preparo alla più strana delle esperienze avviando un viaggio più dentro di me che dentro Berlino.

Credo di voler dare un senso a tutto quanto, depositando per un attimo sogni, idee e immaginazione, gettando un po di cemento per una persona che è partita in un modo e probabilmente tornerà influenzata da tutto ciò.
Non sempre il cambiamento è positivo.

Molte volte taglia le gambe, altre volte è il trampolino di lancio.
Adesso credo sia il momento giusto: il momento di scoprire le carte, di giocare di astuzia e fare un po’ “l’italiano” barando anche, se necessario.
Ora sono propositivo, ma alla prossima sbornia me lo scorderò forse.

Oggi ho voluto scrivere una storia nella storia.
Parla di me, del mio umore e di come un semplice ammasso di materia grigia possa influenzare qualsiasi altra cosa.
Non sono triste, non sono felice: è come se mi avessero shakerato.

Sono confuso e in disordine, come la mia casa.

Stabilendo un contatto invisibile con chi legge sò che nelle parole c’è molto di più di quello che si possa immaginare.

Gli stati d’animo emergono inesorabilmente poiché non sono della cia e non ho fatto corsi di autocontrollo della psiche, ma so benissimo che tutto è ciclico.
La serenità viene e va, come l’equilibrio, si è felici e si è tristi: questo è un bel momento per rendersene conto.

WORDS BY SERGIO CREEP

 

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